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R Recensione

8/10

La stanza del vescovo regia di Dino Risi

Commedia Italiana
recensione di Francesco Carabelli

L'ufficiale della guerra d'Africa Temistocle Mario Orimbelli torna in Italia dopo dieci anni. Vive una vita fin troppo tranquilla e regolare a Villa Cleofe sul lago Maggiore assieme alla moglie e alla cognata vedova. L'incontro con un giovane navigante, sarà l'occasione per sfuggire dalla routine e pensare ad una nuova vita.

Prima che il lago di Como passasse alla ribalta internazionale grazie a George Clooney e fosse narrato nelle pagine di Andrea Vitali, il lago Maggiore aveva vissuto già la sua notorietà a cavallo dei due conflitti bellici mondiali (vi ricordate della Conferenza di Stresa?) ed era meta di turismo di alto livello di cui rimangono vestigia i molti alberghi di lusso della sponda piemontese e le tante ville che vanno ad ornare il lungolago.

Per chi non lo sapesse il lago trovò un cantore nello scrittore luinese, di origine siciliana, Piero Chiara, il quale dedicò molta della sua produzione alla gente di lago e alla storia di questo bacino lacustre.

Tra i suoi romanzi spicca “La stanza del vescovo”, ambientato nell’anno successivo alla conclusione del secondo conflitto mondiale, e che racconta le vicende di Marco Maffei, navigante a vela sul lago Maggiore, il quale fa conoscenza con Temistocle Mario Orimbelli, dottore milanese con villa sulla sponda piemontese del lago, villa che ha portato in dote la moglie, la signora Cleofe Berlusconi. Con loro abita anche la cognata vedova, Matilde Scrosati, giovane donna nel pieno della bellezza, che ha sposato per procura durante la guerra d’Africa, il fratello della signora Cleofe e che ancora porta il lutto per la scomparsa e presunta morte del sig. Berlusconi. Il Maffei viene catapultato in questo piccolo mondo dall’incontro con l’Orimbelli, il quale cerca di sfruttare a proprio vantaggio questa conoscenza, diventando ospite fisso del Maffei sulla sua imbarcazione e coinvolgendo in seguito anche la cognata, dando vita ad una liaison extraconiugale che sconvolgerà la vita di entrambi. Girato a metà degli anni 70 da Dino Risi con la collaborazione di Piero Chiara per la stesura della sceneggiatura, con alcune invenzioni che si discostano dalla pagina del romanzo, il film ci regala una grande prestazione attoriale di Ugo Tognazzi che può destreggiarsi con maestria nel personaggio dell’Orimbelli dando sfogo alla sua passione per le donne e a quella per il cibo. Anche Ornella Muti riesce a dare spessore al personaggio della cognata Matilde, forse erotizzandola un po’ troppo. Ma credo sia un problema, in questo caso, di sceneggiatura che risente dell’influsso degli anni 70. A completare il cast l’attore francese, prematuramente scomparso, Patrick Dewaere, che interpreta Marco Maffei, incarnando con verosimiglianza il personaggio del libertino. Ambientazioni splendide e poco fotografate dal cinema, unite ad un racconto sicuramente originale fanno di questa pellicola un piccolo gioiello del cinema italiano di quegli anni, che riscosse un buon successo di pubblico e il plauso dei David di Donatello, conquistando il premio per la miglior sceneggiatura nel 1977. Il libro come il film e gran parte della produzione letteraria di Piero Chiara è frutto dell’esperienze autobiografiche dello scrittore luinese, che ebbe in gioventù una vita movimentata a cavallo tra Italia e Svizzera, dove visse esperienze in campi di lavoro per espatriati e rifugiati. Proprio nel 2013 si festeggiano i 100 anni della sua nascita ed è in preparazione un film basato sul suo romanzo “Il pretore di Cuvio”, film prodotto dall’attrice luinese Sarah Maestri. Tra gli altri romanzi di Piero Chiara, che hanno goduto di una trasposizione cinematografica, segnaliamo “La spartizione” (“Venga a prendere il caffè da noi” di Alberto Lattuada) e “Una spina nel cuore”, sempre per la regia di Alberto Lattuada. Piero Chiara venne affascinato dal mezzo filmico e rielaborò per il cinema e la televisione molti suoi racconti, collaborando sia con la Rai che con la televisione svizzera di lingua italiana. Per chi volesse farsi un’idea di questa produzione, il sito della televisione svizzera mette a disposizione questo mediometraggio la cui sceneggiatura fu curata dall’artista luinese. http://la1.rsi.ch/home/networks/la1/cultura/2013/02/26/i-capitani-forse.html#Video Per ulteriori notizie ed interviste è possibile informarsi a questo link http://la1.rsi.ch/home/channels/lifestyle/personaggi/2013/01/18/piero-chiara.html#Text

 

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lorenzof.berra alle 19:48 del 6 novembre 2013 ha scritto:

Appassionato di Chiara ,come Francesco ,considero questo articolo molto interessante ,ma interessante e il fatto di poter percepire come con lo scrittore luinese le sue parole ,gli stati d'animo dei suoi personaggi si facciano ancora piu' concreti e empaticamente appassionanti nel linguaggio filmico.In ogni film che ho potuto vedere e comprendere ,ho sempre percepito una sensazione costante "l'unione interiore tre i personaggi e il lago maggiore"sembra che alla fine di ogni fil sia con la stanza del vescovo,sia con il cappotto di astrakan,sia con i giovedi' della signora giulia,quel pathos "lacustremente malinconico"torna a farsi sentire come una presenza non solo oggettiva ,ma soggettiva interpersonale,diventa un personaggio vivo come gli altri e un "testimone muto"di tutte quelle passioni,nostalgie e rancori,di una vita vissuta da personaggi solitari ...indiscutibilmente "chiariani"