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R Recensione

9/10

After Image regia di Andrzej Wajda

Drammatico
recensione di Irene Coluccia

 

nella Polonia del secondo Dopoguerra, il pittore Wladyslaw Strzeminski si rifiuta di osservare le indicazioni del Partito e viene espulso dall’Accademia di Belle Arti di Lodz, da lui stesso fondata. Nonostante l’appoggio dei suoi studenti, che vedono in lui un Messia della pittura moderna, Strzeminski, già privo di un braccio e di una gamba, cade in disgrazia e in malattia.

 

Pochi film possono vantare una rappresentazione estetica e al contempo onesta del rapporto tra cinema e pittura: il voler rappresentare questo legame è, a mio parere, uno dei più grandi atti d’amore rivolti al cinema che un cineasta può mettere in scena – mi sovviene alla mente Le Mystere Picasso di Clouzot (1956).

L’ultimo lungometraggio del regista polacco Andrzej Wajda compie un’operazione molto simile, e, al contempo, del tutto diversa; raccontando l’ultimo triennio di vita del pittore, autore della teoria dell’Unismo, Wajda ammorbidisce di molto i toni rabbiosi a cui eravamo abituati con lungometraggi da lui diretti quali Il bosco di betulle (1970) o I Demoni (1987), trasposizione cinematografica dell’opera di Dostoevskij, dedicando appieno il film al pittore, al suo amore smodato per la sua arte, alla sua coerenza, alla sua caduta. I ritratti riservati, infatti, ai rappresentanti del Partito e ai suoi detrattori, difatti, non risultano caratterizzati da un desiderio di rivalsa o vendetta, quanto da un indifferente pietismo. Strzeminski rimane duro, impassibile, illeggibile per tutta la durata del film, salvo qualche apertura sul finale (Strzeminski che lecca miseramente un piatto di minestra a lui negatogli); l’unico modo per avvicinarsi alla mente, ma non al cuore del pittore è attraverso le sue opere, dipinte con uno sguardo di immensa tenerezza che non riserva nemmeno a sua figlia, o ancora meglio attraverso il suo manifesto percettivo, La teoria della visione.  Il film, dunque, risulta essere un ultimo atto d’amore verso i meccanismi visivi dell’arte, della pittura contemporanea e del cinema:  atto d’amore che, molto spesso, conduce alla morte come quella del pittore Strzeminski e dello stesso Wajda, ma che risulta essere un necessario monito e manifesto alla libertà artistica e concettuale.

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