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A Pasquale Festa Campanile

Pasquale Festa Campanile

   Pasquale Festa Campanile nacque il 28 luglio 1927 a Melfi, in provincia di Potenza, nel nord della Basilicata.

  Trasferitosi con la famiglia a Roma già nel 1936, diventato adulto, cominciò a lavorare come giornalista e critico letterario. Nel 1947, diventò redattore della rivista LA FIERA LETTERARIA e, l’anno seguente, ottenne il premio La Caravella per il proprio lavoro giornalistico, che verrà celebrato anche con la vittoria del Premio Marzotto. Parallelamente questa professione, si dedicò anche ai nuovi media che invasero le case degli italiani nella seconda metà del XX secolo, radio e televisione.

  Il cinema arrivò solo dopo e solo una volta che entrò in contatto con alcuni personaggi cinematografici che lo invitarono a lavorare con loro a Cinecittà come sceneggiatore. Uno dei suoi primi script fu, per esempio, Faddija – La legge della vendetta, pellicola del 1949 di Roberto Bianchi Montero, ma bisogna aspettare il 1955 perché Festa Campanile incontri un discreto successo dopo aver firmato il soggetto e la sceneggiatura del film del grande maestro del cinema Mauro Bolognini, Gli innamorati, vincendo oltretutto il Nastro d’argento in tandem con Massimo Franciosa e Giuseppe Mangione. Enorme fu invece l’apprezzamento del pubblico per Poveri ma belli, che Festa Campanile scrisse in compagnia del regista Dino Risi e del sempre presente Franciosa. Fu del 1957 la sua antologia di bozzetti letterari e umoristici di stampo meridionale, ispirati a episodi autobiografici, “La nonna Sabella”, che gli valse il Premi Re degli amici e Corrado Alvaro. Il libro, divorato da Risi, divenne un film proprio l’anno seguente ed ebbe anche un sequel La nipote Sabella, realizzato da Giorgio Bianchi. Così, mettendo momentaneamente da parte la letteratura (romanzi e racconti), si dedicò a infoltire il panorama cinematografico italiano con pellicole che poi divennero storiche: Rocco e i suoi fratelli e Il gattopardo di Luchino Visconti; La viaccia di Bolognini; Smog; e soprattutto Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy (grazie al quale venne candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale).

  Spinto da questi risultati, si sentì pronto per passare alla regia cinematografica, con risultati alterni in molti generi che vanno dal dramma alla commedia all’italiana, dai film satirici alle pellicole in costume. Senza mai distaccarsi dal suo collaboratore e amico Franciosa, diresse con lui Un tentativo sentimentale, che fu uno dei suoi primi successi. Seguirono (anche come unico regista) Le voci bianche (1964), La costanza della ragione (1965, tratto da un omonimo romanzo dello scrittore Vasco Pratolini) e le commedie La matriarca (1968) con Catherine Spaak e Jean-Louis Trintignant e Il merlo maschio (1971) con Lando Buzzanca e Laura Antonelli.

  Con gli Anni Settanta e il boom di celebrità del cantante Adriano Celentano cominciarono anche una serie di titoli che lo porteranno a imporsi anche come attore. Si iniziò con la trasposizione cinematografica della commedia musicale di Garinei e Giovannini “Rugantino” nel 1973 e si proseguì con Qua la mano (1980) e Bingo Bongo (1982).

  Nel contempo, già a partire dal 1975, Festa Campanile tornò alla scrittura e pubblicò diversi romanzi, che poi furono sistematicamente trasportati nel grande schermo da lui stesso: La ragazza di Trieste (sullo scandalo del caso Bruneri-Canella), Il ladrone e Conviene far bene l’amore. Esclusivamente "Per amore, solo per amore" (Premio Campiello nel 1984) sarà invece adattato al grande schermo da un altro regista, Giovanni Veronesi, nel 1993.

  Nel resto degli Anni Settanta, Festa Campanile si divise fra i film con Bud Spencer ed Enzo Cannavale (Il soldato di ventura, che rivisita in maniera ironica la storica disfatta di Barletta), nuovi generi cinematografici (Autostop rosso sangue con Franco Nero e Corinne Clery, thriller che subì numerosi tagli da parte della censura italiana), la sempre amata commedia (Come perdere una moglie e trovare un’amante del 1978 con Johnny Dorelli e Barbara Bouchet) e pellicole leggermente più spinte (Il corpo della ragassa con Lilli Carati ed Enrico Maria Salerno, aspramente criticato per la performance della Carati). Non si discostò, insomma, da quelli che furono i generi di intrattenimento che piacevano a quell’Italietta post boom e in procinto di vedersela con la generalizzazione televisiva (La cintura di castità, Il marito è mio e l' ammazzo quando mi pare, Quando le donne avevano la coda, La sculacciata, Culo e camicia) e andando incontro a una critica sempre meno benevola nei suoi confronti, tanto da spingerlo ad affermare: «Questo mio continuo lavoro mi porta ad essere il regista più disperatamente odiato del cinema italiano. Vorrei che fosse riconosciuto che il mio è un cinema professionale che merita, se non altro, un maggior rispetto... Mi rimproverano di fare un cinema troppo popolare, ma sono io che scelgo di farlo: un cinema con un linguaggio molto semplice, lo stesso che uso in letteratura, che arrivi immediatamente alla gente».

  Con l’arrivo degli Anni Ottanta, non mancarono i film a tematica lgbt: Nessuno è perfetto (1981), con Renato Pozzetto e Ornella Muti che interpretò un uomo che ha cambiato sesso, e Più bello di così si muore (1982) con Enrico Montesano nel ruolo di un travestito. Non mancarono le biografie irriverenti con Il petomane (1983), nel quale Ugo Tognazzi vestì i panni dell’artista Joseph Pujol.

  Legatosi sentimentalmente ad alcune delle attrici che diresse (Catherine Spaak e Lilli Carati), si sposò tre volte, la prima (giovanissimo) con la pittrice Anna Salvatore, la seconda con la peruviana Angela Festa Campanile (da lui soprannominata “Chiquita”, che lo fece diventare padre di Raffaele) e la terza con Rosalba Mazzamuto (figlia del prefetto di Reggio Calabria, sposata nell' agosto del 1985 e che lasciò vedova).

  Morì a Roma il 25 febbraio 1986, dopo una lunga malattia e cure chemioterapiche, cominciate quando gli fu diagnosticata una neoplasia nella regione renale che si estese poi al fegato.

  Diceva di se stesso: «Sono uno che lavora 18-19 ore al giorno. Buona parte della notte la passo a scrivere romanzi o copioni, sostenendomi a grappa e caffè, fumando cento sigarette al giorno... Sono fatto in modo tale che non posso mettere le marce basse, se non metto la quinta non mi diverto».