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7/10

Tokyo-Ga regia di Wim Wenders

Documentario
recensione di Massimiliano Scordamaglia

Il viaggio, il ricordo, l'omaggio di Wim Wenders a Yasujiro Ozu, il grande Maestro del cinema giapponese scomparso nel 1963 il giorno del suo 60esimo compleanno.

Un percorso attraverso le immagini e le strade di Tokyo, citta' palcoscenico delle tante vicende umane portate sullo schermo dal regista in un confronto tra presente e passato di un mondo e di un modo di fare cinema da non dimenticare.

"Se nel nostro secolo ci fossero ancora delle cose sacre, se esistesse qualcosa come il sacro tesoro del cinema, per me questo sarebbe l’opera del regista giapponese Yasujiro Ozu."

Avessi scritto di questo film 20 anni fa, avrei cercato parole per lo stupefacente e colorato dinamismo di Tokyo, parlandone oggi mi trovo invece tra le mani voci rare e preziose su Ozu, il regista, il Maestro, colui che ha destrutturato, sintetizzato il cinema al punto di affermare senza smentita che la vita e’ come i suoi film, non viceversa.

Ozu, un artista nella tradizione di un popolo che sa cogliere nella sintesi la piu’ alta forma di eleganza, colui che e’ andato oltre l’idea di purezza attraverso la riduzione ai minimi termini del segno, espandendo nuovamente quel segno ormai depurato offrendo cosi’ la piu’ chiara e luminosa delle rappresentazioni senza alcun intervento o modificazione esterna.

Ogni pellicola fu un passo verso questa direzione riuscendo all’ultimo ad usare posizioni fisse della sola 50 mm per storie commoventi nella loro grandiosa semplicita’ .

Restando sul film, si diceva dei diversi livelli di lettura che non nascono dal merito di Wenders nel creare un percorso organico tra citta’ e il grande regista, quanto e’ proprio l’idea confusa e improvvisata a separare bruscamente le due anime del film, Tokyo e Ozu.

Mancando questa unione si puo’ per paradosso allargare il ventaglio dei possibili spettatori e se i 25 anni dall’uscita del film mostrano una Tokyo suggestiva ma ormai superata, ne passassero’ 250 ma il ricordo di Ozu resta un commovente omaggio al regista piu’ importante di tutti i tempi.

Wenders in tutto questo centra molto poco perche’ i momenti piu’ belli li offre la citta’ e i ricordi sul grande Maestro, ricordi del suo attore feticcio Chishu Ryu, protagonista praticamente dell’intera filmografia di Ozu e gli sguardi di Yuharu Atsuta, suo operatore prima e direttore della fotografia poi, un lungo percorso di vita in comune che le parole non sanno descrivere ma le sue lacrime, le piu’ sincere che abbia mai veduto, si.

Gli unici meriti di Wenders vanno riconosciuti quindi nell’idea e non altro ma posso ugualmente credere all’intento di rendere omaggio a un uomo, Ozu che ha apprezzato e compreso, un esempio, un bisogno, un modello, una delle poche verita’ del cinema.

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