A Gabriele Salvatores

Gabriele Salvatores

 

Solo quando ti perdi puoi scoprire qualcosa di nuovo

(G. Salvatores – Denti)

Gabriele Salvatores si è distinto nella sua carriera per il suo eclettismo che gli ha permesso di realizzare film di generi diversi in tutta la sua carriera. Risale infatti al 1983 il suo esordio dietro la macchina da presa con la trasposizione cinematografica di Sogno di una notte di mezza estate che vede tra gli interpreti i giovani Luca Barbareschi e Claudio Bisio e  la cantante Gianna Nannini, ma la prima opera  che mette in mostra le doti del regista napoletano è Kamikazen- Ultima notte a Milano del 1987 in cui viene descritta una metropoli alternativa negli anni dell’illusorio splendore della Milano da bere, con la vicenda di sei giovani comici convinti a recitare da un agente sul lastrico che gli ventila la possibilità di un  ingaggio per il Drive In, nota trasmissione comica dell’ epoca. L’ opera porta sullo schermo una serie di vicissitudini personali dei diversi protagonisti che consacrano Salvatores come attento osservatore della realtà che lo circonda. L’ opera rappresenta l’ esordio assoluto per Silvio Orlando ed Antonio Catania,  spalleggiati da Claudio Bisio e Bebo Storti, già presenti in Sogno di una notte di mezza estate oltre ad altri interpreti del mondo del cabaret milanese come Paolo Rossi, Aldo Baglio, Giovanni Storti, Valerio Staffelli, Raul Cremona e David Riondino. Si segnala inoltre la presenza di Mara Venier e la comparsata di Diego Abatantuono che dopo essere stato scoperto da Pupi Avati come attore drammatico in Regalo di Natale, diventerà una presenza fissa nelle opere di Salvatores. Il successo arriva nel 1989 con Marrakech express, prima opera della cosiddetta “trilogia della fuga”. L’ opera vede la presenza di Fabrizio Bentivoglio, Ugo Conti, Giuseppe Cederna e Diego Abatantuono ed è  caratterizzato da un nostalgico recupero delle origini e del significato del nostro passato scappando per un certo periodo di tempo dalla nostra quotidianità. L’ opera ha il merito di rivolgersi a una generazione in balia di un mondo che sta cambiando e l’ idea di Fabrizio, personaggio interpretato da Bentivoglio, è quella di creare un nuovo momento di unione dei vecchi amici. Il viaggio renderà meno cinico il personaggio di Ponchia, venditore di auto usate senza scrupoli che ritroverà il significato dell’ amicizia, ma paradossalmente renderà più disilluso Fabrizio che, partito con tanto entusiasmo, si renderà conto che anche loro sono cambiati insieme al mondo che li circonda e che senza accorgersene sono finiti in balia di tante abitudini che li hanno resi sempre più distanti. I rapporti che si  modificano con al centro un’ amicizia sempre salda sono presenti anche in Turnè del 1990, una sorta di menage a trois che rimanda nelle tematiche trattate a Jules e Jim di Francois Truffaut e vede come protagonisti ancora Fabrizio Bentivoglio e Diego Abatantuono oltre a Laura Morante. L’ opera è un vero e proprio elogio dell’ amicizia che rimane per sempre a discapito dei legami amorosi che vengono visti come molto più volubili ed indefiniti e pone un interrogativo di fondo su quanto possa essere opportuno nascondere la verità  per preservare un legame profondo o per preservare lo stato emotivo di una persona. Anche in questo film è presente il tema del viaggio e,  al di là delle citazioni e delle tematiche nostalgiche presenti anche in altre opere dell’ epoca come Compagni di scuola di Carlo Verdone o Italia-Germania 4-3 di Barzini, si può osservare come Salvatores tocca il lato più emotivo dei suoi coetanei, rappresentando l’eterna incompiutezza della sua generazione ed il desiderio di fuga in una realtà alternativa per ripartire da zero e provare a ricrearsi.  Questa tematica mette in comune anche Marrakech express e Mediterraneo visto che nel finale di questo film si vede il tenente Raffaele Montini tornare sull’ isola e trovare l’ attempato sergente Nicola Lorusso fuggito dopo essersi reso conto che le cose non potevano essere cambiate in Italia nonostante fosse caduto il fascismo. I tanti temi in comune possono portare a considerare Mediterraneo come una sorta di prequel di Marrakesch express e la presenza di alcune scene in entrambi i film, come quello della partita di calcio, fa capire come il regista immagina i momenti di unione e complicità tra i suoi protagonisti (non a caso infatti Salvatores ed i suoi “attori amici” erano soliti andare a giocare a calcio assieme) . In Mediterraneo il cineasta ha il merito di costruire una storia partendo dall’ individualità dei protagonisti e non dal momento storico, mostrando come dietro al dramma di ogni conflitto bellico vi sia un uomo con i suoi sogni e le sue speranze. Tra gli attori oltre alla grande prova di Abatantuono (che interpreta Lorusso) si distinguono anche Claudio Bigagli nel ruolo del tenente Montini e Giuseppe Cederna che interpreta l’attendente Farina.  Mediterraneo si è rivelato in generale un grandissimo successo con alcuni sketch memorabili e l’ opera è stata apprezzata anche oltre oceano tanto da conquistare il Premio Oscar come miglior film straniero nel 1992, venendo preferita a un capolavoro come Lanterne rosse di Zhang Ymou. Il successivo Puerto Escondido vede ancora come protagonisti Diego Abatantuoso e Claudio Bisio e si rifà alla storia di Claudio Conti e vede il protagonista affrontare diverse vicissitudini nella nuova località dopo essere fuggito dal suo ruolo di direttore di banca a Milano in seguito ad una serie di omicidi. Al di là delle singole storie ci si chiede da cosa i protagonisti dei film di Salvatores vogliano fuggire e la spiegazione viene data in Sud, opera del 1993 che vede come protagonista Silvio Orlando e che ha tra le altre cose la colonna sonora degli allora emergenti  99 Posse. Sud mette in mostra un paese corrotto in balia di uomini politici che pensano solo a mantenere il potere ed anche la disperata protesta dei disoccupati appare come un gesto disperato di fronte ad un paese allo sfascio. Le prime opere della carriera di Salvatores sono quindi un invito a non rinunciare ai propri sogni, ad ampliare i propri orizzonti ed ad essere artefici del proprio destino evitando ciò che viene considerato ingiusto o indissolubile. La generazione di Salvatores era reduce da delusioni politiche in un’ epoca in cui l’ individualismo sfrenato e l’ edonismo avevano superato gli ideali comunitari che puntavano ad un mondo diverso e migliore. Questi film vogliono invece comunicarci che se non è possibile cambiare il mondo almeno si può provare a cambiare la nostra realtà, tenendosi sempre aperti alla fuga e alla varietà del mondo che ci circonda. 

La fase successiva della carriera di Gabriele Salvatores lo vede sperimentarsi verso nuovi generi come avviene per Nirvana realizzato quattro anni dopo Sud. In quest’ opera il resista Premio Nobel si sperimenta nel genere fantascienza, utilizzando massicciamente effetti speciali generati al computer. Il film vede la presenza degli “aficionados” Silvio Orlando, Diego Abatantuono ed Antonio Catania oltre a Sergio Rubini ed al divo americano Christopher Lambert. L’ opera ha scatenato critiche discordanti sia per il fatto che si è trattato di uno dei primi film di fantascienza girati in Italia che per l’ importanza del tema trattato, ovvero l’esistenza di una vita all’ interno di un sistema informatico. Anche in questo caso Salvatores si dimostra al passo con i tempi visto che tratta un argomento estremamente di attualità all’ epoca, con lo sviluppo dei primi personal computer e di diversi modi di rapportarsi alla realtà. Al di là dell’  abilità del regista nei movimenti di macchina e dell’ utilizzo dei colori il film ha il merito di sperimentare un genere nuovo per il cinema italiano e il film, prodotto dallo stesso regista, è stato il maggior successo di incassi di tutta la sua carriera. Nel successivo Denti del 2000 Salvatores fa un ‘incursione nel genere grottesco psicanalitico narrando la vicenda di Antonio che, in seguito alla rottura dei suoi incisivi dopo una lite con la moglie, rielabora i traumi della sua esistenza. Nell’ opera si rivede Sergio Rubini come protagonista, oltre al ritorno di Fabrizio Bentivoglio e alla presenza di Paolo Villaggio. L’ opera Amnèsia del 2002 è invece un recupero dei temi trattati nei primi film con il ritorno all’ ambientazione in una località esotica (in questo caso Ibiza) e l’ incontro tra vecchi amici, utilizzando un miscuglio di generi tenuti insieme dal tema della tossicodipendenza e dello spaccio di sostanze stupefacenti che rappresenta il trait d’ union di un’ opera che presenta nel cast Diego Abatantuono, Ugo Conti e ancora Sergio Rubini. La vera svolta della carriera di Salvatores è però rappresentata dal successivo Io non ho paura, tratto dall’ omonimo best seller di Niccolò Ammaniti. Con questo fil  il regista trapiantato a MIlano esprime tutto il suo talento con ambientazioni fiabesche che esaltano la naturale bellezza dei luoghi, tanto da essere riconosciuto come opera di interesse culturale nazionale dalla direzione generale del cinema del ministero dei beni e delle attività culturali. Il film è un resoconto abbastanza fedele del libro e ha la sua forza nel mostrare come la solidarietà tra bambini possa essere espressione di valori moralmente buoni rispetto ad un  mondo adulto corrotto da malvagità ed interessi economici che portano a compiere azioni tremende. Molto interessante il tema della cecità, rappresentato negli sforzi di Michele nel ridare la vista a Filippo e nell’ azione finale del padre il quale, metaforicamente cieco in tutta la vicenda, uccide involontariamente il figlio rendendosi tragicamente conto dell’ errore quando l’omicidio è irrimediabilmente compiuto.  Il film vede la migliore interpretazione della di Abatantuono che vince il Nastro d’ argento come miglior attore non protagonista e lo stesso Salvatores viene premiato come miglior regista ed è degna di nota anche la colonna sonora di Ennio Morricone che dà ulteriormente lustro a questo vero e proprio capolavoro estetico. Il regista nato a Napoli non abbandona la sua voglia di sperimentare e nel 2005 realizza un film thriller con Quo vadis baby che si rifà all’ omonimo giallo di Grazia Verasani. L’ opera è tutta incentrata su Giorgia, solitaria investigatrice privata che si troverà a dover fare i conti con il suo passato dopo aver ricevuto una serie di vhs che riproponevano delle immagini della sorella deceduta undici anni prima. Per la prima volta Salvatores sceglie come protagonista un personaggio femminile narrando la vicenda dalla sua prospettiva mostrando diversi personaggi metropolitani soli e disillusi in una misteriosa Bologna dall’ atmosfera un po’ retrò. Il regista sceglie di rinunciare al suo gruppo di “autori amici” e racconta un giallo anomalo ricco di citazioni cinematografiche come il finale che mette in mostra le sequenze finali di M. il mostro di Dusseldorf di Fritz Lang o lo stesso titolo che si rifà a una battuta di Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi. Quo vadis  baby  può essere visto come una parentesi tra i due film che si rifanno ai libri di Niccolò Ammaniti perché nel 2008 Salvatores dirige la trasposizione cinematografica di Come Dio comanda, opera che ha al centro il rapporto viscerale tra Cristiano ed il padre Rino, operaio disoccupato con idee naziste che vive in un paese immaginario del nord-est. Se in Io non ho paura l’ elemento centrale erano i colori del paesaggio del sud Italia, Come Dio comanda è invece caratterizzato dal buio e dai colori cupi che rendono ulteriormente inquietante l’ intera vicenda. Salvatores sceglie di eliminare alcuni personaggi ed alcuni aspetti narrati da Ammaniti concentrandosi soprattutto sulla figura di Cristiano e di Quattro Formaggi, approfondendo meno i personaggi di Rino, di Trecca e di Fabiana  e sceglie di descrivere in modo dettagliato alcuni momenti del libro al fine di amplificare gli spunti di riflessione sull’ assurdità dell’ intera vicenda e sullo scarso valore della vita umana di fronte ad affetti e perversioni indistruttibili. Il film successivo ha invece un registro decisamente più leggero con la commedia Happy family  che si rifà a Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello e vede come protagonista nei panni del regista Fabio De Luigi (già presente in Come Dio comanda) ed il ritorno di Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio e Margherita Buy. L’ opera è una divertente linea di confine tra diversi piani di finzione con personaggi che rappresentano diversi vizi della natura umana che sono messi di fronte alla ferma volontà di sposarsi dei due figli sedicenni. Il film è un ritorno al teatro e rimanda al film di esordio Sogno di una notte di mezza estate e visto il brio e il ritmo con cui la vicenda viene narrata sembra di assistere all’ opera di un regista esordiente ricco di idee e di immaginazione. Con la naturalezza di una mente bipolare dopo la tragedia di Come Dio comanda Salvatores regala un film colorato ed allegro in cui prende in giro la poca concretezza della  propria generazione funestata da dubbi. L’ ultima opera in ordine temporale di Salvatores è Educazione siberiana, ambientato in un paese del sud della Russia funestato da conflitti etnici e differenti codici d’ onore. Al centro della storia ci sono dei bambini che, come in Io non ho paura, sono all’ interno di una realtà più grande di loro che li fa diventare grandi troppo in fretta. Dei quattro amici ognuno prenderà la sua strada a seconda delle diverse educazioni e delle diverse predisposizioni caratteriali con il povero Vitalic che, come Dominic in C’era una volta in America, viene sacrificato in nome della criminalità e i due protagonisti Kolima e Gagarin si troveranno inevitabilmente contrapposti di una storia senza né lieto fine né redenzione, conclusasi troppo in fretta come la crescita dei giovani ragazzi.

Gabriele Salvatores a quasi 64 anni mostra ancora una grandissima voglia di sperimentarsi e di creare cinema e sono proprio queste caratteristiche che l’ hanno reso uno dei registi italiani più conosciuti e titolati in Italia e all’ estero. Definito forse eccessivamente “il Kubrick italiano” per i diversi generi in cui si è addentrato, ha mostrato di saper adattare  le sue abilità registiche, dopo le accuse di ripetitività in seguito alla trilogia del viaggio che lo aveva consacrato. Il regista napoletano non ha quasi mai voluto rinunciare a diversi attori che sono stati tra gli artefici dei suoi successi cinematografici con cui ha creato un lungo connubio artistico che ha pochi eguali nella storia del cinema italiano. È legittimo auspicare che il suo percorso creativo ed innovativo regalerà altre opere di valore al cinema italiano.

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