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R Recensione

8/10

Un cuore in inverno regia di Claude Sautet

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

L'amore di Camille per Stéphane. L'incapacità  di Stéphane di accettare questo amore e di maturare in esso.

Visto la prima volta a 15 anni, appena uscito in videocassetta, il film mi aveva scosso profondamente, facendomi identificare nel protagonista maschile, Stéphane, incapace di ricambiare l'amore di una donna, che é da lui profondamente affascinata. Rivisto dopo quasi venticinque anni, mi accorgo come il film sia molto ben costruito sia in termini di fotografia che di sceneggiatura. Un triangolo amoroso é al centro delle vicende narrate: Stephane (Daniel Autueil) e Maxime (André Dussolier) gestiscono da anni un atelier specializzato nella manutenzione e nella fabbricazione di violini , venendo in contatto con musicisti e manager musicali che vivono o passano per Parigi. Stephane e Maxime sono partner nell'azienda, ma sono anche amici o almeno cosìpare. Tra i tanti musicisti con cui collaborano, un giorno Maxime si innamora di una giovane violinista, Camille Kessler (impersonata da Emmanuelle Béart), che sta diventando famosa per le proprie abilità musicali e che abbaglia per la sua bellezza e per quello sguardo intenso ricco di amore e dedizione, ma anche di innocenza. Maxime é già sposato, ma il matrimonio é in crisi e Camille diventa motivo per lasciare il tetto coniugale e rifarsi una vita. Maxime e Camille progettano un futuro insieme. Stéphane sembra geloso di Maxime e, appena ne ha occasione cerca di passare del tempo solo con Camille, andandone ad ascoltare le prove per la registrazione di un disco e aiutandola a migliorare le caratteristiche musicali del suo violino. Sembra che tra i due ci sia attrazione. Camille é pronta a lasciare Maxime, affascinata dalla riservatezza e dalla serietà  di Stephane, ma questi, di fronte alla dichiarazione di amore di Camille, si ritrae, e non prende le sue responsabilità, confessandole che ha tentato di sedurla per mettere in difficoltà  Maxime. Egli non l'ama e non ha intenzione di ingannarla ulteriormente. Sautet é abile nel fare emergere la psicologia dei personaggi: da una parte la passionalità, che viene manifestata dagli sguardi reciproci di Camille e Stéphane, costruita fotograficamente con dei campi- controcampi, dall'altra la solitudine esistenziale in cui si richiude Stéphane, incapace, dopo l'approccio iniziale, di portare a termine l'opera di conquista di Camille, la quale impazzisce per il dolore dell'incompiutezza della relazione, per l'amore non ricambiato, nonostante le promesse iniziali. Sautet fa emergere dal dialogo tra i due, i motivi di questa freddezza: probabilmente la mancanza di autostima di Stéphane, incapace di portare a compimento gli studi al conservatorio, ne ha bloccato ogni velleità  di autorealizzazione e per questo si é chiuso nella sicurezza della routine lavorativa e della piccola cerchia di conoscenti che addirittura non considera amici, ma partner lavorativi. La sua paura di amare è paura di cambiare o paura di ricadere nel baratro della delusione. Unico vero amico di Stéphane è il vecchio Lachaume, dal quale si rifugia per scappare dal mondo e che sarà , con il suo ménage familiare, per lui esempio e fonte di dubbio per il suo comportamento con le donne. Proprio l'amore di Lachaume (interpretato da Maurice Garrel, padre di Philippe e nonno di Louis) per la moglie, spingerà  Stéphane a cercare un chiarimento con Camille, anche se non risolutivo. E nel finale, dopo la morte di Lachaume, sembra si apra una porta nella relazione tra Camille e Stéphane; sono ormai passati parecchi mesi dal loro litigio e Camille vive ora con Maxime. Stephane ha lasciato il laboratorio di Maxime e ne ha costituito uno suo, con un discreto successo. La malattia di Lachaume riavvicina Maxime e Stéphane e permette a Stéphane di tornare anche a frequentare Camille. Un bacio amicale, uno sguardo, riaprono la loro relazione o forse é solo un sogno a cui Stéphane si abbandona nella musica che, come afferma Camille, é probabilmente per lui mezzo per staccarsi dalla realtà  e allontanarsi dal dolore per l'incapacità  di amare. Il film è ispirato ad una novella di Lermontov, che nel film viene citato all'interno di una scena che si svolge nella libreria di Hélène, amica di Stéphane. Claude Sautet vinse per questo film il Leone d'Argento per la miglior regia a Venezia nel 1992. Nel complesso un'opera di rilievo nella cinematografia francese dei primi anni '90 e in quella personale di Sautet, anche per la capacità  del regista di far confrontare il pubblico con temi universali quali l'amore e l'importanza fondamentale delle relazioni nella vita degli uomini e delle donne di ogni tempo.

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