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7/10

Noi e la Giulia regia di Edoardo Leo

Commedia
recensione di Davide Figliolini

Diego (Luca Argentero), Fausto (Edoardo Leo) e Claudio (Stefano Fresi) sono tre quarantenni insoddisfatti e in fuga dalla città e dalle proprie vite, i quali da perfetti sconosciuti si ritrovano uniti nell'impresa di aprire un agriturismo. A loro si unirà Sergio (Claudio Amendola), un cinquantenne comunista invasato e fuori tempo massimo, ed Elisa (Anna Foglietta), una giovane donna incinta decisamente fuori di testa. Ad ostacolare il loro sogno arriverà Vito (Carlo Buccirosso), un curioso camorrista venuto a chiedere il pizzo alla guida di una vecchia Giulia 1300. Questa minaccia li costringerà a ribellarsi ad un sopruso in maniera rocambolesca e lo faranno dando vita a un'avventura imprevista, sconclusionata e tragicomica, a una resistenza disperata... Quella che tutti noi vorremmo fare se ne avessimo il coraggio.

"Siamo la generazione del Piano B. Lavorare in questo paese fa così schifo che quando allo schifo per il lavoro si aggiunge quello per la città cominci ad elaborare il tuo piano B. A 20 anni era il chiringuito sulla spiaggia. A 40, quasi sempre, si tratta di un agriturismo". Le parole di Diego (Luca Argentero) sono il manifesto dell'intero film.

Noi e la Giulia è il terzo film da regista nonché da sceneggiatore di Edoardo Leo. Dopo il più riflessivo "Diciotto anni dopo" e il più classico italiano "Buongiorno papà" arriva Noi e la Giulia, il più maturo dei tre. Tant'è che il regista stesso afferma che pensa a questo film da un po' di anni, cioè dopo aver letto "Giulia 3000 e altri miracoli" di Fabio Bartolomei. Una sceneggiatura che lo ha particolarmente colpito tanto da farci un film. Sceneggiato insieme all'inseparabile Marco Bonini, che mi sembra giusto citare.

Il film narra in maniera semplice, ma nello stesso tempo abbracciando la rincorsa di una contemporaneità soprattutto nella cura del montaggio e degli effetti (che vederli sviluppati in una commedia italiana fa comunque ben sperare), la storia di questi tre uomini, Diego (Luca Argentero), Fausto (Edoardo Leo) e Claudio (Stefano Fresi) che per diversi motivi, legati ognuno ai corrispettivi fallimenti lavorativi, attuano il tanto sospirato piano B e si ritrovano a voler acquistare un casale in una località che non viene indicata. Una volta giunti capiscono che non è tanto il problema di trovare i soldi, ma il grosso grattacapo è quello di restaurare una masseria che letteralmente cade a pezzi. Da qui in poi nascono una serie di travolgenti episodi che portano lo spettatore a delle risate fragorose e piacevoli. E tutti e tre gli attori portano con sé un bel bagaglio di non estemporanea vitalità. Fausto è lo spavaldo coatto moderno romano. Egocentrico e tuttofare, ha sempre qualche falso amico pronto ad aiutarlo. Edoardo Leo si ispira e ricorda (sembra proprio di vederlo) il miglior "Carlo Verdone", quello di "Un sacco bello" o di "Gallo Cedrone" per capirci. Cialtrone assoluto. Leo è bravissimo. Il personaggio gli calza a pennello, fa anche ridere. Diego è il più "normale" dei tre, è la voce narrante nonché la coscienza del piccolo gruppo di conoscenti che si è venuto a creare. Luca Argentero fa il suo senza infamia e senza lode, ma coralmente insieme agli altri risulta piacevole e comunque intraprendente. Claudio è il nevrotico di turno, forse il più fallito dei falliti, è riuscito a far chiudere l'attività di famiglia dopo poco tempo ed è anche in crisi con la moglie. Stefano Fresi è come il prezzemolo ultimamente: c'è un po' ovunque, ma bisogna dire che la sua corposa identità simpatica debella ogni pregiudizio. Onesto. Successivamente si aggiunge un quarto fallito: Claudio Amendola nei panni di Sergio, sessantottino incallito, ogni costrutto del personaggio è dato per restituire comunismo, e nemmeno tanto latente tanto da far ridere. Anzi, meglio, sorridere.

Il succo della storia è quando compare l'improbabile camorrista. Giunto a destinazione con una "Giulia 1300" fa capire senza tanti complimenti, ma con qualche metafora, il suo intento camorrista ai quattro ignari (il pizzo). Ma Sergio il comunista non ci sta, gli dà un pugno e lo stende. Iniziano un'altra serie di eventi tragicomici che alla fine portano il camorrista legato giù in una specie di magazzino-cantina. Il camorrista Vito viene interpretato da Carlo Buccirosso. Prima di vedere il film pensare a Buccirosso come camorrista faceva storcere il naso, tuttavia lui da buon teatrante riesce nell'intento di sembrare vero, ma apparire come se fosse un camorrista per caso. Similmente il problema rimane la "Giulia 1300". Gli eroi la sotterrano in una piscina, ma c'è un inconveniente non da poco: che l'autoradio è accesa e quindi si sente una musica provenire dal profondo della terra. Musica classica. Di seguito arrivano altri camorristi in sequenza. Per quello che riguarda gli eroi si aggiunge l'invasata e incinta Elisa (Anna Foglietta). Anche lei si afferma come un'altra coscienza del gruppo, ma inizialmente un po' matta dalle gare. La situazione dei diversi camorristi è inverosimile per diversi motivi ovviamente, ma è una commedia e l'intento di parlare di camorra in questi termini è comunque riuscito. La musica diventa un elemento importante per tutta la masseria, ma come ben si capisce anche per il film stesso. Per quanto concerne la scena più significativa è quando tutti e quattro i falliti iniziano a raccontare i loro fallimenti. Il finale è rocambolesco, ma il tutto è orchestrato con attenzione da Edoardo Leo. Il tema della camorra c'è, ma è anche una scusa per un tema forse più grande: il riscatto della propria vita lottando anche contro ogni tipo di sopruso. La camorra ne è solo l'esemplificazione massima.

Un commedia italiana che non è all'italiana, o almeno non solo. Il regista afferma che lui è un teatrante e come tale vuole solo fare da cantastorie di un momento o di una sensazione ben precisa. Condita da attori bravi. E' stato bello riscoprire Amendola al cinema. Gli altri sono una conferma in questo genere di film. In particolare Edoardo Leo (l'aneddoto interessante è che il film è stato girato in sequenza di trama, cosa molto rara al cinema, dove il più delle volte si gira stanza per stanza) si dimostra uno dei registi italiani che riesce meglio in questo periodo storico e il quale facendo scuola da "Ettore scola" (come lui stesso conferma) restituisce quella semplicità italiana che dobbiamo continuare a difendere. Non solo criticare a prescindere. Un "like" in più, quindi, alla commedia italiana e al cinema italiano.

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