R Recensione

9/10

Totò a colori regia di Steno

Commedia
recensione di Gloria Paparella

Nel paesino di Caianiello, il maestro Antonio Scannagatti aspetta da anni una risposta in merito a uno spartito inviato all’editore milanese Tiscordi. In seguito ad innumerevoli equivoci, arriva a Milano, si esibisce travestito da Pinocchio e conquista la fiducia dell’editore, fino a diventare il nuovo direttore d’orchestra di Caianiello.

Totò a colori è da considerare non tanto il primo film italiano a colori (il primo in realtà fu Mater Dei di Emilio Cordero del 1950), quanto il primo omaggio dedicato al comico nel momento di sua massima espansione. Si tratta, infatti, di una sorta di antologia degli sketch più noti dell’attore, diretta da Steno che ha ideato la sceneggiatura insieme a Mario Monicelli, Age e Scarpelli: una serie infinita di gag e di battute diventate celebri (<<Parli come badi!>>, <<Ogni limite ha una pazienza>>) affidate all’estro e al genio che era Totò, qui nella parte di Antonio Scannagatti, musicista incompreso che alla fine riesce a ottenere il ruolo di direttore d’orchestra del paese.

Seppur la trama sia piuttosto esile, non c’è una sequenza del film priva di una comicità irresistibile: Totò è attore, comico ma soprattutto marionetta creativa e assolutamente duttile, visto le sue esperienze nel teatro di rivista, in televisione e nei 97 film totali interpretati. Affiancato da due abili spalle come Rocco D’Assunta, l’odiato cognato siciliano, e l’amico Mario Castellani, il famoso Onorevole Cosimo Trombetta, il comico napoletano dà vita a scene rimaste nella storia del cinema italiano, di cui le più celebri sono sicuramente quella del vagone letto e quella del folle Pinocchio verso la fine della pellicola.

Steno, che diresse Totò in quattordici occasioni, affermò che non ci fu molto da fare in regia: <<Fu come se avessi dato la macchina da presa a Totò. I suoi tempi erano perfetti, perché li aveva sperimentati anni e anni con il pubblico>>.

Il film, il cui cast comprende anche una giovane e stravagante Franca Valeri, risveglia gli animi dei nostalgici di un cinema italiano che non esiste più, per bravura e originalità dei suoi interpreti, ma che (per fortuna) rimane accessibile anche a più di sessant’anni di distanza dall’uscita di questo capolavoro frutto della comicità invincibile del Principe De Curtis.

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