Battaglia Nel Cielo regia di Carlos Reygadas
DrammaticoCittà del Messico fa da sfondo alle vicende terrene di Marcos, guardiano, e della sua famiglia. Disperato dopo la morte del bimbo che ha sequestrato per guadagnare i soldi del riscatto, Marcos cerca di trovare comprensione nella figlia del suo capo, con la quale intreccia una storia d'amore che lo porterà a perdere il contatto con la realtà
Rivedendo questo film dopo quasi cinque anni mi sono accorto come per gustarlo e apprezzarlo a pieno debba essere visto su un grande schermo. L’aria bohémien di Prenzlauer Berg mi aveva aiutato a fare il passo e a decidermi per la visione di un film che altrimenti non avrei mai osato vedere. Il regista messicano Carlos Reygadas con questa sua opera seconda traccia una fenomenologia di Città del Messico, riuscendo con le immagini a rendere l’anima di una città immensa dove milioni di persone trascorrono la propria esistenza più o meno tranquilla, più o meno dolorosa, spinti dalla fede o da un puro interesse economico.
Le panoramiche in movimento ricordano il cinema del regista austriaco Ulrich Seidl che già in alcune opere aveva tratteggiato la realtà austriaca con un tratto fenomenologico (penso al più noto Canicola) privilegiando la corporeità di uomini e donne. Quest’ultimo tratto caratterizza in modo preponderante il cinema di Reygadas, che in questa pellicola insiste sui corpi nudi dei protagonisti, addirittura aprendo e chiudendo la vicenda narrata con le immagini molto realistiche di una fellatio. Questo modus operandi, l’insistenza oltre che sui corpi nudi, sui volti dei protagonisti, in particolare su quello di Marcos e l’utilizzo della semisoggettiva è un tentativo di entrare in profondità nella vita dei protagonisti, ma contemporaneamente restandone alla superficie, lasciando parlare la carne e non tanto il verbo.
La storia ha delle vaghe assonanze dostoievskiane, del Dostoievski di Delitto e Castigo, anche qui nel film un delitto, non l’uccisione di una vecchia , ma la morte di un infante sequestrato dal protagonista Marcos e dalla moglie. La disperazione che ne segue porta Marcos a cercare l’appoggio della figlia del suo principale, la bellissima Ana. Sembra una storia di amore e redenzione, ma il finale è sconvolgente in quanto l’amore di Marcos per Ana, non è tale da sopportare la distanza e l’impossibilità della realizzazione fisica e ciò segna completamente il finale della vicenda. La redenzione sarà poi cercata da Marcos nella fede, reale od ostentata, ma Reygadas chiude il suo film tornando alla fisicità, una fisicità immaginata che ci inquieta per la sua crudezza e per il suo non lasciare spazio al pudore, quasi che l’unica salvezza sia da cercarsi nell’amore fisico, nel dono corporeo e senza reticenze.
Male e amore appaiono come i due poli di questa vicenda: più si opera il male più si ricerca l’amore e la comprensione di chi ci sta accanto e si cerca di lenire il male spirituale nel contatto fisico, nell’abbandono completo all’altra persona, credendo così di superare quell’inquietudine e quel male di vivere che segue al compimento del male. Ma lo stesso finale della pellicola ci dice che questo amore è incapace di colmare il vuoto se non supportato da un cammino di redenzione, di conversione che preveda anche la pena (il castigo dostoievskiano) e può portare a commettere altri delitti. Da notare l’uso ricercato di musiche diegetiche e di silenzi, messi nei momenti più adatti per rendere meglio la sospensione e il travaglio spirituale e corporeo dei protagonisti. Un film lento capace però di smuovere le coscienze anche se potrebbe colpire in modo negativo le più sensibili per le sue immagini esplicite.
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