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5/10

Di nuovo in gioco regia di Robert Lorenz

Commedia
recensione di Carlo Danieli

Gus Lobel è da decenni nel mondo del baseball, dove vi lavora come talent scout. È uno dei migliori nel suo campo, tanto da aver scoperto fior fiori di campioni grazie al suo fiuto particolare. L’età però avanza anche per lui, la vista comincia a scarseggiare e molti, nella società per cui lavora, credono sia giunto il momento di mandarlo in pensione. A dargli una mano interviene, inaspettatamente, Mickey, sua figlia, cresciuta a pane e baseball, con cui Gus ha un rapporto difficile e contrastante. La trasferta in Carolina per esaminare un nuovo giocatore, che sembra una vera promessa, sarà l’occasione giusta per riavvicinare padre e figlia, dopo anni di silenzi ed incomprensioni. 

Clint Eastwood torna a recitare quattro anni dopo Gran Torino e lo fa nel film dell’esordiente Robert Lorenz, aiuto regista e produttore di molti lavori dello stesso Eastwood. Il personaggio di Gus, che occupa la scena principale, è chiaramente ispirato al Walter Kowalski proprio di Gran Torino: burbero, sarcastico, testardo e con un problematico rapporto con i figli.  Ma più che un’ispirazione sembra essere una semplice brutta copia. Infatti il nuovo personaggio di Eastwood, seppur l’impegno e la bravura dell’attore non manchino, è privo di quell’incisività e spessore che avevano caratterizzato il precedente, e questo contribuisce a togliere interesse al film, che risulta piuttosto scialbo e deboluccio. Eppure le premesse per fare un qualcosa di diverso c’erano tutte: una trama interessante incentrata sul difficile rapporto tra un padre assente e la propria figlia, il mondo del baseball visto dalla parte di chi ci lavora piuttosto che da quella di chi gioca, il ruolo che possono avere nella società le persone con tanta esperienza alle spalle, anche se non hanno più le risorse di un tempo (la vista in questo caso) ed infine un ottimo cast. Tutto potenziale sprecato da Lorenz, che dirige invece un film lento, piatto, a tratti prevedibile, dove a scene senza dubbio riuscite e di una certa intensità se ne alternano altre di banali che rasentano il fastidio, per un risultato di sostanziale parità tra interesse e noia. Clint Eastwood ci avevano abituato a film decisamente migliori.

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