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9/10

One More Time With Feeling regia di Andrew Dominik

Documentario
recensione di Irene Coluccia

L'incubazione e la nascita dell'ultimo disco di Nick Cave & the Bad Seeds, personalità centrale della new wave e del cantautorato contemporaneo, alla luce della perdita del figlio quindicenne del frontman australiano.

Un film, a mio parere, per riuscire, deve sempre partire da una necessità. Estetica, narrativa, ideologica, non importa, ma l'uso del mezzo filmico, ad oggi deve essere necessariamente teso all'oltre del cinema. Se a tutto questo vi si aggiungono i brani di una delle menti più rivoluzionarie della musica contemporanea e un giovane regista fortemente legato a queste musiche e attentissimo ad un'estetica sobria, elegante, precisa, quello che avremo sarà  l'acclamatissimo film evento One More Time With Feelings, diretto da Andrew Dominik e incentrato sulla lavorazione dell'ultimo disco di Nick Cave and the Bad Seeds. Il film, girato in 3d, (quasi) interamente in bianco e nero parte con una riflessione: le parti non dedicata alla musica devono apparire autentiche, ma, naturalmente, per esigenze tecniche spesso vanno ripetute. Ed è da qui che si dipana il secondo, centrale pilastro del film: l'elaborazione di un lutto, quello della morte del figlio quindicenne di Nick, Arthur. Si tratta di un lutto non esplicitato, fino alle scene finali, che aleggia come un presagio in tutto il film, nelle canzoni, nelle espressioni estremamente autentiche del cantautore australiano e dei suoi familiari, amici, musicisti. Un lutto e un dolore composto, come un quadro, il quadro che ritrae Nick e Suzanne. Lo stesso Cave dirà "qualche anno fa non mi sarei mai fatto riprendere". Cosa ci stanno raccontando allora il regista e gli addetti operatori, perennemente attorno al cantante? Di un'elaborazione, appunto, non solo luttuosa, ma profetica, come da sempre è la scrittura di Cave, e la nascita di un disco, Skeleton Tree. A dire della stessa moglie dell'artista, infatti, la scrittura di Nick Cave funge da "canarino nella miniera", narrando il presente raccontando un futuro post-apocalittico. La riflessione estetica del film è chiara: il tempo, le parole, tutto è estremamente fisso e, al contempo, tutto estremamente elastico. I brani possono essere ripresi, riprovati, ma la loro forza non diminuisce, anzi si è continuamente alla ricerca di un picco, a mio parere raggiunto con la ripresa circolare di "Jesus Alone". Il tempo è un cerchio, il tempo è elastico, Cave non fa che ricordarcelo, insieme a un pensiero di morettiana memoria "Le parole sono importanti". Sì, ma le parole non sono tutto. La potenza linguistica di un cantautore estremamente vigile circa i testi viene meno con il grande lutto che lo segna, rafforzando la sua arte. Il cerchio prosegue, si stringe attorno alla figura di Cave, che appare quasi uno sciamano del dolore (viene naturale il paragone con l'immenso album postumo di David Bowie, Blackstar), mentre il fido polistrumentista e amico Warren Ellis appare come uno spirito benevolo e onnipresente. I riferimenti a un certo cinema russo della contemporaneità sono molteplici (Sokurov, Tarkovskij) , eppure One More Time With Feeling risulta essere un prodotto senza patria nè tempo, capace di evocare i demoni di tutti noi. Il cerchio non si chiude, semplicemente si va alla ricerca di una nuova autenticità, con il brano dei titoli di coda, cantato da Earl, fratello gemello di Arthur, grazie al quale il dolore non viene superato, ma certamente diviene così amaro da giungere al sublime.

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ANTONIO59 (ha votato 10 questo film) alle 10:53 del 6 ottobre 2016 ha scritto:

Sempre più brava!