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6/10

Stai Lontana Da Me regia di Alessio Maria Federici

Commedia
recensione di Antonio Falcone

Roma, giorni nostri.  Jacopo (Enrico Brignano) è un  consulente matrimoniale fra i più richiesti del settore. Negli anni ha infatti felicemente risolto la crisi di varie coppie, a cominciare dai suoi genitori, ma se il lavoro è contrassegnato dal successo, così non si può dire della vita sentimentale del nostro, single ad oltranza in quanto convinto di portare sfortuna alle donne con le quali tenta di avviare una relazione. Gli indizi al riguardo, risalenti all’infanzia, sono ben più di due, quindi validi a costituire una prova, per cui ad ogni nuova conoscenza Jacopo cincischia o si dà alla fuga dopo il primo appuntamento. Il caso fa sì che incontri la probabile donna della sua vita, Sara (Ambra Angiolini), brillante architetto: se la sintonia fra i due è evidente, idonei a compensarsi a vicenda, lui ombroso e problematico, lei solare e aperta alla vita, lo è altrettanto tutta una serie d’incidenti validi a sconvolgere l’esistenza di Sara ma anche a far aprire gli occhi a Jacopo sulla realtà che lo circonda, a partire dalla propria famiglia …

Remake, pressoché fedele, del misconosciuto film francese  La chance de ma vie (Nicolas Cuche, 2010, da noi uscito col titolo Per sfortuna che ci sei), vagamente adattato alla nostra realtà per lo più da un punto di vista formale (in estrema sintesi,  “La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo”, Roberto Antoni), Stai lontana da me, diretto da Alessio Maria Federici (alla sua seconda regia, dopo Lezioni di cioccolato 2, 2011), anche sceneggiatore insieme ad Edoardo Falcone e Davide Lantieri, si palesa alla visione come una commedia nel complesso gradevole e divertente. Certo, lascia il tempo che trova una volta usciti dalla sala cinematografica, ma è capace di far avvertire, soprattutto per le valide interpretazioni offerte dai due protagonisti, la piacevole sensazione di aver assistito ad un onesta pellicola d’intrattenimento.

Siamo, in sostanza, di fronte ad un “film d’attori”, che avrebbe meritato tanto un maggior coraggio in fase di scrittura, così da distaccarsi dal plot originario, ed offrire un conseguente più incisivo adattamento al nostro modus vivendi, quanto una più delineata sottolineatura registica riguardo gag e situazioni, spesso lasciate andare a briglia sciolta, facendo affidamento per l’appunto alla bontà recitativa dell’intero cast. Ancora una volta infatti, fra mancanza di slanci inventivi ed operazioni ricalco, la nostra commedia rende il reale  un semplice proscenio alle varie vicende, senza alcuna interazione con i personaggi che vi fanno parte, e mette in scena una sorta di mondo a parte, a tratti anche patinato, nel quale è difficile, se non impossibile, identificarsi, anche se in tal caso il fluido andamento narrativo riesce comunque a convincere, in particolare grazie all’affiatamento espresso in scena da Brignano ed Angiolini.

Entrambi infatti appaiono a loro agio nelle rispettive parti, finalmente misurati, mai sopra le righe, abili nell’assecondare sia le varie situazioni “catastrofiche” in crescendo, sia i dialoghi sufficientemente “sciolti” ed ironici, con battute non memorabili ma idonee a far (sor)ridere senza quasi mai scendere nella banalità o nel cattivo gusto. Lo stesso può dirsi di tutti gli altri interpreti, i cui caratteri risultano sufficientemente delineati, come la capoufficio di Sara, interpretata da Anna Galiena, per quanto vagamente macchiettistica, o Giampaolo Morelli nel ruolo del figlio Mirko, che offre un’interpretazione simpaticamente elegante ed ironica.

Trova spazio anche qualche lieve spunto riflessivo, riassumibile nell’assunto, un po’ didascalico, che la vera maledizione consista nel non riuscire ad individuare, o cogliere, al momento opportuno le occasioni che comunque la vita ci offre, a volte nei modi più impensabili,  cui si unisce spesso la paura di provare a creare qualcosa di nuovo, offrendo fiducia a sé e agli altri. Un film “medio”, che non chiede (e non intende dare) altro che intrattenere il pubblico facendo leva su di una sana leggerezza e sulla forza degli “affetti speciali”.  Nulla di più, nulla di meno, ci si può accontentare.

 

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