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9/10

Ritratto di famiglia con tempesta regia di Hirokazu Koreeda

Drama
recensione di Leda Mariani

Ryota, cui presta irresistibile e spavalda goffaggine l’Abe Hiroshi di Thermae Romae, è un perdente che sembra uscito dalla penna di Svevo: promessa (non mantenuta) della letteratura, giocatore d’azzardo, investigatore privato per tenersi a galla, ex marito di una ex moglie che ha esaurito le sue ingentissime scorte di fiducia, padre maldestro di un bambino che conosce poco, e figlio fragile di un’anziana madre amorevolmente rassegnata (Kiki “Signora Toku” Kilin). Basterà una lunga notte di tempesta, con i quattro personaggi obbligati a condividere gli stessi metri quadrati fino all’alba, per attutire gli spigoli del presente e, soprattutto, del futuro?

Dopo Father and Son e Little Sister, Ritratto di famiglia con tempesta (After the Storm), è una sorridente riflessione sul corto circuito, quasi sempre davvero crudele, tra i sogni e la vita quotidiana. Una ballata dolceamara in cui Kore-eda Hirokazu ci diverte e commuove parlando di inettitudine e di (possibile) redenzione, di cadute e di eventuali riscatti, senza mai sovrapporre all’umana osservazione dei fatti, l’inutile pesantezza del giudizio. Una storia intelligente di sublime sottigliezza, in perfetto equilibrio tra la grazia sorridente della commedia e la malinconica rappresentazione della realtà. Una piccola narrazione che, raccontando le dinamiche di una famiglia giapponese, riesce a rappresentare con intelligente leggerezza le dinamiche di ogni famiglia problematica.

La misura del tempo presente: il piccolo grande capolavoro del “cinema gentile” di Kore-eda Hirokazu

Questo è indubbiamente uno dei film dell’anno che per il momento ho amato di più: una pellicola dal tocco particolare, con una regia interessante e molto armonica. Un’opera estremamente poetica, che si esprime soprattutto nel personaggio della nonna, splendidamente interpretata da Kirin Kiki, già meravigliosa ne Le ricette della signora Toku, di Naomi Kawase, altro film delicatissimo. After the Storm è un’opera quasi totale, delicata tanto quanto profonda: un film intriso di saggezza e di riflessione, che fa emergere una quantità impressionante di tematiche esistenziali fondamentali, ma con un piglio delicato, leggero e che fa spesso sorridere. Certamente un’opera da rivedere ogni volta che “ci si perde”: perché commuove, ma non rattrista, diverte, ma senza esagerare, ed interessa, senza appesantire o annoiare. Un film perfettamente ed assolutamente misurato: bellissimo, che cattura l’attenzione dal primo all’ultimo minuto, e in cui si sente l’amore di Kore-eda per i suoi personaggi, unito alla formidabile capacità d’imprimere colore, calore e umorismo ai dialoghi.

Ritratto di famiglia con tempesta sa parlare della vita con le giuste parole, è intriso di profonda saggezza, e mantiene la famigliarità delle sillabe che potremmo ritrovare sulle labbra di una nonna intelligente e con un ottimo senso dell’umorismo (guarda caso, il sale della vita). È un’opera piccola e perfetta e per questo grandiosa. Dolcissima. Che racconta con pacata, ma viva rassegnazione, la vita, la morte, l’amore, i sogni e le mille passioni che muovono l’umanità, sottolineando, al contempo, l’inesauribile incapacità degli uomini di viversi il proprio presente in santa pace, romanticamente, così com’è, sempre presi invece dalla smania di recuperare il passato, o di pianificare il futuro.

La sceneggiatura è impostata talmente bene che vorrei averla scritta io: ci avvicina così tanto ai personaggi da farci sentire quasi in famiglia; li possiamo comprendere profondamente, senza che debbano nemmeno dire molto, come se li conoscessimo da sempre. <<Se, quando morirò, Dio dovesse chiedermi ‘Cosa hai fatto di buono sulla terra?’, penso proprio che gli farei vedere questo film>>, ha confessato il regista, e forse non serve altro per comprendere quanta emotività biografica e vicinanza personale sia stata iniettata nello script e nelle inquadrature di questo film.

Il titolo originale, After the Storm, rende forse meglio l’idea del tema cardine: dopo la tempesta infatti si è obbligati a ricominciare, facendo ogni volta piazza pulita, come avviene spesso durante l’esistenza.

L’idea del film nasce nel 2011 a partire da un luogo: dopo il trasferimento di sua madre in un complesso residenziale, il regista si è immaginato <<una passeggiata in mezzo a questi palazzi, di mattina, con l’erba luccicante di pioggia… La città è bellissima dopo una tempesta!>>. Nel 2013 Hirokazu, erede ideale di Ozu Yasujiro, ha iniziato dunque a scrivere la sceneggiatura partendo da questa annotazione: <<Non tutti diventano quello che volevano essere>>. Ciascuno di noi si misura, nella vita, con la speranza di diventare l’adulto che da bambino avevamo sognato di essere: qualcuno ce la fa, qualcun’atro si arrende, altri ancora, come Ryota, non ce la fanno, ma lottano ugualmente, continuando a cercare una via per la felicità e per trovare la pace.

Una fischiettante colonna sonora scandisce momenti e vicissitudini con semplicità ed eleganza, portandoci gradualmente all’approfondimento delle vite dei personaggi della storia, con tempi e modi che sanno di realtà, che evocano la semplicità dei dialoghi e dei pensieri del quotidiano, ma che grazie all’ impeccabile sceneggiatura, lo sono in una maniera più vera del vero, e quindi filosofica.

Le inquadrature sono volutamente sintetiche e spoglie, spesso fisse. I personaggi si muovono dentro al quartiere come figure di un fumetto nei loro riquadri, e i toni sono talmente smorzati e desaturati, da far dimenticare, a tratti, che stiamo guardando un film a colori. Ma la dimensione estetica impostata da Yutaka Yamazaki è profondamente adeguata, oltre che incantevole, perché ciò che deve risaltare, e che gradualmente viene alla luce, è il mondo interiore dei protagonisti.

Gli attori sono tutti eccezionali, compreso il bambino (Taiyô Yoshizawa), ed hanno volti intensi e interessanti, come nei film di Wong Kar-wai, o in quelli d’animazione.

L’unico buffo neo, è forse la sigletta finale, che in tipico stile narrativo contemporaneo giapponese, riassume il messaggio complessivo della vicenda. Questa forma di riepilogo, che sto recentemente incrociando in molti film, sia anime che non, a me non piace molto, ma forse semplicemente non la capisco, in quanto europea.

Tolto questo, difficile incappare in un lavoro altrettanto pregnante, gentile, intelligente e toccante, le cui parole, immagini, ed espressioni, sanno di vita.

Però ecco, dovreste cercare di vederlo in lingua originale sottotitolato: il doppiaggio, al solito, è deludente rispetto all'interpretazione degli attori.

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