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5/10

La Kryptonite nella Borsa regia di Ivan Cotroneo

Commedia
recensione di A. Graziosi

Film di formazione all'italiana, ambientato nella Napoli hippie degli anni Settanta, girato e descritto ad altezza bambino attraverso gli occhi caleidoscopici del problematico piccolo e confuso protagonista.

Napoli. Anni Settanta. Peppino (Luigi Catani), 7 anni, occhialoni da quattr’occhi e capello riccio indomabile, deve fare i conti con una famiglia che di tranquillo e comune ha veramente poco.. o forse no? Suo padre (Luca Zingaretti) ha l’amante e non c’è quasi mai, sua madre (Valeria Golino) invece cade in una brutta depressione, quindi il bambino si ritrova spesso sballottato qua e là, tra parenti e amici di ogni sorta. Tra questi ci sono i giovani zii (Cristiana Capotondi, Libero de Rienzo) che capita che lo portino con loro presso manifestazioni hyppie, oppure Assunta (Monica Nappo, che vedremo nel ruolo di moglie di Benigni nel nuovo film di Allen) che lo porta con sé durante i suoi pomeriggi in posa al mare, atti a non rimanere zitella a vita.

L’unico con cui sembra avere un rapporto alla pari è il suo bizarro cugino Gennaro, un ragazzo che è solito vestirsi da super-eroe e che, nonostante la sua morte per incidente, continuerà a far compagnia e a infondere coraggio a Peppino, a causa dell’isolamento e della consequenziale immaginazione compensativa molto sviluppata nel bambino protagonista. Agrodolce e divertente la fine dei poveri tre pulcini comprati dal padre di Peppino: sintomo di una grave mancanza e incapacità paterna di prendersi cura seriamente del figlio, mancanza che si sente soprattutto nel momento del bisogno, ovvero quello dell’assenza/presenza della madre. L’unica soluzione che si prospetta dunque al povero bambino è quella di consolarsi e accontentarsi, accettando la propria “specialità” e “diversità”, in tutti i sensi. Suggestiva la scena finale, sulle note di una delle canzoni più belle di David Bowie, in cui questo processo ha definitivamente luogo.

La Kryptonite nella borsa parte da buone promesse e da una discreta e caratterizzante confezione, ma non convince del tutto sia al livello della storia, che a un certo punto si va arenando senza un climax vero e proprio, sia a livello registico, con la scelta di diverse inquadrature poco convincenti. Piuttosto infelice il titolo: un cinema italiano che c’è, ma che ancora non ingrana del tutto.

V Voti

Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 3 voti.
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alexmn 7/10

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