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9/10

A Serious Man regia di Ethan Coen

Drammatico
recensione di Gabriele Niola

All'interno di una comunità ebrea negli anni '60 si muove un uomo come molti, quasi un uomo che non c'era tanto sembra impassibile di fronte alla vita che gli scorre davanti. Ha una moglie, due figli, una cattedra di matematica. La moglie lo lascia per un altro uomo, il figlio non lo ascolta e la figlia non va a scuola per badare alla pettinatura. Ha sulle spalle un fratello con qualche problema di relazione che vorrebbe aiutare senza risultati, in più qualcuno sembra ricattarlo sul lavoro. Tutto va verso il peggio.

Quest'ultimo film dei Coen non finisce. O meglio arriva alla fine chiudendo un ragionamento ma non le diverse trame, rimane sospeso molto di più di come rimaneva apparentemente irrisolto Non è un paese per vecchi, ragione per la quale in molti non lo ameranno. E non lo ameranno anche perchè a fronte della solita ironia stavolta non c'è nessuna morale da cogliere, stavolta tutto quello che crediamo significare non significa niente. Si affannano come dei matti i fratelli a metterlo in chiaro. Cosa impariamo da tutte queste storie? Niente! C'è anche un prologo che apre il film, un prologo ambientato in un'altra epoca che suona come una di quelle storie della tradizione ebraica. Di quei prologhi che danno la chiave di lettura al film. Beh questo non significa nulla.

Ovviamente, che i fratelli lo vogliano o no, le storie insegnano e anche il fatto che non ci sia insegnamento in una storia è di per se è un insegnamento. Veicolato da una storia in questo caso. Cominciate a capire perchè questo film non incasserà vero?

E invece è uno dei migliori, se non il migliore dei Coen, dotato del medesimo alito di tragedia che riempie ogni inquadratura, anche le più innocenti, immerso in un mondo che è il loro per provenienza (vivevano anche loro in un sobborgo ebreo negli anni '60) e per fantasia (i personaggi sono quelli più ricorrenti nella filmografia del duo), A serious man è un'opera davvero audace, finalmente i due autori osano senza nasconderlo e con il sorriso sulle labbra mostrano l'impossibilità di conoscere la realtà e di padroneggiarla in un film nel quale essi stessi sembrano preoccupati per il proprio futuro.

Si prenda ad esempio il montaggio incrociato dell'incidente. Che abbiate visto o non abbiate visto il film poco importa, c'è un incidente d'auto e i fratelli ci mostrano con montaggio alternato due personaggi alla guida distratti, uno si sta per immettere in una corsia, l'altro sta guidando senza guardare avanti, le inquadrature si alternano con maggiore concitazione fino a che, come spesso capita al cinema quando uno si immette finalmente nella corsia scopriamo che l'altro non è nella medesima strada e che il montaggio alternato ci ha ingannato. I due non si scontreranno. Poche scene dopo però verremo a sapere che il primo personaggio immettendosi in quella strada ha fatto effettivamente un incidente con qualcuno. Quell'inganno era una parziale menzogna. Il cinema ci inganna, ci inganna continuamente e i racconti non ci insegnano nulla se non che la vera conoscenza non deriva dalla morale di una storia ma dall'affresco di mondo che quella storia è capace di dare. E quest'affresco dei Coen è, ad essere cauti, fenomenale!

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Voto degli utenti: 8,1/10 in media su 14 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 8 questo film) alle 13:33 del 27 dicembre 2009 ha scritto:

Don't you want somebody to love?

Un film straordinario. Una commedia che strappa ghigni più che risate, lasciando un'amarezza incredibile sul retro della lingua. Particolarmente riuscito il finale: nel momento in cui il "serious man" per eccellenza, il protagonista, rimasto tale anche di fronte alle pretese di divorzio da parte della moglie, ai soldi spillati dal figlio per l'erba ed i dischi, dalla figlia per il naso ed i capelli, all'irriconoscenza del fratello che gioca d'azzardo, approfittando della sua gentilezza nell'ospitarlo, al vicino di casa che sconfina nella sua proprietà, ai tre rabbini che lo prendono per il culo, decide di transigere alla regola e di accettare il ricatto dello studente coreano per poter pagare il conto del motel, trac! arriva la chiamata del dottore che lo invita a guardare le lastre (dopo averlo più volte rassicurato, all'inizio del film, sulla sua eccellente salute!) con tanto di tornado annesso. Molte metafore per un film semplice e divertente da seguire, ma altrettanto efficace e, anzi, spietato nel suo sarcasmo (la scena della caccia agli ebrei ad esempio è geniale, altrettanto quella d'inizio - che mi pare però collegata al grande tema "qual è il messaggio che Dio mi vuole dare?" - e quella dei denti del rabbino).

Gianmatteo Luchi (ha votato 7 questo film) alle 14:58 del 27 dicembre 2009 ha scritto:

Io credo che questo film abbia invece un forte senso morale. I Coen vogliono dirci qualcosa, e lo fanno attraverso un referenziale autoironico sguardo sulla tipica comunità Yddish e la sua, spesso auto ghettizzata, cultura. Larry Gopnik è il classico (ebreo) americano medio, che intrappolato nei limiti che la sua stessa cultura gli impone, non riesce ne ad accettarli completamente ne a stravolgerli e a crearsi una propria identità, e nelle mani dei Coen è lo strumento d’accusa all’immobilsmo culturale ed intellettuale, all’ipocrisia, al conservatorismo di cui ogni cultura incapace di aprirsi davvero alle altre si fa portatrice.

Il tutto ovviamente risulta uno spasso, ma lo si sa che i due sono geniacci!

Peasyfloyd, autore, (ha votato 9 questo film) alle 23:29 del 12 gennaio 2010 ha scritto:

debordante

davvero un film eccellente. Squisito nel suo complesso. Splendido nel suo essere irrisolto, specie con quel finale con cui ormai sai di non doverti sorprendere perchè in fondo sono i Coen e te lo aspetti. Splendide tutte le vostre interpretazioni davvero. Gabriele ha fatto un lavorone, ma anche marco e gianma mi sembra abbiano colto molti aspetti.

Per mio conto trovo che sia uno di quei film in cui si gioca proprio a irritare lo spettatore. io perlomeno sono stato spesso lì a fremere e ad aspettare che il protagonista scoppiasse una volta per tutto, e scatenasse chissà cosa... Invece niente, è rimasto a serious man, e dopo tanti giri e storie apparentemente inutili il finale in effetti puzza molto di enorme presa per il culo pensata in grande stile dai Coen. io lo trovo un film profondamente irriverente non solo verso l'ebraismo ma in generale verso tutte le religioni che si pretendono rivelatrici.

SanteCaserio (ha votato 8 questo film) alle 10:20 del 28 gennaio 2010 ha scritto:

Finalmente visto

Poco da aggiunere ai commenti e alla recensione, tranne un riferimento all'ottima prestazione dei Coen, che rispetto ai film subito precedenti mi sembra abbiano trovato il film "perfetto"! Ho adorato l'apertura e il finale, con il piacere di gustare una lineare proposta di questioni etiche (ma non parlerei di senso morale propriamente inteso, anzi direi che è il concetto stesso ad essere messo in ridicolo)

synth_charmer (ha votato 8 questo film) alle 14:47 del 2 novembre 2010 ha scritto:

visto ieri

e invece a me è sembrato il film meno gratuito, più ricco di contenuti e messaggi dei Coen. Il filo conduttore è sempre lo stesso per tutta la durata del film: guardare la vita da una prospettiva diversa. Ogni evento appane di dimensioni esagerate quando lo affrontiamo, ma ad ogni passo avanti (una canna a casa della fascinosa vicina ad esempio) la prospettiva cambia e ci si rende conto della reale proporzione delle cose. Emblematico il finale, in cui tutte le tribolazioni del protagonista assumono di colpo un tono molto meno grave di fronte ad un serio problema di salute, o ancora più simbolico il messaggio ricevuto dal figlio: dopo giorni di fuga dal bullo per una futile questione economica, tutto sembra una sciocchezza senza senso di fronte a un forte tornado in avvicinamento, e all'aria di catastrofe che serpeggia. Anche il prologo d'altri tempi tutta questione di prospettiva. Guarda il parcheggio, Larry!!