R Recensione

6/10

Arthur Newman regia di Dante Ariola

Drammatico
recensione di Alessandro Giovannini

Wallace Avery (Colin Firth), stanco della sua esistenza (divorziato, frequenta una collega e vive una vita piatta e insignificante), compra un passaporto falso e si ricostruisce una nuova identità. Con il nome di Arthur Newman, lascia tutto e parte per raggiungere Terre Haute, nell'Indiana, dove spera di poter ricominciare da zero. Nel suo viaggio finisce per incrociare la strada della giovane e scapestrata Mike (Emily Blunt), con la quale instaura un rapporto affettivo stravagante.

Il problema del film è che non sappiamo molto di Wallace, o almeno non ne sappiamo abbastanza per empatizzare con lui. Pochi elementi di riferimento (il divorzio, una posizione lavorativa non esaltante) non sembrano sufficienti a portare un individuo ad una scelta così radicale. Tutto il film si regge su queste stranezze ai limiti del credibile; a volte l'esagerazione è palese, come la reiterata attività di infiltrazione domestica operata da Mike e Arthur a danno di persone scelte a caso: i due penetrano nelle abitazioni dei residenti quando essi sono fuori, ne assumono le sembianze, fanno sesso nel loro letto, se ne vanno. Tutto metaforico di una ricerca di identità, frantumatasi nella psiche di Arthur che tenta di cancellare ciò che è stato fino a quel momento e ricominciare tutto.

Dopo tutta la strada fatta, il finale negazionista lascia ancor più insoddisfatti, anche perchè disillusorio: il film infatti, tutto incentrato sulla brama di libertà e conquista di un proprio spazio, finisce nella rassegnazione più tediosa; e sebbene sia il momento più realistico del film dà fastidio proprio perchè il resto realistico non lo è. A cominciare dalla storia strampalata di Mike, da melodramma strappalacrime, nella quale non si capisce bene per quale  motivo Arthur decida di farsi coinvolgere: forse per una sua innata bontà? La stessa bontà d'animo che lo spinge a cercare di salvare un moribondo di fronte ad una moltitudine di persone che guarda indifferente? Ma se Arthur è così buono, così perfetto, perchè è divorziato? E perchè la sua collega/amante lo tratteggia come l'uomo più noioso del mondo? La psicologia del protagonista è ambigua, sfuggente, poco chiara, le sue motivazioni restano in realtà parecchio oscure per tutta la pellicola, e ciò non favorisce il coinvolgimento spettatoriale.

Solo la recitazione compassata di Colin Firth permette al film di non essere noioso, assieme a vari momenti surreali e comici (le invasioni casalinghe, come detto, o le parentesi golfistiche), che fanno da contrappunto a scene madri di pianti somessi e quesiti esistenziali. Il tutto nei toni e nei modi di una commedia canonica americana di strada: un road movie esistenziale (come tutti i road movies) sintomatico dell'incertezza dell'uomo contemporaneo circa i propri valori e ideali, cioè i tratti salienti dell' identità che costantemente cerchiamo di definire.

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