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8/10

Une jeune fille de 90 ans regia di Valeria Bruni Tedeschi

Documentario
recensione di Maria Vittoria Novati

Presso il reparto geriatrico dell'ospedale Charles Foix d'Ivry, Thierry Thieu Niang, coreografo di fama internazionale, conduce un laboratorio di danza con pazienti malati di Alzheimer. Attraverso la danza le vite s'incontrano, i ricordi affiorano pieni di rimpianti, di amarezza, di accessi di gioia e solitudine. Blanche Moreau ha 92 anni. Durante le riprese si è innamorata del coreografo Thierry.

È possibile amare fino alla fine dei propri giorni? Nonostante una malattia che corrode la maggior parte dei ricordi, la maggior parte di noi stessi? Sembrerebbe proprio di sì. Questo vuole dirci il toccante documentario di Valeria Bruni Tedeschi e Yann Coridian, Une jeune fille de 90 ans. Thierry Thieu Niang, coreografo di fama internazionale, conduce un laboratorio di danza con pazienti malati di Alzheimer presso il reparto geriatrico dell'ospedale Charles Foix d'Ivry. I gesti che il sapiente coreografo franco-vietnamita compie con i malati offrono alle inquadrature della Tedeschi una grazia ed eleganza tali che ci dimentichiamo della malattia di cui soffrono, e ci appaiono quasi semplicemente come persone anziane. Le conversazioni che Thierry intrattiene con i pazienti ci mostrano una persona di estrema sensibilità, in grado di tirar loro fuori gli aspetti più reconditi e segreti del loro animo. Ad una di queste pazienti, la novantaduenne Blanche Moreau, avviene qualcosa di incredibile nel corso delle riprese: si innamora del coreografo. Non si tratta tuttavia di un amore adulto, controllato: proprio perchè la malattia riporta talvolta agli stadi più infantili della nostra memoria, l'amore di Blanche per Thierry appare puro e innocente, fatto di sguardi e sospiri, ma anche di vanità tutta femminile ("le altre sono invidiose, perchè io sono bella e sto vicino a te", dirà Blanche ad un certo punto) e anche di solidarietà tra compagne (una di loro, dopo qualche esercizio con Thierry, gli dirà proprio di andare da Blanche). Tutto ciò, nonostante la gravità  della situazione, appare leggero e commovente. La maggior parte degli spettatori in sala rideva e credo che questo fosse l'obiettivo più difficile da raggiungere per questo progetto. Sarebbe estremamente difficile infatti, in un'operazione del genere, non cadere nel patetismo e nella facile compassione. Ciò però non avviene, e anzi il documentario funziona proprio in virtù del fatto che, nel corso della narrazione, ci si dimentica della malattia d'Alzheimer per essere completamente assorbiti dalla malattia d'amore che ha colpito Blanche.

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marvi 8/10

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