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R Recensione

7/10

Lasciati andare regia di Francesco Amato

Comico
recensione di Leda Mariani

Un bravo psicanalista deve rimanere impermeabile alle emozioni che gli scaricano addosso i suoi pazienti, ma nel caso di Elia, un analista ebreo della Roma “bene” interpretato dal sempre eccezionale Toni Servillo, c’è il sospetto che con gli anni la lucidità si sia trasformata in indifferenza e in distacco annoiato nei confronti della vita. Ieratico e severo, con un senso dell’umorismo arguto ed impietoso, ed anche notevolmente egoista, Elia tiene tutti a distanza di sicurezza, persino la sua ex moglie Giovanna (Carla Signoris), che vive nell’appartamento accanto al suo, e con la quale continua a condividere il bucato e qualche serata al Teatro dell’Opera. Un’esistenza avara di emozioni, che Elia sublima mangiando dolci di nascosto e in gran quantità finché un giorno, a causa di un lieve malore, è costretto a mettersi a dieta e ad iscriversi in palestra. In questa fase della sua vita irrompe Claudia (Verónica Echegui), una personal trainer di origine spagnola buffa ed eccentrica, con il culto del corpo, che vive in un mondo fantasioso tutto suo, e che non mostra alcun timore reverenziale nei confronti dei cervelloni fuori forma come Elia. mostra spoiler

L’innata capacità di Claudia di trascinare chiunque nel suo caos, sarà l’occasione per entrambi per rimettersi in piedi, esattamente come fanno nella loro vita professionale, ma stavolta l’uno a livello fisico e l’altra dal punto di vista psichico. Sarà un incontro speciale, che abbatterà qualunque barriera intellettuale in funzione della reciproca curiosità, e del fattivo beneficio che entrambi trarranno dal loro intrecciare, per un attimo, le rispettive vite.

“La vita è ciò che ci accade mentre ci occupiamo di altro”

Questa la massima di John Lennon ricordata da Toni Servillo, intervistato a Milano dopo la prima del film per la stampa, pensando allo sviluppo narrativo di questa divertente pellicola che parte come una sofisticata commedia, per poi arrivare a toccare anche il genere slapstick, diventando una stratificata, tanto quanto eterea, espressione di un singolare umorismo ebraico all’italiana.

Il film prende avvio da un’idea dello sceneggiatore Francesco Bruni e dal desiderio, approfondito assieme al regista, di realizzare una commedia brillante sul rapporto tra le due dimensioni della sfera umana: mente e corpo. Restando nei canoni di un tipo di narrazione che porta subito alla memoria i grandi esempi di Woody Allen, Billie Wilder e Groucho Marx, il film racconta, in maniera leggera, ma non senza pensiero, la verità di un mondo che si fa sempre più nevrotico e disarmonico.

L’incontro con gli attori protagonisti di questa pellicola, tutti fortemente voluti da Francesco Amato, è stato fondamentale. Il regista ha chiesto loro di giocare a lungo con i personaggi, incoraggiandoli appunto a “lasciarsi andare”, in modo da restituire un profondo senso di realismo, seppur in chiave comica. Seguendo Servillo durante la sua lunga tournée per “Le voci di dentro”, nei camerini dei teatri più importanti d’Italia, il regista ha elaborato assieme a lui il copione, sviluppando anche in gruppo molteplici letture, ed appoggiandosi alla grande esperienza registica di Toni. Gli scritti, l’autobiografia e le lettere di Groucho Marx hanno fatto il resto, assieme al carattere forte e giocoso di Verónica Echegui, alla lunga esperienza attoriale di Carla Signoris e alla sempre confermata bravura di Luca Marinelli, che restituisce esempi eccellenti, a prescindere dai personaggi nei quali si imbatte.

Praticamente al suo primo lungometraggio dopo anni di documentari, videoclip (per i Verdena) e sceneggiature, Francesco Amato esordisce con una commedia delicata, dolce e amara, divertente e significativa, che fa della ricerca di assomigliare a sé stessi l’unica grande ricetta per la felicità. Prodotto da Cattleya appoggiandosi anche al regime di Tax Credit Esterno di Crédit Agricole Vita, il film è divertente, ritmato e scorrevole. La pellicola è girata bene, da ogni punto di vista, ma soprattutto recitata ad hoc.  <<Il film è stato disegnato sull’idea che ci vogliono molto coraggio ed autoironia per lasciarsi andare, in tempi in cui si sente sempre più il bisogno di messaggi positivi e di leggerezza>>, ha dichiarato Amato, <<e lo scrigno di talenti che ne hanno fatto parte, inclusi i ruoli secondari, come quello interpretato da Marinelli, che si sono sorprendentemente lasciati dirigere da me, nonostante la mia inesperienza, ha reso tutto ancora più credibile, anche le situazioni più pazzesche>>.

Per Servillo misurarsi in un ruolo comico, cosa che per lo più gli accade in teatro, è stato molto stimolante: <<Quello tra Claudia ed Elia è un incontro/scontro produttivo: si danno una mano a vivere meglio, esercitando involontariamente la loro professione. È il racconto e allo stesso tempo l’esperienza di una “difficoltà bella”, che porta a pensare che talvolta sarebbe meglio affrontare la vita da dilettanti, ricominciando come se fosse il primo giorno, come se non avessimo imparato ed acquisito nulla>>.

Carla Signoris ha raccontato che il copione gli era sembrato da subito magnifico: diretto, completo e ben sviluppato. La sceneggiatura di Francesco Bruni, Davide Lantieri e Francesco Amato ha garantito la leggerezza percettiva del film, perché gli attori si sono potuti concentrare sullo sviluppo delle caratteristiche psicologiche dei loro personaggi, soprattutto mentre sviluppavano le letture prima dell’inizio delle riprese. Verónica Echegui ha portato nel film qualcosa di caratteristico, dando vita e profonda energia al personaggio di Claudia, oltre a renderlo un elemento effettivamente estraneo alla situazione e quindi di reale e possibile scardinamento della realtà precedente. Il suo sincero e profondo affetto per Servillo, inoltre, ha reso ancora più convincente il rapporto tra i protagonisti del film.

La pellicola è uno snocciolarsi di situazioni convenzionali, ma non del tutto, come l’immagine del calciatore omosessuale sul lettino dello psicanalista in una Roma ebrea (il ghetto) che ricorda tantissimo New York. Scene e luoghi che riconosciamo si e no, perché non proprio stereotipati (c’è come un costante e quasi impercettibile slittamento su tutta una serie di archetipi narrativi), fanno trasparire la voglia di affermare che nella vita si può anche cambiare, e che siamo diventati una società forse troppo intellettuale, cerebrale, eccessivamente specializzata, senza una visione complessiva, naturale, ed umana, della realtà.

Molto divertente la colonna sonora sviluppata da Andrea Farri, con inaspettati pezzi Indie come quelli di Devendra Banhart.

Il film esce in 250 sale su tutto il territorio italiano, ha già vari contratti di distribuzione all’estero e come racconta Cattleya, corrisponde all’intenzione della casa di produzione di <<realizzare meno film, ma molto più curati, da ogni punto di vista>>. Lasciati andare vive la sua prima proiezione pubblica nel nuovo cinema che verrà inaugurato giovedì 13 aprile ad Amatrice, come segno di rinascita anche culturale, dopo il terribile terremoto dell’agosto 2016.

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