Le 5 Leggende regia di Peter Ramsey
AnimazioneDa secoli i bambini sono protetti da guardiani leggendari: Babbo Natale (Nord), la Fata del Dentino, il Coniglio Pasquale (Calmoniglio) e l'Uomo dei Sogni (Sandman). Il loro compito è preservare i loro beneamati dalle grinfie dell'Uomo Nero (Pitch Black, "buio pesto"), tornato più forte che mai e deciso a portare una nuova era di paura. Sarà necessaria l'entrata di un quinto eroe per contrastarlo.
Walter Moers, nel suo romanzo "Rumo e i prodigi nell'oscurità" ha scritto: "...Ci sono prodigi che devono avvenire nell'oscurità". E' una conferma: in una notte c'è sempre qualcosa di magico, che sia la più silenziosa o la più movimentata, capace di catturare la nostra immaginazione e fantasia. E renderci capaci di credere o compiere piccoli e grandi miracoli. Le storie, le fiabe, le leggende fanno parte di questa grande scommessa; i prodigi sono coloro che decidono di ascoltarle, amarle, fino a credervi con la sincerità di un bambino. La prima opera di Peter Ramsey parte da qui, allacciandosi all'immaginazione dello scrittore (qui in veste di produttore esecutivo) William Joyce per rispondere alla domanda della figlia se mai Babbo Natale conoscesse il Coniglietto di Pasqua. Ne è nata una saga letteraria ed un film d'animazione targato Dreamworks che sembra finalmente in grado di rivaleggiare col gigante Pixar, macchina dei sogni campione di successi e incassi. Il filmato ripercorre temi che ultimamente vanno molto di moda nel cinema hollywoodiano: il filone supereroistico con personaggi introspettivi, costretti ad unire le forze con altri "colleghi" per far fronte ad un male maggiore. Insomma, Le 5 Leggende strizza l'occhio al blockbuster "The Avengers" e alle fiabe immortali conosciute dai bambini di quasi in tutto il mondo. Quasi sì, perchè la pellicola è da considerarsi anche un furbo fenomeno commerciale per promuovere personaggi folkloristici poco o per niente conosciuti in certi territori. Un po' come è successo per la festa di Halloween, che ha preso piede qui in Italia soprattutto grazie alle sale cinematografiche. La facciata di questo prodotto è ottima: stile, colori e fluidità digitale regalano veri momenti di stupore, qualche brivido e forte coinvolgimento per un pubblico variegato, permettendosi persino citazioni Spielberg-hiane d'effetto. Grande merito va anche allo zampino di Guillermo del Toro, la cui mano si può notare nello sviluppo di alcune ambientazioni, in primis quella oscura (e malinconia) di Pitch Black. Le ambientazioni sono favolose cornici per una narrazione lineare, ma non superficiale e capace di sorprendere; tradizione ed innovazione vengono coniugate con leggerezza. Peter Ramsey e lo sceneggiatore David Linsday-Abaire (drammaturgo da premio Pulitzer nel 2007) optano più su un cipiglio "serio" che comico (come invece era stato nel divertente "Il Figlio di Babbo Natale" della Aardman Animation), ma non per questo scadendo in un'epica tronfia o patetismi scontati, lasciando spazio anche a momenti di leggerezza e divertimento, il vero "centro" del film. I protagonisti sono ben riusciti a livello narrativo e visivo, lasciando allo spettatore più piccolo la magia della sorpresa e dell'entusiasmo, a quello adulto un compromesso di sospensione di credulità e un ritorno un po' nostalgico a quel mondo fatato. Il più rimaneggiato risulta essere proprio Babbo Natale, "bad boy" tatuato dalle origini russe e amante di Stravinskij. Il più curioso è invece Sandman, personaggio muto che si esprime tramite immagini di sabbia (cari amanti del fumetto di Neil Gaiman, dimenticatevi del look oscuro del vostro eroe preferito!). Il più divertente risulta il Coniglio di Pasqua, rivisitato con un look australiano. L'anima femminile della banda spetta invece alla Fata dei Dentini, che richiama all'elemento materno, non meno battagliero delle parti maschili. Tuttavia è su Jack Frost che effettivamente pende l'ago della bilancia della storia: piacerà soprattutto al pubblico adolescenziale nonostante rischi di risultare un personaggio un po' stereotipato a prima vista. Non a caso, è grazie a lui che vengono a galla gli elementi più importanti del film, tra cui il rapporto con un villain di tutto rispetto: l'Uomo Nero, Pitch Black. E' a tutti gli effetti il personaggio più interessante: è cattivo al punto giusto e desideroso, come ogni leggenda, di essere ricordato e creduto a modo suo: effettivamente, verrebbe da pensare che questo è il suo tempo! La malinconia e la tristezza che ne consegue sono efficaci, forse, purtroppo, sviluppate meno del necessario a favore del ruolo che gli spetta. I personaggi di contorno, come elfi, yeti e fatine sono deliziosi e sanno crearsi uno spazio nella memoria dello spettatore. Il cast originale che presta le voci ai personaggi è ben assortito ed efficace: Alec Baldwin nel ruolo di Babbo Natale; Hugh Jackman in quello del Coniglio di Pasqua (semplice e divertente coincidenza?); Isla Fisher interpreta la Fata dei Dentini, mentre Chris Pine spetta prestare la voce al neofita Jack Frost. Ad incrementare il fascino di Pitch Black è l'interpretazione di Jude Law. Note di merito anche per alcune trovate di montaggio, che trova nella gara dei dentini un frenetico ma pregevole apice. La colonna sonora Alexandre Desplat è un buon contorno che incrementa il pathos epico e patetico della vicenda con melodie, tuttavia, spesso non così orecchiabili. In breve... I 5 Guardiani di William Joyce approdano sul grande schermo per mano dell'esordiente ma capace Peter Ramsey con un lungometraggio più serio a cui la Dreamworks ci ha abituato. Ne risulta un prodotto commerciale di ottima fattura capace di coinvolgere un pubblico di tutte le età con uno stile visivo elegante ma non invadente ed una storia semplice e lineare ma non banale. L'uso del 3D è garbato e incentiva il risultato artistico. Colonne di Desplat all'altezza della situazione, ma non così memorabile. Che sia la svolta per la casa di produzione di papà Spielberg di acciuffare il livello artistico Pixar? Chissà... Cala la notte e le luci in sala si spengono: pronti a credere?
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