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8/10

What Maisie Knew regia di David Siegel, Scott McGehee

Drammatico
recensione di Alessandro Laganà

Maisie è una bambina che a soli 6 anni si ritrova ad affrontare il divorzio burrascoso dei genitori.

Ma, mantenendo il suo infantile candore, trova conforto nel suo nuovo patrigno e nella sua tata, nonché neomatrigna, costruendo con essi una sorta di nuova famiglia.

Dai produttori de I Ragazzi Stanno Bene arriva un nuovo film (ancora privo di distribuzione in Italia) se vogliamo per certi versi simile. Oltre alla presenza in entrambe le pellicole di Julianne Moore, il tema è sempre la difficile relazione genitori-figli. Niente coppie lesbo o crisi adolescenziali però, ma “solo” due genitori egocentrici che divorziano e una bambina di 6 anni che si ritrova proprio in mezzo al ciclone, pur senza aver nessuna colpa.

Questo riadattamento in una New York odierna di un racconto del 1897 di Henry James ruota attorno a Maisie, meravigliosa bambina che combatte la realtà con la spontaneità.

I genitori sono una non più giovanissima cantante rock (la Moore appunto) e un indaffarato mercante d’arte (Steve Coogan). Dopo il divorzio i due combattono per la custodia della figlia come se fosse un trofeo o un dovere etico-morale, più per fare un torto all'altro che per il bene della bambina stessa, salvo poi considerarla quasi un intralcio alla loro vita quotidiana. Sembra infatti vogliano solo sentirsi dire da Maisie quanto le siano mancati nel periodo in cui la bambina era con l'altro, in una sorta di squallida sfida personale. Ma quando tocca a loro occuparsene non esitano a sbolognarla all’altro, vuoi per un nuovo tour in arrivo, vuoi per un importantissimo viaggio d’affari.

Il tutto è visto proprio dagli occhi innocenti di Maisie, che si guarda attorno, origlia di nascosto da dietro le porte, cercando di capire cosa le stia succedendo intorno, senza un lamento, senza un capriccio, sorridendo di fronte ad esperienze per cui è senz'altro troppo piccola.

Trova però rifugio in Margo (Joanna Vanderham) e Lincoln (Alexander Skarsgard) con cui padre e madre si sono rispettivamente sposati subito dopo il divorzio, sempre nella loro degradante gara nel ferirsi l'un l'altro. Essi tappano i buchi enormi lasciati dai genitori creando in breve tempo un rapporto molto più solido e genuino, privo di sotterfugi e secondi fini, che aiuta la bambina a tornare a ridere e non più soltanto a sorridere.

Il film passa da momenti angoscianti e claustrofobici in cui Maisie è con i suoi veri genitori a scene spensierate e felici di quando invece Margo e Lincoln sono con lei. L'immedesimazione e l'empatia con la piccola protagonista sono quindi totali e perfettamente architettate.

Si tratta dunque di un film molto ben recitato, ben scritto e ben girato. Senza sbavature. Con una colonna sonora delicata che fa da ottimo contorno. Una piccola perla indipendente in un oceano di tecnicismi e autocompiacimento questo film (passati i primi venti minuti in cui personalmente ho dovuto digerire attori a me cari come la Moore e Coogan in ruoli odiosi) scorre senza intoppi e, senza l'ambizione di volere essere il film del decennio, rischia di essere uno dei migliori dell'anno.

Menzione speciale per Onata Aprile, splendida davvero nel ruolo di Maisie.

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