A A proposito di Viola di mare

A proposito di Viola di mare

Si dice, forse con un po’ di retorica, che l’amore (vero) è più forte di qualsiasi cosa cerchi di distruggerlo o di opporsi. Si dice anche che l’amore può durare per sempre.

Un certo pessimismo relazionale, quel precariato emotivo tanto diffuso quanto quello lavorativo da cui (forse) nasce, suggerirebbero che non è così. Che tutto ciò non esiste, frutto soltanto di una reminiscenza romantico-cinematografica ormai fuori moda. Codardia.

Mancanza di coraggio, incapacità di mantenere viva una relazione anche e soprattutto quando qualcosa non va: non l’assurda ostinazione a tenere in piedi un palazzo senza più fondamenta (una causa persa che solo la tranquillità della routine impedisce di considerare tale) ma di quel rinunciare a lottare per ciò che lo merita, perché tanto le difficoltà vengono sempre fuori (Nick Hornby docet).

Viola di mare invece è una storia di amore vero. Difficile, travolgente, passionale, disperato, tormentato, osteggiato…o forse solo invidiato da chi non riesce ad amare in modo così sincero.

Angela ama/desidera Sara.

Sicilia, isola di Favignana, metà ‘800, all’epoca dello sbarco dei Mille. Angela capisce subito che è Sara la persona che vuole. Non si cura di ‘convenzioni’ maschiliste, regole, dell’inevitabile scandalo, delle sofferenze/conseguenze del suo essere ‘fuori dagli schemi’. Coraggiosa è dire poco, in un periodo storico e in una terra dove lo ‘sgarrare’ non era consentito, soprattutto per una donna.

“Meglio bottana che mezzo masculo”, urla il padre (un severo e strepitoso Ennio Fantastichini). Sfogo di chi voleva un erede maschio, ‘che una femmina è una vergogna peggio della morte’.

Non è difficile capire la complessità della situazione, anche oggi che, nell’essere tanto avanti, ancora ci si fa scrupoli di fronte ad una relazione omosessuale, perdendosi in assurdi discorsi che parlano di scelte…come se fosse così semplice.

Angela va oltre tutto ciò. La sua determinazione è tale che il padre capisce di non poterla ‘raddrizzare’ con i suo mezzi: alla fine è vero che (Allen e il suo Boris Yelnikoff non me ne vogliano) al cuor non si comanda. E allora l’idea di poter cambiare la realtà dei fatti, reclamando un presunto/fittizio/forzato errore di registrazione agli atti del battesimo, non è così assurda come sembra ed è. Fingere qualcosa che non è e non potrebbe essere se non fosse che, le sopracitate regole/convenzioni di una società patriarcale, lasciavano spazio per questa assurda ipocrisia. Ma se è l’unico modo di vivere questo amore, che sia così. Angela ne è convita e si presta al ‘gioco’ perché non può fare altrimenti, in una situazione da no way out; è proprio in questo atto così forte di ‘rinuncia’ alla propria femminilità che si esplicita la vera forza di un amore incondizionato.

Valeria Solarino è una splendida e mediterranea Angela dai capelli corvini, con tutta la determinazione di quel masculo che tanto il padre desiderava. Isabella Ragonese candida e innocente Sara, ‘vittima’ incolpevole non di un destino crudele ma di una società che fatica ad accettare qualcosa di ‘diverso’  (con tutte le remore del caso, il termine serve a rendere il concetto).

Donatella Maiorca, alle spalle un passato registico-televisivo di poco rilievo, realizza un film fortissimo, dimostrando di saper raccontare, pur con qualche (trascurabilissima) imperfezione, una storia difficile senza perdersi in eccessi retorica o facili sentimentalismi, trappola in cui è sempre facile cadere.

Splendida colonna sonora di Gianna Nannini che sui titoli di coda emoziona con la sua voce roca, vissuta e incredibilmente intensa. Sogno è il titolo della canzone: ci sarà qualcosa nei tuoi occhi viola, ci sarà qualcosa nella vita per cui valga la pena…

Decisamente si. E Viola di Mare, nel suo essere ‘solo’ un film, è una di queste cose.

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