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R Recensione

10/10

Il Mago di Oz regia di Victor Fleming

Musicale
recensione di Gloria Paparella

In una vecchia fattoria del Kansas, la giovane Dorothy, sentendosi trascurata dai propri zii con i quali vive, sogna di trovarsi in un mondo incantato, oltre l’arcobaleno. Un tornado la condurrà nel magnifico mondo di Oz e, grazie all’aiuto di simpatici compagni di viaggio, la ragazzina riuscirà a raggiungere la Città di Smeraldo per chiedere al potente Mago di Oz di farla tornare a casa.

Affascinata dal primo dei quattordici Libri di Oz di L. Frank Baum, intitolato Il meraviglioso Mago di Oz, la Metro-Goldwyn-Mayer decise di comprarne i diritti e di farne un musical cinematografico; sebbene la prima scelta per il ruolo della piccola Dorothy fosse la celebre “Riccioli d’oro” Shirley Temple (in contratto con la Fox), lo studio si “accontentò” di scritturare la stellina Judy Garland su consiglio del produttore Marvin LeRoy. Solamente sedicenne ma con un’esperienza cinematografica ormai decennale alle spalle, la Garland era un’ottima attrice, ma anche un’eccellente ballerina e cantante dalla voce profonda ed intensa. Anche se il suo sviluppo fisico non era stato particolarmente precoce, le curve e le rotondità del suo corpo furono accuratamente celate (Baum non specificò nel suo libro l’età della protagonista, ma era chiaro che fosse più vicina a quella di una bambina che non ad una adolescente): Judy dovette indossare un apposito busto per farsi appiattire il seno e un modesto costume di rigatino (ne cambiò dieci in totale) e si fece arricciare i capelli. Nacque così l’immagine di Dorothy, la fanciulla che vive in Kansas insieme agli zii e al simpatico cagnolino combina guai Totò. Per fuggire alla noiosa realtà della fattoria, Dorothy sogna di poter raggiungere quel mondo fatato che sta là su “Over the Rainbow”, come ella canta deliziosamente, e il suo sogno finisce per avversarsi: quando un ciclone si abbatte sulla sua casa, la ragazzina batte la testa e si risveglia in un luogo totalmente diverso, tra folletti denominati Mastichini e fiori giganti. Una sorta di viaggio onirico, in cui il passaggio dalla realtà al sogno è caratterizzato dalla scelta particolarmente azzeccata di girare in seppia le scene realistiche del Kansas e in colori vivaci quelle fantastiche a Oz. Quando, terminato il ciclone, Dorothy apre la porta di casa per guardare la terra meravigliosa in cui è stata catapultata, l’effetto glorioso delle tinte pastello è davvero impressionante e il commento che la piccola rivolge al suo cagnolino è un capolavoro assoluto: “Totò, ho l’impressione che questo non sia più il Kansas”. Con in braccio Totò, la protagonista si avventura in quello strano paese nel quale incontra Glinda, La fata buona del Nord (Billie Burke) che la mette in guardia dall’odiosa Cattiva strega dell’est, la quale poi sarebbe Miss Gulch (Margaret Hamilton), la vicina di casa in Kansas, zitella senza cuore. Seguendo la Strada di Mattoni Gialli con le magiche scarpette rosse, Dorothy raggiungerà la Città di Smeraldo e il Mago di Oz (Frank Morgan), l’unico che può farla tornare a casa. Ad accompagnarla ci saranno lo Spaventapasseri (Ray Bolger), che vuole chiedere al Mago un cervello, l’Uomo di latta (Jack Haley), che vuole un cuore, e il Leone Pauroso (Bert Lahr) che vuole un po’ di coraggio. I quattro vivranno incredibili avventure, affronteranno le insidie della Strega cattiva e Dorothy riuscirà a tornare nel Kansas, esclamando: “Non c’è posto più bello della propria casa”.

Il film, firmato Victor Fleming, il quale dovette però abbandonare per dirigere Via col vento (1939), fu girato in gran parte da Richard Thorpe, sostituito poi da George Cukor e quest’ultimo dallo stesso Fleming, mentre King Vidor curò l’epilogo e il prologo in bianco e nero. Nonostante i tanti problemi riscontrati nella fase di pre-produzione (le diverse ore di trucco per trasformare gli attori in creature fantastiche e le perplessità circa l’aspetto eccessivamente “maturo” di Judy Garland), il risultato artistico fu notevole. Oltre alla leggendaria “Over the Rainbow” (eliminata ben due volte dalla colonna sonora, ma reintrodotta per via delle proteste degli autori), si ascoltano altre canzoni affascinanti e graziose come “Ding-Dong! The Witch Is Dead” e “We’re Off to See the Wizard”. Il successo di questo film capolavoro si deve soprattutto alla Dorothy di Judy Garland: la sua sincerità, la sua simpatia e la capacità di esprimere un fascino gentile (quando rimprovera affettuosamente il Leone perché fa “tante storie”) sono qualità uniche, apprezzate dallo spettatore di qualsiasi età. Per questa sua interpretazione le fu assegnato l’Oscar giovanile nel 1940 e le si aprì un decennio di attività artistica come primadonna musicale delle MgM. Il Mago di Oz rimane il più grande successo della sua carriera (insieme a È nata una stella del 1954) e il film che l’ha resa di fatto una diva; “Over the Rainbow” fu la canzone della sua vita, il suo tema personale dal quale non riuscì a liberarsi, e divenne fatalmente il suo epitaffio quando l’attrice morì prematuramente nel 1969. Il film, che riesce a trasportare lo spettatore in questo mondo fantastico e colorato, è un “sempreverde”, un’opera che non invecchierà mai, un capolavoro intramontabile.

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