A Recensione Blu-Ray - The Invitation

Recensione Blu-Ray - The Invitation

 

Midnight Factory, l’etichetta specializzata nella distribuzione di film horror di qualità, fa uscire in questi giorni The Invitation, lungometraggio diretto dalla statunitense Karyn Kusama, presentato al festival South by Southwest nel 2015, e giunto, con una limitata diffusione, nelle sale americane e spagnole. Una buona occasione, dunque, per recuperare un film che, attraverso l’espediente di una fantomatica setta che predica la negazione del dolore e l’esaltazione della morte come passaggio indispensabile per guadagnare un mondo finalmente in armonia, indaga in maniera non scontata la psiche dei personaggi protagonisti, laddove in un’inconsueta rimpatriata si ritrovano alcuni vecchi amici che non si vedevano da qualche anno, e in particolare Will e la sua ex moglie Eden, il cui passato è funestato dal ricordo della morte del loro piccolo figlio.

Nonostante l’incertezza sull’opportunità di partecipare all’insolita riunione, Will, con la nuova compagna, Kira, parte alla volta della sontuosa villa di Eden, che nel frattempo ha allacciato una nuova relazione con David. Il film parte subito con un sinistro presagio, dato che durante il percorso per raggiungere la destinazione, Will non riesce a evitare un coyote che gli si para contro, e, dopo aver tolto il corpo insanguinato da sotto la sua auto, per non farlo soffrire gratuitamente gli infligge un colpo mortale e ne accantona al bordo della strada il cadavere. Giunto all’appuntamento, Will, ancora evidentemente turbato da un passato difficile da elaborare, rimane stupefatto della baldanza di Eden, che pare una donna completamente nuova, come se, incredibilmente, si fosse totalmente disfatta del penoso ricordo comune. Questo comportamento insospettisce subito l’ex compagno della bella signora, ma tutti gli invitati, nonostante il tangibile clima surreale che si è creato, ostentano buon umore, incuranti della stranezza degli atteggiamenti dei padroni di casa, che non tardano a rivelare di appartenere a una setta, grazie a cui, affermano, avrebbero finalmente superato le loro rispettive storie di dolore (David ha perso l’ex moglie); mostrano agli astanti un filmato del capo del loro gruppo, il quale invita a scrollarsi di dosso la sofferenza, attraverso una visione inedita della finitezza, giacché la morte sarebbe solo il crocevia per giungere a una meta liberata definitivamente dalle angosce che attanagliano da sempre gli esseri umani. Gli eventi precipiteranno rovinosamente in una spirale di assurda violenza, rivelando l’insano progetto che i due organizzatori della festa avevano da tempo architettato.

Dunque, questa è la premessa del film (non proseguiamo volutamente nello svelamento della trama), che dà l’opportunità agli sceneggiatori di creare una storia attraverso cui criticare in maniera decisa una certa tendenza contemporanea che (come già era stato ben stigmatizzato da Danny Boyle in The island) vorrebbe innescare un titanico quanto maldestro processo di rimozione, laddove la sofferenza, il dolore, la malattia, la morte, la fine, divengono elementi di disturbo che non devono rovinare la patetica messa in scena di una vita felice, spettacolare, magicamente esentata da tutte quelle tristi vicende che inevitabilmente contrassegnano l’esistenza di ognuno di noi. Lo spettacolo non può interrompersi, poco importa se si è perso tragicamente un figlio o una compagna, se si è ammalati di cancro: bisogna superare, secondo questa folle ideologia, quanto stride con l’armonia fittizia di una civiltà dei consumi tutta tesa all’appagamento dei desideri più frivoli, ossessionata dall’idea di mostrare un’immagine positiva; la cultura americana, in particolare, non hai smesso di promuovere un ottuso ottimismo, in quanto la possibilità di realizzare i propri sogni in una nuova e prospera terra è divenuto un obbligo etico, tant’è che se non ci si assoggetta a tale logica - se non si è ambiziosi - si viene repentinamente marchiati con il termine ‘loser’, una delle più grandi offese che può venir espressa nei confronti di chicchessia. In contrasto con questa delirante quanto miope visione si è per fortuna andata sempre più rafforzando una filosofia della condivisione e dell’accoglienza che, partendo da una solida concezione comunitaria, valuta l’individuo nella sua interezza, senza il bisogno di prescrivergli comportamenti discutibili.

Se questo era - come chi scrive crede - lo scopo che si erano prefissati gli sceneggiatori e la regista, l’obiettivo è stata degnamente raggiunto, e, dunque, The invitation si rivela un film che, pur con molti clichè tipici di un genere cinematografico abbastanza utilizzato, dà adito a riflessioni per niente banali, convocando lo spettatore a interrogarsi di nuovo sul proprio rapporto con la vita interiore. Non è poco,

Distribuito da Midnignt Factory, The invitation è disponibile in blu ray, in formato 2.39:1 (1920x1080, 24 frame al secondo) con audio in italiano e in inglese (5.1 DTS-HD Master Audio) con sottotitoli opzionabili. Nei contenuti extra: “Speciale dietro le quinte” e il trailer italiano.

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