A L'IMMAGINE E LA PAROLA - Il Festival di Locarno si rinnova e inaugura il suo primo spin-off

L'IMMAGINE E LA PAROLA - Il Festival di Locarno si rinnova e inaugura il suo primo spin-off

 

Si è conclusa la prima edizione de L'immagine e la parola, spin-off del Festival di Locarno che si è svolta dal 24 al 27 marzo. La manifestazione, nata con l'obiettivo di estendere il legame tra il Festival e il territorio ticinese, ha offerto la possibilità di rivedere alcuni film in cui l'immagine e la parola diventano elementi imprescindibili per la comprensione del contenuto filmico. Per testimoniare l'importanza di questi due elementi all'interno del prodotto cinematografico sono giunti a Locarno tre importanti registi, portatori ognuno di una propria idea di cinema. Paolo Benvenuti, accompagnato dalla moglie e collaboratrice Paola Baroni, ha presentato il suo prossimo progetto cinematografico, per ora incompiuto. Dopo dieci anni di ricerca condotti sul quadro "Il seppellimento di Santa Lucia" di Caravaggio, il regista si è deciso a stendere una sceneggiatura, curando ogni aspetto storico-artistico e spingendosi – talora - a fornire interpretazioni di vicende legate alla pittura del Caravaggio. Non vedremo il progetto in sala a breve, perché, purtroppo, il Ministero dei Beni Culturali non ha riconosciuto il valore culturale dell'opera e si è rifiutato di completare l'ultima parte del finanziamento per la produzione, di cui si era fatta carico soprattutto la Regione Sicilia. Secondo Benvenuti, vi è nel cinema la necessità di comunicare emozioni attraverso il controllo dell'immagine: va recuperato il valore etimologico della parola inquadratura, che altro non vuol dire se non "mettere armonicamente dentro un quadro". Da qui nasce il suo interesse per la geometria dell'immagine, evidente nei suoi ultimi lavori "Gostanza da Libbiano" (2000) e "Puccini e la fanciulla" (2008), dove ogni inquadratura è frutto di uno studio armonico e geometrico dell'ambiente.  Il regista pisano ha sottolineato l'importanza della ricerca di un punto di vista etico, estetico e morale durante la lavorazione di un film, perché il regista deve mostrare al pubblico come lui vede ed osserva il mondo. La difficoltà di trovare una produzione per il prossimo film accomuna Benvenuti ad un documentarista svizzero, Richard Dindo, che è intervenuto durante i quattro giorni di Festival portando alla luce il suo nuovo progetto, "Homo Faber", ispirato al libro di Max Frisch. Dindo ha mostrato un approccio molto diverso rispetto a Benvenuti: i suoi progetti non sono frutto di accurate ricerche, ma nascono da un'ispirazione poetica. Dopo essersi occupato per anni di documentari politici, come “Ernesto Che Guevara: le Journal de Bolivi”, ha deciso di dedicarsi a progetti che definisce "documentari poetici", dove il rapporto tra parola e immagine diviene centrale: Dindo riprende gli scritti di alcuni artisti e scrittori del passato, come Gauguin e Kafka, e cerca delle immagini che possano esaltarne il significato. Il risultato di questi lavori resta, però, discutibile. Grande rilievo è stato dato all'interno della manifestazione ad Aleksandr Sokurov, regista di rilievo per il Festival di Locarno, dove nel 1987 presentò "La voce solitaria dell'uomo" e dove nel 2006 ha ricevuto il Pardo d'Onore. Sokurov ha parlato per la prima volta nella sua carriera della realizzazione di "Arca russa". Il film è nato da un'idea di Sokurov e Tarkovskij elaborata per diversi anni, quella cioè di girare un intero film in piano sequenza. La lenta progressione tecnologica non ha permesso la realizzazione del film prima del 2000, quando finalmente il regista è riuscito ad ottenere una camera ed una batteria adatte per la registrazione di 89 minuti di film ottenendo la stessa qualità di un girato in pellicola. Innumerevoli problemi si sono presentati al momento dello shooting, da quelli logistici della location - il Palazzo d'Inverno a San Pietroburgo - a quelli per la steadicam e per il numero elevato di comparse da dover coordinare. Durante la conferenza di chiusura de L'immagine e la parola, a cui hanno partecipato anche l'attuale direttore artistico del Festival di Locarno Carlo Chatrian e i suoi due predecessori Marco Müller e Fredrich Maire, Sokurov ha dato una lezione sull'importanza di classificare i prodotti cinematografici in base al loro valore: bisogna, insomma, chiamare le cose con il proprio nome. Non è possibile definire "cinema" alcuni prodotti filmici creati a scopo di lucro, sarebbe più appropriato definire questi prodotti come "merce audiovisiva"; ed è quindi necessario distinguere anche le sale cinematografiche, in cui si possono osservare opere di valore artistico-culturale, dai cinemercati, dove vengono proiettate, appunto, le merci audiovisive; e infine, bisogna distinguere anche chi scrive di cinema dai merceologi, controllati dai meccanismi di produzione e di distribuzione, che non possono decidere liberamente se un film sia davvero un'opera d'arte. Questo primo spin-off del festival di Locarno è stato anche occasione di scoperta: sono stati infatti proiettati in anteprima in Svizzera due film italiani, "Alì ha gli occhi azzurri" di Claudio Giovannesi, con la fotografia di Daniele Ciprì, e "Bellas Mariposas" di Salvatore Mereu. La presenza marcata di giovani registi italiani è sicuramente un segno di riapertura del Festival nei confronti del cinema italiano, che è sempre stato ben accolto sin dalle prime edizioni, ma che non ha trovato grande spazio nelle ultime.

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