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8/10

20 Feet From Stardom regia di Morgan Neville

Documentario
recensione di Maria Eleonora C.Mollard

Il documentario di Morgan Neville omaggia ed esplora il mondo delle backup singers, rivisitando la storia del pop-rock attraverso le dichiarazioni delle voci marginali quanto essenziali della musica.

"and the colored girls sing/doo, da-doo, da-doo, doo doo doo doo...

Uno dei famosi versi di Lou Reed apre il film, colpendoci subito con il significato del lavoro di Neville: la musica vista dagli occhi delle donne che hanno dato sostanza a molti dei pezzi che abbiamo amato e cantato. Nel carosello di novanta minuti ne incontriamo alcune come: Darlene Love, Mary Clayton, Lisa Fisher, Judith Hill, Janice Pendarvis, Lynn Mabris, Cindy Mizelle, Charlotte Crossley, e gli artisti con cui hanno lavorato vanno da Sting a David Bowie, dai Blondie a David Byrne, passando per Ray Charles e gli Steely Dan, tanto per citarne alcuni. In un panorama di background singers bianche, le Blossoms con Darlene Love, furono un vero e proprio punto di rottura e ispirazione per le giovani afroamericane cresciute nei cori della Chiesa. Spodestate quelle che loro definivano readers, relegandole in una classe inferiore alla loro, ossia le singers, le Blossoms s'imposero sul finire degli anni '50 e l'inizio dei '60 - da ricordare che in quegli anni spopolavano gruppi come le Shangri-Las -, ridefinendo il sound per gli artisti - vedi Rolling Stones - che cercavano un suono più " blacker", più vicino al rhythm-and-blues. Se Walk on the wild side è un incipit appropriato, il regista c'impedisce di ridurre le tantissime protagoniste a "colored girls sing", con sapienza e semplicità ridà loro dignità, tramite curiosi aneddoti sconosciuti al grande pubblico intervallati dai contributi degli artisti come Mick Jagger - a quanto pare porterà a Broadway 20 feet -, o Bruce Springsteen. Merry Clayton racconta del suo lavoro su Gimme Shelter: accettò la chiamata nel cuore della notte nonostante fosse incinta e perplessa dal testo che le si presentava davanti; cantò in Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrds un vero e proprio inno al Sud in tutte le sue accezioni, dimostrando quanto la voce di un'afroamericana in una simile canzone poteva cambiarne lo stesso significato. Darlene Love che si ritrovò privata dei crediti nella hit Christmas (Baby Please Come Home), attribuiti alle Crystals. In tutto questo non ci sono solo implicazioni razziali e politiche - accentuate dal contesto sociale dell'epoca -, ma la voglia di successo di queste donne, la passione spesso non paga e come ha detto Bruce durante l'intervista "The walk to the front is complicated". Non tutte hanno avuta una carriera solista e, non tutte sono state introdotte alla Rock and Roll Hall of Fame come Darlene Love o hanno vinto un Grammy come Lisa Fischer. Morgan Neville, veterano dei documentari musicali, sia come regista che come produttore, ci fornisce di un nuovo modo - e di una buona scusa - per riascoltare i pezzi che hanno contraddistinto la nostra vita come Gimme Shelter e Young American. La voce, non c'è spazio per i tecnicismi, il potere della voce, delle voci che ci accompagnano da generazioni e qui trovano finalmente il giusto merito, un volto, tra poesia, ironia e il puro e semplice piacere di riunirsi e cantare o, come scrisse Pete Townshend sul Melody Maker nel 1970: " C'è una nota musicale, che in qualche modo forma la base dell'esistenza. Questa nota pervade tutto, più un sibilo che una nota normale come la conosciamo. Puoi sempre sentirlo... è straordinario pensare a un qualsiasi terreno comune tra tutti gli uomini..."

Speriamo che questa nota venga colta anche dall'Academy la notte del 2 marzo.

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