La La Land regia di Damien Chazelle
MusicalMia (Emma Stone) e Sebastian (Ryan Gosling) sono due "aspiranti" di Los Angeles: lei, giovane, vuole fare l'attrice, lui, qualche anno in più di lei, opta per il suo bar di Jazz. Si incontrano a feste e rendez-vous casuali finché non iniziano una relazione. Ma non avere ben chiaro come si metterà il futuro non aiuta, anche se c'è l'amore di mezzo.
Manca il brio delle persone, ma non dei luoghi.
Difficile sciogliere il nodo La La Land, ma la sequenza iniziale sembra un perfetto resumé di tutti i problemi del film: canzoni alla Glee o da recita scolastica, di nessuno spessore e neanche grande orecchiabilità, e nello specifico della scena: ballerini che non sono ballerini (anche perchè in un traffico di Los Angeles, dove si svolge il primo piece, non si possono trovare solo ballerini, ed è gia strano che ci sia solo gente di meno 30 anni). Va aggiunta molta ma molta melassa da rassegnazione e un audio bislacco (la musica è principale, ma in sottofondo rispetto ai rumori, aumentando così l'effetto "registrazione") più il dubbio impassabile che tutto il film sia costruito solo per i 10 minuti conclusivi, come certe partite.
Il feeling Old Hollywood, pur se la storia è attuale, è amplificato quando non esasperato da vari tocchi piacevoli (vestiario, trucco leggero, sopracciglioni, movenze) ma da altri forzati come ad esempio la musica diegetica (persino quella) anni 30-40 che si ascolta in sottofondo nel bar del lotto Paramount dove lavora Mia, la protagonista, attrice mancata ma ancora in lotta e momentaneamente barista, trasmettondo un mood che suona un po' farlocco. Anche la famosa attrice che incontra -solo di spalle- nella primissima scena è in evidente modalita Old Hollywood: Il suo fidanzato Greg poi, porta un capello cotonato alla Elvis e giacchette da Beach Boys. Anche lui come chiunque non sia Seb o Mia è inquadrato lontano, o sfocato o a luci basse.
Nel suo primissimo provino notiamo subito che Mia, impegnata in un vero tour de force recitativo, è bravissima (il che spiega anche il finale), però viene scartata senza troppe fanfare, da questo e da tutti gli altri provini: Chazelle forse lo fa involontariamente (La La Land non è certo un film da grandi introspezioni, è più un Tutti dicono I love you con più successo), ma sembra voler far capire che Mia è brava ma non è spinta da nessun sacro fuoco, fuoco che probabilmente c'era un tempo, ma le si è spento in anni di capuccini e casting call non riuscite col buco, e per questo “spegnimento” non viene mai presa.
Entri quindi Sebastian, che come qualche -a dir la verita uno solo- critico ha sottolineato è il "manic pixie man" di Mia. Il "manic " è quell'oggetto del desiderio filmico la cui funzione è quella di risvegliare il nostro protagonista dalla sua apatia e ritrovare la retta via: vedi Kirsten Dunst in Elizabethtown o Natalie Portman in Garden State. Ma ce ne sono mille altri, di solito appunto donne. Non in questo caso.
A dire il vero anche Seb avrebbe bisogno di un risveglio morale, dato che il suo obiettivo è persino meno attuabile di quello di Mia: Seb vuole, infatti, aprire un locale jazz a Los Angeles. Per ora lavora da poco in un ristorante che sembra in tutto e per tutto un tipico covo jazz (luci basse, atmosfera intima) ma dove anche solo accennare musiche jezzate equivale al licenziamento (!) dal cattivo di fiducia di Chazelle, ovvero J.K Simmons -con il regista arrivato pure all'oscar con Whiplash - che preferisce riedizioni basiche di Jingle Bells (così basiche che perché mai prendere un pianista? basta un cd!).
L'incontro definitivo tra i due avviene ad una festa, che si conclude con una serenata carina e ben settata (i luoghi scelti di Los Angeles sono la cosa migliore di tutto il film) ma nè Gosling nè Stone sono i pretendenti al primo posto per le voci da tenere sott'occhio nel 2017, e a quanto pare questo può portare dei problemi per un musical di due ore in cui cantano più d'un pezzo (e ahimè, ballano).
La La Land non si vergogna, spudoratamente, di mostrare il suo amore per il jazz con tanto di scena in cui Seb insiste per una rieducazione jazzistica ad una Mia che pensa che Kenny sia un musicista jazz, senza dimenticare quando il ragazzo chiede a sua sorella (Rosemarie de Witt) che vuole organizzargli un appuntamento al buio con una sua amica se "questa ragazza ama il jazz, sennò di che parleremmo?"
E' strano dirlo, ma Sebastian e Mia più che amare la passione che vorrebbero far diventare la loro professione, la subiscono, e nel peggiore dei modi. E strano a dirlo ancora, ma Los Angeles invece che terra illusoria é davvero il personaggio più charming, con i continui richiami a set che sono anche luoghi reali e che scaturano più interesse delle sorti di chicchessia.
Ma al di là di tutto, con due protagonisti che si sono messi così in gioco (lei più profonda, lui più sintetico) anche se con una sintonia più amichevole che altro (e vabbè, tanto il primo bacio avviene dopo la prima ora) la regia e la sceneggiatura dovevano e poteva fare di più. Manca *davvero* il brio delle persone, non quello dei luoghi.
John Legend in una parte stile se stesso non sfigura, ed ha anche le battute migliori! Il suo discorso su come il purismo di Sebastian non sia per niente "rivoluzionario", quando Sebastian è tentennante di fronte all'idea di far parte della sua band perchè troppo poco "Jazz", è una delle poche constatazione non da vittima di tutta l'epopea.
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