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5/10

I Figli Della Mezzanotte regia di Deepa Mehta

Drammatico
recensione di Erika Sdravato

E' la mezzanotte del 15 agosto 1947, l'India proclama l'indipendenza dall'Impero britannico. In un ospedale di Bombay due neonati vengono scambiati da un'infermiera per permettere all'uno di vivere il destino dell'altro: Sinai, figlio di una donna povera, e Shiva, erede di un coppia benestante. Le loro vite si intrecceranno con quelle di tutti gli altri bambini nati nello stesso momento: sono i figli della mezzanotte e ognuno di loro possiede doti straordinarie.

Attraverso cinque generazioni diverse e ben 60 anni di storia si manifesta il racconto di Deepa Mehta, regista candidata all'Oscar per Water, meritevole di aver fatto approdare Salman Rushdie sullo schermo. Non senza qualche "ma". Abbiamo a che fare con una vera e propria favola kolossal, in cui la fantasia si mescola alla realtà : il protagonista, Saleem, ha visioni magiche che riesce a regolare muovendo il naso, un po' come se fosse in grado di fiutare tutto ciò che pertiene al meraviglioso mondo dell'immaginazione. La donna di cui si innamora, Parvati, ha doti da strega, potendo nascondere chiunque in una cesta che rende invisibili (con tanto di "Abrakadabra!"). Il malvagio alter-ego di Saleem, Shiva, incarna invece i sentimenti della gelosia, dell'odio, della frustrazione e della spietatezza. Molti  - oltre a questi - sono gli elementi che si accumulano generosi in questa complessa trama, avanzando a gamba tesa verso lo spettatore per poi, un minuto dopo, correre lontani da dove sono venuti. E lasciando interrogativi di scarsa entità . Se nella prima ora ci si lascia trasportare con piacevolezza dal flusso degli eventi, nella seconda parte non si fa altro che domandarsi dove l'intento registico voglia arrivare: personaggi monocordi affollano i vari quadri, caratterizzazioni sempliciotte motivano aspetti comportamentali di pari livello, amori assurdi hanno la meglio nel triangolo Saleem-Parvati-Shiva. Malgrado tali considerazioni, però, va sottolineata l'efficacia della fotografia e della scelta dei volti degli interpreti, volti interessantissimi e bellissimi, come i colori dell'India a cui appartengono. Se, quindi, tra i punti di merito si annovera il fatto che malgrado l'importante durata del film non ci si annoi minimamente e, anzi, il livello di curiosità  riesca senza affanni a permanere alto fino alla fine, purtroppo, allo stesso tempo, la così vasta mole di materiale rischia di risultare indigesta a causa della discrepanza narrativa tra le due parti: la prima, che riguarda il racconto delle vicende sentimentali intercorse prima della nascita del protagonista, e la seconda, che intensifica i suoi sforzi unicamente focalizzandosi sulla figura del protagonista visto come vittima sotto tutti gli aspetti, vittima con la quale lo spettatore non può fare altro che simpatizzare ma mai empatizzare fino in fondo, malgrado il suo buon animo e la sua magica indole sognatrice. La stessa che gli permetterà , finalmente, di concludere la sua crescita come uomo e come figlio di una mezzanotte che presto si ripeterà .

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