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7/10

Non-Fiction Diary regia di Yoon-suk Jung

Documentario
recensione di Arthur Vianey

 

Basandosi sul caso criminale del Clan Chijon, Jung ci impegna in un film che si interroga  su questioni politiche come il funzionamento di uno Stato e di ordine giuridico e morale, quali la pena di morte e la religione.

 Traduzione dal francese di Chiara Poy (chiara_poy@hotmail.it)

Inizialmente, abbiamo l’impressione che si tratti di un’esame del caso Clan Chijon che ha scosso la Corea del Sud nel 1995, ma realizziamo immediatamente, che questo non è che il punto di partenza di questo lungometraggio.

Non-fiction Diary ha un approccio serio, un po’ critico, alla storia coreana recente, mostrandoci il ritratto di una società nel pieno della sua trasformazione all’inizio degli anni 90.

Dopo la caduta del Presidente Chun Doo-Hwan nel 1998, la Corea si apre alla democrazia e ne rimane sconvolta. I coreani non sanno come prendere in mano la situazione e cadono presto in uno stato di caos che cercano di camuffare con un’aggressiva modernizzazione industriale del paese.

Sotto questo punto di vista, gli anni 90 sono stati testimoni di numerosi incidenti che hanno turbato e lasciato il segno nell’opinione pubblica.

 

Jung sceglie di studiare l’impatto sociale di tre avvenimenti che ruotavano intorno all’industralizzazione rapida di questo paese a seguito dalla caduta della dittatura.

Abbiamo inizialmente,  il caso criminale del Clan Chijon; un gruppo di sette membri che commettono una serie di cinque omicidi insondabili con il fine di esprimere l’odio nei confonti dei ricchi, i suoi membri sono stati condannati a morte a distanza di un anno dal loro arresto, poi avviene il crollo di due costruzioni principali (il ponte Seongsu e il centro commerciale di Sampoong). Al fine di rispondere ai bisogni economici che attraversano il paese, il centro commerciale è stato costruito in fretta. Il suo crollo è costato la vita a 600 persone, e i suoi proprietari sono stati condannati alla galera. Infine, Jung affronta la condizione di indebitamento che ha inflitto la crisi del FMI ai Coreani.

Lo sforzo di analisi intrapreso nella realizzazione di questo documentario lo rende sia unico che intrigante. In effetti, il regista non si accontenta di raccontare i fatti, ma ci coinvolge in un’analisi seria, in questi momenti complessi della società coreana contemporanea.

Perché i membri del Clan Chijon sono stati condannati a morte, mentre i leader al vertice ( e colpevoli) della morte di migliaia di innocenti, come l’anziano presidente Chun Doo-Hwan, non subirono punizione alcuna? Si deve abolire la pena di morte dalla costituzione coreana?

 

Con tutte queste domande sul crimine, il potere e la punizione, Jung fabbrica per noi un documentario che rimette in questione in funzionamento del governo coreano attuale.

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