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5/10

Ti Sposo ma non Troppo regia di Gabriele Pignotta

Commedia
recensione di Gloria Paparella

Andrea (Vanessa Incontrada) è una giovane donna delusa dall'amore, Luca (Gabriele Pignotta) è un fisioterapista single che cerca di sedurla spacciandosi per psicologo, Carlotta e Andrea (Chiara Francini e Fabio Avaro) sono una coppia in crisi alla vigilia del matrimonio. Per un casuale doppio scambio di identità, le vite dei quattro personaggi finiranno per intrecciarsi ed essere travolte dall'eterna ricerca dell'amore perfetto. Una moderna commedia degli equivoci in cui nessuno è quello che sembra e nessuno può scegliere di non innamorarsi.

Gabriele Pignotta realizza il suo primo lungometraggio, Ti sposo ma non troppo, tratto dall’omonimo spettacolo teatrale di cui è regista ed interprete, oltre che autore.

La storia narra il più classico dei temi, l’amore, raccontato da quattro punti di vista differenti: quello di Andrea (Vanessa Incontrada) depressa dopo essere stata “mollata” all’altare, di Luca (Gabriele Pignotta) fisioterapista single che per scelta sfugge ai sentimenti, e quello della coppia prossima al matrimonio, Carlotta e Andrea (Chiara Francini e Fabio Avaro), in crisi dopo sei anni di convivenza. Il percorso di tutti e quattro protagonisti è volto alla ricerca dell’amore, o al ritrovamento di quel sentimento che aveva fatto nascere la passione e la convinzione di essere destinati a stare insieme “finché morte non ci separi”.

A rendere più movimentata la trama viene utilizzato il “furbo” espediente dell’equivoco e del camuffamento: prendendo spunto da quella che è la realtà oggi, ovvero la digitalizzazione delle nostre vite, Pignotta cerca di raccontare l’amore 2.0, quello che nasce dai social network, dalle chat e dai nickname che si sovrappongono alle nostre identità. Ecco, dunque, che Carlotta e Andrea si mascherano dietro i nomi fittizi di Sharon  e Dylan e cercano in rete quel travolgimento emotivo che da tempo non sentono più, senza sapere però dietro lo schermo c’è il proprio partner; il travestimento, d’altra parte, viene messo in atto anche da Luca che si finge psicoterapeuta per conoscere meglio la bella Andrea, la quale è in cerca disperata dell’amore perfetto e finisce per innamorarsi di lui. Così, i quattro personaggi intrecciano le proprie esistenze tra equivoci, scambi di identità e confusioni emotive fino al finale, in realtà poco sorprendente.

Nato come commedia romantica con l’ambizioso obiettivo di imporsi anche come commedia degli equivoci (tipica del teatro latino), Ti sposo ma non troppo ha il merito di rappresentare in maniera fresca e leggera il tema dell’amore, mostrando anche i punti deboli dei protagonisti, le loro paure e le loro aspettative a riguardo; pur essendo intrisa di realismo, la storia si avvicina molto ai canoni della favola, in cui il romanticismo prende il sopravvento, soprattutto nella parte finale. Tale sentimentalismo, che rimane comunque uno degli elementi caratterizzanti di una commedia d’amore, non solo rende banale temi complessi ed iper-utilizzati al cinema come appunto l'amore ed il matrimonio (il film sembra in certi momenti far riferimento al celebre Se scappi ti sposo del 1999), ma fa sì che la sceneggiatura pecchi di prevedibilità, nonostante i numerosi spunti di comicità che la storia propone. I malintesi e l’ingarbugliamento della vita dei protagonisti causato dalle loro storie parallele non riescono a dar vita a situazioni di esilarante divertimento, ad eccezione di qualche momento simpatico come ad esempio la spiegazione di come funzioni una chat e di cosa significhi ”aprire la finestra” o “chiudere la tendina”. Una comicità di facile lettura a cui si affiancano i risvolti più duri di una storia d’amore, come l’insoddisfazione latente e il desiderio di tradire: Pignotta cerca così di far coesistere il piano narrativo agrodolce con quello più ironico, senza riuscire a convincere pienamente. La componente digitale del ventunesimo secolo, che offre la possibilità di cercare l’anima gemella in rete o anche solo di evadere dalla realtà, poteva essere proposta in maniera brillante senza per questo rinunciare alla vena romantica della storia e al desiderio di far sognare lo spettatore. Va bene puntare ai buoni sentimenti e all’immancabile happy ending, ma un po’ di fantasia e di creatività in più avrebbero contribuito a  raccontare una commedia più divertente e convincente.

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