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9/10

Baciami, stupido ! regia di Billy Wilder

Commedia
recensione di Jacopo Rossi

Il soggetto deriva da una commedia italiana di Anna Bonacci, già alla base di un film di Camerini. A Climax, uno sperduto paesino del Nevada, giunge il famoso cantante e donnaiolo Dino. Il pianista Orville e il benzinaio Barney, compositori dilettanti in cerca di successo, tentano di compiacerlo in ogni modo, fino a spingere tra le sue braccia la prostituta Polly fatta passare per Zelda, la moglie di Orville. In un soprassalto irrazionale di gelosia Orville troncherà il finto adulterio, con l’effetto però di causare quello vero…

È la commedia che segna un punto di rottura nel rapporto fra Billy Wilder e il pubblico americano: tanto perfetta nel meccanismo quanto feroce nella sostanza, fu immancabilmente incompresa dagli spettatori e oggetto di lamentele da parte della National Legion of Decency. Non è difficile capire perché; del resto perfino oggi è raro trovare nel cinema mainstream film che trattano gli stessi temi con la spregiudicatezza dimostrata da Wilder nel 1964.

Convinto dissacratore di costumi e convenzioni, come può esserlo soltanto un austriaco fuggito negli Stati Uniti per le persecuzioni hitleriane, finora il regista non aveva risparmiato nessuna delle istituzioni americane, che si trattasse di Hollywood (Viale del tramonto), del giornalismo (L’asso nella manica), del capitalismo (L’appartamento), della morale e dell’identità sessuale (Quando la moglie è in vacanza, A qualcuno piace caldo): ma la ferocia dell’irrisione era sempre state accortamente racchiusa, e in qualche modo occultata, entro la limpida classicità dell’impianto narrativo, che a partire dagli anni '50 era soprattutto quello della commedia sofisticata sulle orme dei maestri (non solo metaforici) Hawks e Lubitsch.

Anche Baciami, stupido! è una commedia perfetta: forse mai così perfetta nella concatenazione di battute irresistibili e di situazioni canoniche (travestimenti, equivoci, scambi di persona), rivisitate con un’originalità e un’inventiva che non fanno rimpiangere il più famoso e celebrato A qualcuno piace caldo. Sono il senso impeccabile del ritmo, le trovate di sceneggiatura (le gag del “mezzo pompelmo” e della “crema di latte”, la T-shirt di Beethoven indossata da Orville, il diamante nell’ombelico di Polly…), i personaggi che si stampano indelebili nella memoria a rivelare l’insuperata genialità della scrittura di Wilder e del fedele collaboratore I.A.L. Diamond.

Ma dietro la perfezione dell’impianto si celano sarcasmo e ferocia, mai così acuminati: rivolti da un lato al mito tutto americano del matrimonio, dall’altro a quello, altrettanto americano, del successo. Baciami, stupido! dimostra con lucidità che perseguire l’affermazione a tutti i costi non può che cozzare contro le fragili membrane del perbenismo sessuale e della morale comune, di cui il protagonista Orville Spooner, con la sua gelosia e i suoi complessi, è rappresentante indiscusso.

Accecato dalla prospettiva del denaro e della popolarità, e sobillato dalle manovre del cinico e arrivista benzinaio Barney, il piccolo borghese Orville si abbasserà a tutto per compiacere il sessuomane Dino, fino ad offrirgli la propria moglie. Di fatto, far passare la prostituta Polly per la vera moglie Zelda apparirà come un tentativo puramente formale di preservare la propria dignità, e si rivelerà inutile. Non solo perché Polly dimostrerà un’insospettabile identificazione con il ruolo affidatole, tanto da scatenare l’irrazionale gelosia di Orville contro lo spudorato Dino. Ma anche perché una serie di coincidenze fortuite porteranno l’autentica Zelda a rivestire parallelamente i panni della prostituta, e a concedersi a Dino con unica condizione: lui acquisterà la canzoncina scritta da Orville e la porterà al successo.

L’infrazione del tabù supremo, come sempre avviene in Wilder, ha luogo attraverso il travestimento e lo scambio di ruoli: la donna-moglie e la donna-prostituta, ci rivela il film, non sono che invenzioni della morale convenzionale, vuote maschere prive di consistenza. La prostituta rivela tutte le sue ansie di riscatto, vuole trovare soltanto un “bravo ragazzo” che la porti via dall’asfittica realtà di Climax; l’irreprensibile mogliettina non esiterà troppo a concedersi la scappatella di una notte, sia pure “a fin di bene”. Nell’ultima scena, di fronte alla perplessità di Orville che non capisce come si sia giunti all’inaspettato lieto fine – la moglie di nuovo al suo fianco, la canzonetta scritta da lui eseguita da Dino alla tv, Polly che si allontana dal paese in cerca di miglior fortuna – Zelda risponde con la frase che dà il titolo al film (lo zoom sul volto sorridente ed enigmatico di Felicia Farr è una brillante infrazione alla regola hollywoodiana della regia invisibile): un lieto fine sarcastico, che ristabilisce un equilibrio tutto apparente.

Baciamo, stupido! funziona come “Nessuno è perfetto": è la battuta conclusiva che si incarica di risolvere sul piano del paradosso e dell’assurdità le questioni aperte. Complice anche l’irresistibile disegno dei personaggi in sede di sceneggiatura, i quattro attori principali offrono prove memorabili: accanto all’efficacia del caratterista Ray Walston nel ruolo di Orville e di Felicia Farr in quello di Zelda, non si dimenticano l’interpretazione di Dean Martin – più che autoironica, autolesionistica nel dipingere un personaggio tanto sgradevole di latin lover superficiale e vanesio, indubbiamente ispirato a sé stesso – e quella di una splendida Kim Novak, all’altezza di un ruolo chiaramente pensato per la Monroe.

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