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7/10

Emma regia di Douglas McGrath

Commedia
recensione di Elena Rimondo

La giovane e bella Emma Woodhouse, orfana di madre, passa le sue giornate a fare compagnia al padre ipocondriaco e a combinare matrimoni tra le persone di sua conoscenza: l’amica Harriet, il vicario della parrocchia, il fascinoso Frank Churchill. I numerosi fallimenti porteranno Emma ad imparare dai suoi errori e a conoscere meglio sé stessa e chi le sta attorno.

Dopo Orgoglio e pregiudizio, Emma è forse il romanzo più conosciuto e amato di Jane Austen, ed è noto che, nella maggior parte dei casi, la popolarità di un romanzo si misura con le trasposizioni cinematografiche e televisive che ne sono state tratte. Di Emma se ne contano in tutto – tra liberamente ispirate e non – più di dieci, di cui due nello stesso anno (1996), segno che i tormenti d’amore e la necessità di scegliere il partito giusto sono ancora temi molto sentiti. Parte del successo del quarto romanzo scritto dalla Austen si deve alla personalità frizzante della protagonista eponima, che ha il volto di Gwyneth Paltrow nella versione americana diretta da Douglas McGrath. La trama, poi, è quanto di più “austiano” si possa immaginare, ma qui, più ancora che in Orgoglio e pregiudizio, l’elemento da romanzo di formazione è ancora più marcato. La storia è scandita dagli errori che Emma si ostina a commettere, nella sua convinzione di dovere a tutti i costi combinare matrimoni tra le persone scompagnate di sua conoscenza. Così facendo Emma non si rende conto di essere ella stessa – in quanto ricca, giovane, bella e, soprattutto, scompagnata – oggetto di desiderio. La cecità e la testardaggine della protagonista sono causa di fraintendimenti tragicomici e gaffe clamorose, che rendono il romanzo uno dei più godibili di Jane Austen. Il film di McGrath acquista un ritmo quasi da commedia di Feydeau proprio grazie all’alternarsi degli abbagli di Emma e dei successivi colpi di scena, preparati però da segnali inequivocabili. Anche troppo, a tratti. Infatti uno dei motivi per cui Jane Austen continua ad essere attuale, a dispetto dell’abisso che separa la nostra società da quella rappresentata nei suoi romanzi, è la sua capacità di analizzare e ritrarre in modo verosimile le passioni umane e i loro impercettibili mutamenti. Non solo: nei suoi romanzi, e in Emma più che mai, a complicare il tutto si aggiunge l’ambiguità di certi atteggiamenti, quando non si tratta di una vera e propria dissimulazione. In altre parole, Emma pecca di superficialità, snobismo e arroganza, ma chi le sta attorno non sempre si comporta in maniera sincera e corretta. Il film, invece, punta troppo sulla cecità di Emma, con la conseguenza che il tema principale, ovvero la difficoltà di comprendere i sentimenti propri e quelli degli altri, non trova espressione. A parte un certo appiattimento rispetto al romanzo da cui è tratto, il film ha il pregio di restituire in maniera fedele il linguaggio arguto e denso di significato dei dialoghi che si scambiano i personaggi creati da Jane Austen. È un eloquio forbito cui non siamo più abituati, ma che è spia di ragionamenti lucidi e di una capacità d’introspezione ormai in via d’estinzione. Le dinamiche che si creano tra i personaggi, appartenenti a diverse classi sociali, dimostrano che “le parole sono importanti”, per dirla alla Nanni Moretti. Un’affermazione che andava taciuta può causare un piccolo cataclisma in una società così ristretta (ma le cose non sono molto diverse nel mondo globalizzato), come impara a proprie spese Emma. In altre occasioni, invece, basterebbe proferire una parola in più per evitare disastrosi fraintendimenti. Una certa dose d’ipocrisia, insomma, è necessaria ai fini del quieto vivere, fatto di passeggiate in giardino, scampagnate, balli e inviti a cena: tutte attività altamente perniciose secondo Mr Woodhouse, uno dei personaggi più divertenti del film. Infine, merita di essere ricordata la colonna sonora composta da Rachel Portman, classica e romantica quanto basta.

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