V Video

R Recensione

9/10

Uno, Due, Tre! regia di Billy Wilder

Commedia
recensione di Alessandro Pascale

Il direttore McNamara della filiale della Coca Cola a Berlino Ovest vorrebbe vendere la bibita anche nei paesi comunisti, ma deve occuparsi di Rossella, 17enne figlia del suo boss che, affidatagli per qualche settimana, scappa a Berlino Est e sposa in segreto un giovane comunista. McNamara cerca dapprima di sbarazzarsi del giovanotto, ma poi la scoperta che Rossella aspetta un bambino complica le cose e lo obbliga ad un viaggetto a Berlino Est, dove recupera il ragazzo che cerca di rendere presentabile per la famiglia del capo che arriva poche ore dopo...

Un, due e tre, scattare! Ma senza battere i tacchi, che fa troppo nazista. Anzi, nei casi di emergenza va bene, anzi facciamo pure una mobilitazione generale, “come ai vecchi tempi”.

Siamo a Berlino Ovest nel 1961. Il periodo è scottante, in piena guerra fredda tra USA e URSS, le due superpotenze che si sono spartite materialmente la città, imponendovi di fatto i rispettivi regimi di riferimento. Addirittura il famoso muro viene issato durante il periodo di riprese del film, obbligando il regista a terminare le riprese esterne in ricostruzioni di studio e determinando un clima sfavorevole all'uscita nelle sale cinematografiche.

L'aspetto pienamente politico del film non è ovviamente dovuto a questi motivi contingenti, ma scelta meditata e ragionata: tale aspetto risulta nel complesso assai sgradevole per la partigianeria che ne emerge, eppure è presentato dall'autore in una maniera genialmente divertente e irriverente: Wilder infatti fin dalle prime scene mette letteralmente in ridicolo il settore orientale comunista, con una voce fuori campo che racconta di come mentre Berlino Ovest prosperava ad Est erano ancora impegnati a fare le loro sfilate quotidiane mentre le macerie dell'ultima guerra erano ancora ovunque...

Tutta l'opera è tesa a screditare in maniera bonaria il “grande nemico” sovietico, secondo una tattica già utilizzata vent'anni prima da Charlie Chaplin ne Il grande dittatore. Ciò avviene usando il registro della commedia, e facendo ricorso ad una costruzione di archetipi stereotipati del modello comunista visto dalla propaganda occidentale: da un lato abbiamo i tre funzionari del partito mandati in missione per stringere accordi commerciali. Personaggi estremamente sospettosi della loro stessa ombra, fatti passare come poveracci increduli di fronte alle bellezze occidentali (incarnate dalla bella segretaria tedesca Ingeborg al soldo della Coca-Cola) e pronti alla prima occasione a svendere il proprio Paese e i propri ideali per un qualche vantaggio personale.

Dall'altro lato abbiamo il giovane proletario Otto Ludwig Piffl (Horst Buchholz) che sposa la ricca Rossella (Pamela Tiffin): fin da subito ritratto come un semi-vagabondo vestito di stracci e sandali logori, capace solo di ripetere slogan marxisti infarciti di luoghi comuni e dogmi. La metamorfosi che muta il giovane in un perfetto gentiluomo aristocratico vuole testimoniare la superiorità attrattiva del capitalismo sull'avversario, che non solo rinnega di fatto i propri ideali senza opporre grande resistenza, ma, in un ribaltamento di ruoli straordinario, diventerà addirittura lo stereotipo opposto: ricco e importante dirigente dell'azienda Coca Cola.

Sarebbe però sbagliato mostrare quest'opera di Wilder come un'accettazione acritica del modello americano, messo anch'esso abbondantemente in ridicolo con i suoi formalismi e falsità borghesi. È evidente però che tale occhio, simile a quello della madre che rimprovera il figlio un po' troppo vivace, è ben diverso da quello implicitamente sprezzante rivolto verso il “cattivo ragazzo totalitario”.

Uno, due, tre! però è un film che trascende la sua impronta fortissimamente politica e merita lo status di capolavoro per la sua capacità di raggiungere un ritmo forsennato e strepitoso. Giocando su una serie di eventi e personaggi incalzanti Wilder costruisce su un palcoscenico ridottissimo (eccetto poche riprese esterne emerge bene l'origine teatrale del soggetto, pièce di Ferenc Molnár) una narrazione sorprendente per rapidità, destrezza, scorrevolezza e divertimento. Grande merito in tutto ciò spetterebbe all'incredibile prestazione di James Cagney, la cui capacità di calarsi nel ruolo del dirigente McNamara e di gestire simili ipersoniche tempistiche con freddezza, garbo, ironia e astuzia è davvero fuori dal comune, tanto che non sarebbe certo sfigurata quanto meno una nomination all'oscar come miglior attore protagonista (invece l'opera riceverà solo una nomination agli oscar per la migliore fotografia).

Di fatto la bravura di Wilder sta tutta nel mettere le proprie virtuose doti registiche al servizio di una sceneggiatura straripante e di un cast altrettanto dinamico. Le risate sono assicurate per tutti, anche per i vecchi compagni più ortodossi.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo film. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.