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7/10

Nach Wriezen regia di Daniel Abma

Documentario
recensione di Giulia Bramati

Marcel, Imo e Jano sono appena usciti dal carcere dopo un periodo di detenzione. Hanno la possibilità di ricostruirsi una nuova vita, ma ben presto si presentano numerosi ostacoli.

Il problema della detenzione carceraria è uno dei temi d'attualità più difficili da affrontare al giorno d'oggi. In una società moderna, il carcere dovrebbe essere un luogo di rieducazione, dove chi ha commesso un crimine sconta una pena, imparando a correggere gli errori che lo hanno portato dietro le sbarre. Nel carcere di Wriezen, l'80% dei detenuti che sono stati rilasciati tornano in carcere entro un anno. Quando il filmmaker Daniel Abma è venuto a conoscenza di questo dato, incredulo ha deciso di verificare la questione seguendo tre giovani ragazzi appena usciti dal carcere.

Marcel, Imo e Jano hanno conosciuto la detenzione e sono intenzionati a cambiare il corso della loro vita: i loro principali obiettivi sono trovare un lavoro e formarsi una famiglia. Abma ha seguito le vite di questi ragazzi per tre anni, accompagnandoli nelle loro vittorie e nelle loro sconfitte.

Nella prima parte del documentario, è evidente l'ottimismo del regista, che interviene in modo diretto facendo domande ai protagonisti: Abma mostra i giovani pronti a rifarsi una vita, desiderosi di un riscatto e felici di poter avere una seconda opportunità. Sin dall'inizio Marcel si trova a dover parlare davanti alla telecamera dell'omicidio che ha compiuto quando aveva diciotto anni insieme ad un gruppo di neonazisti; lo sostiene la fidanzata, una ragazza ingenua, che è riuscita ad accettare il passato di Marcel. Il ragazzo ammette di essere cambiato, di aver capito che cosa voglia dire uccidere, perchè “non si può sostituire una vita umana”.

Gli altri due protagonisti del film, Imo e Jano, trasmettono allo spettatore la difficoltà di riuscire a ottenere fiducia una volta usciti dal carcere, soprattutto quando si cerca un lavoro o si cerca di instaurare una relazione. Nel corso del documentario, sembra che anche questi ostacoli vengano superati: Imo trova un lavoro stabile e Jano trova una ragazza con cui costruire un futuro.

A questo punto, Abma si illude di poter smentire il dato che il carcere di Wriezen gli aveva offerto, dimostrando che ci sono possibilità di cambiamento, ottenute grazie al pentimento e alla rieducazione, ma ben presto deve ricredersi: Jano, che è appena diventato padre, ricomincia a vivere nell'illegalità spacciando droga e mettendo in pericolo le vite della moglie e della figlia. Il ragazzo confessa di non essere spaventato all'idea di avere a che fare con la giustizia, perchè “una volta che sei stato dentro, non temi più la polizia”.

Anche Imo va incontro a nuovi problemi: la sua ragazza è rimasta incinta ed entrambi hanno bisogno di aiuto dai servizi sociali, ma Imo non riesce a controllare le sue reazioni e litiga ferocemente con l'assistente sociale, provocando la fine di ogni possibilità di riscatto per la sua famiglia. Non appena nata, la sua bambina viene infatti affidata ad un'altra famiglia.

Marcel, che inizialmente sembrava aver compreso la gravità dell'omicidio che ha compiuto, alla fine del documentario ammette di poter essere capace di rifare lo stesso errore se qualcuno dovesse far del male alla bambina che ha appena avuto con la sua ragazza.

Abma, insomma, mostra che questi ragazzi non sono riusciti a cambiare la propria vita e non hanno capito la gravità di ciò che hanno commesso. La totale disillusione si verifica nel momento in cui Jano viene nuovamente arrestato per spaccio.

Il periodo di detenzione che i tre giovani hanno vissuto non è stato efficace e sufficiente per il loro cambiamento: il problema non è, evidentemente, la durata della pena, ma l'incapacità del carcere di insegnare ai detenuti delle alternative di vita, di offrire delle possibilità di reintroduzione al mondo del lavoro, di far conoscere e riscoprire valori ed etica. Sorge spontaneo un parallelo tra “Nach Wriezen” e l'ultimo capolavoro dei fratelli TavianiCesare deve morire”, documentario che si propone di dimostrare quanto la cultura possa essere importante nelle carceri: in quel caso, è il teatro a salvare i detenuti, facendo fuoriuscire la parte migliore di loro stessi. Manca, dunque, nel carcere di Wriezen – e in gran parte delle carceri europee - un'attenzione nei confronti di queste persone, che per poter avere una seconda opportunità hanno bisogno dell'aiuto di educatori e psicologi per un lavoro interiore. Non si può permettere che i detenuti sviluppino sentimenti di indifferenza e di odio nel periodo di permanenza nelle carceri, è necessario accompagnarli verso una possibilità di cambiamento e di speranza, dando loro gli strumenti necessari per intraprendere una nuova strada.

Nel documentario, Abma si limita a mostrare quello che è successo nel corso dei tre anni senza intervenire, senza far trasparire un giudizio e senza inserire una voice over di commento. Il regista non impone il suo punto di vista per lasciare lo spettatore libero da ogni condizionamento.

Nach Wriezen” non si presenta come film di denuncia: si prefigge come unico obiettivo quello di raccontare la storia di questi giovani ex detenuti in modo intimo e semplice. Il contenuto prevale sulla forma: Abma si concentra sulle parole dei protagonisti, trascurando talvolta la fotografia, che non sempre è ben riuscita.

Il documentario è stato presentato alla 31^ edizione del Bergamo Film Meeting, dove partecipa alla sezione documentaristica “Visti da Vicino”.

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