Star Wars: Il risveglio della forza regia di J.J. Abrams
FantasyTrent'anni dopo la sconfitta dell'Impero e di Darth Vader, la pace e la libertà della galassia sono messe a rischio per mano di una nuova minaccia conosciuta come Primo Ordine. Questa fazione nata dalle ceneri dell'Impero ha formato un imponente esercito e pone tra i suoi primi obiettivi la cattura di Luke Sywalker, il cavaliere Jedi che guidò l'Alleanza Ribelle alla vittoria contro l'Imperatore e il Lato Oscuro della Forza. Il pilota della nuova Resistenza Poe Dameron è incaricato dalla sorella di Luke, il generale Leia Organa, di trovare il Jedi scomparso. La strada di Poe si incrocia con quella di due giovani, Finn e Rey, che decidono di lasciarsi un passato amaro alle spalle per abbracciare gli ideali della Resistenza.
L’enorme macchina produttiva messa in piedi appena tre anni fa dalla Disney giunge alla sua prima fondamentale tappa. Il settimo episodio della saga di Star Wars è ora di dominio pubblico, un film capace di richiamare nelle sale appassionati e profani, un evento atteso spasmodicamente dalle fasce di pubblico più ampie e variegate come solo la saga cinematografica più famosa di sempre poteva fare.
Settimo nella cronologia, questo è però il primo episodio in cui il creatore di questa celebre mitologia non è coinvolto a nessuno stadio. Se n’è discusso molto proprio nelle settimane precedenti l’uscita, del fatto che la storia voluta da George Lucas per dare un seguito a Star Wars VI - Il Ritorno Dello Jedi (1983), sia stata scartata dai vertici Disney in favore di una trama concepita da zero dal nuovo regista J.J. Abrams (coadiuvato proprio dallo sceneggiatore del sesto episodio, Lawrence Kasdan, che aveva anche scritto il capitolo più amato da critica e pubblico, Star Wars V - L’Impero Colpisce Ancora).
I motivi non sono stati resi noti dalla produzione, ma il padre di Star Wars non gode più del favore del pubblico e dei fan storici, che si sentono traditi e delusi dalla trilogia di prequel (gli episodi I, II e III) realizzata lo scorso decennio. Non è difficile quindi immaginare perché i nuovi proprietari del franchise abbiano preso le distanze dal recente lavoro di Lucas e abbiano rivolto lo sguardo alla storica trilogia degli anni ’80 per plasmare Il Risveglio Della Forza.
Abrams non ha mai nascosto il suo amore per il primissimo Star Wars del 1977 (Star Wars IV - Una Nuova Speranza), ed è per questo che la nuova dirigenza Lucasfilm e la Disney hanno fatto di tutto per averlo al timone di questo sequel, in cui ogni decisione è stata presa seguendo una formula ben collaudata e a prova di rischi. Star Wars VII ricalca le orme del capostipite della saga, soprattutto nella struttura narrativa, ideale per fidelizzare nuovi giovani spettatori.
Ancora pochi osano pronunciare la parola remake, ma è difficile non pensarci durante alcuni momenti clou della trama, in particolare del terzo atto. Nel primo tempo la storia indugia sui nuovi protagonisti, ma gli eventi principali rievocano situazioni e luoghi già visti. Chi conosce bene i film precedenti non può non pensare al pianeta desertico Jakku come ad un nuovo Tatooine – luogo dove tutto ebbe inizio quasi quarant’anni fa – o alle dinamiche tra i personaggi come le stesse che fecero incontrare sullo schermo Luke Skywalker, Leia Organa e Han Solo.
Se agli occhi degli starwarsiani della prima ora tutto ciò può essere una delizia, altrettanto non si può dire facendo un’analisi più lucida e cinica sull’identità dell’opera, che fatica a reggersi sulle sue gambe. Riappropriarsi del fandom perduto era una mossa legittima e comprensibile, ma quando persino i colpi di scena e le rivelazioni provocano un forte dejavu, la sensazione che gli autori abbiano calcato eccessivamente la mano sul fattore nostalgia si intensifica (a dispetto di quanto Abrams avesse dichiarato in proposito durante la promozione).
Il problema più evidente è il confronto con una mitologia che ha consegnato al cinema momenti iconici, il cui pathos difficilmente poteva essere eguagliato da sequenze simili per quanto opportunamente rinfrescate. Su tutte la battaglia ingaggiata dalla flotta dei buoni contro la “super-arma” dei cattivi – elemento che già Il Ritorno Dello Jedi reiterava con poca fantasia – tanto stuzzicante nella messa in scena quanto facilmente dimenticabile per il contenuto.
Le perplessità si confermano quando si nota che gli elementi maggiormente apprezzati durante la solida strategia promozionale del film sono risultati più deboli del previsto. Esemplificativo è il personaggio del capitano Phasma: lo stormtrooper con la corazza argentata già dai trailer era diventato uno dei favoriti del pubblico, ma nel momento della verità questo misterioso soldato donna fa una comparsa di una manciata di minuti per poi sparire dal film senza che abbia fatto la minima differenza. Il carisma dei personaggi è un altro campo in cui probabilmente le critiche mosse ai prequel di Lucas si riveleranno meno credibili dopo quest’ultimo episodio.
Sicuramente ci sono delle figure che risaltano in positivo, primi tra tutti i volti noti della vecchia trilogia, facilmente a rischio negli ingombranti panni delle icone cristallizzate nelle loro versioni giovanili. Harrison Ford domina la scena come da copione e dimostra di essersi divertito non poco a rivestire i panni del celebre contrabbandiere spaziale Han Solo, ma l’attempata Leia interpretata da Carrie Fisher non è da meno. In quanto a presenza scenica tuttavia è Luke Skywalker che sorprende tutti, con la fugace ma intensa apparizione di Mark Hamill.
Delle new entry è Oscar Isaac a spiccare, il pilota Poe Dameron è probabilmente il personaggio scritto meglio e più equilibrato tra i nuovi “buoni”. Rey e Finn, interpretati dalla splendida Daisy Ridley e dal simpatico John Boyega, si difendono bene e confermano l’alchimia intravista dal lungimirante casting. Nei venti minuti finali però la combattiva Rey risente di sviluppi di trama affrettati e ingenui che minano fortemente la credibilità del suo arco narrativo.
Tra i cattivi il più atteso era naturalmente il misterioso Kylo Ren, che in maniera speculare soffre lo stesso problema dell’eroina sopracitata, ma più accentuato per via della seriosità con cui il personaggio viene introdotto (e soprattutto dell’enorme potenziale che viene appena accennato con il suo rapporto con la Forza, a questo punto rimandato ai prossimi due episodi). È sul villain di Adam Driver, e sul confronto finale coi protagonisti, che la sceneggiatura di Abrams e Kasdan mostra le lacune più vistose: questo cavaliere del Lato Oscuro, emulo non troppo velato del celebre Darth Vader fuori e dentro lo schermo, appare minaccioso e dotato di poteri che a momenti neanche Lucas aveva fatto sfoggiare ai guerrieri dei suoi film, ma nello scontro decisivo questo abissale dislivello viene azzerato totalmente con una forzatura goffa.
A livello puramente visivo il duello di spade laser – che come da tradizione conclude ogni episodio di Star Wars – è ben enfatizzato dalla fotografia e dalla coreografia grezza e incisiva; più deficitari regia e montaggio che non permettono di assaporare la sfida al meglio, anche se a difesa del regista bisogna riconoscere che il resto della pellicola si assesta su standard molto alti. Le inquadrature concedono spesso picchi di notevole intensità e spettacolarità, ma sono sorrette da una padronanza della cinepresa che oramai permette a questo cineasta di distinguersi da tanti colleghi nel campo dei blockbuster d’intrattenimento.
Il comparto musicale stranamente passa in secondo piano, le nuove composizioni e i nuovi temi non rimangono impressi e la cosa stupisce alquanto visto l’impatto prorompente con cui le colonne sonore hanno sempre accompagnato questi film.
La prova opaca del maestro John Williams si unisce ad un quadro che sembra tracciare una linea di demarcazione tra l’esalogia lucasiana e il nuovo percorso disneyano. Nonostante i dissapori emersi con la seconda trilogia il creatore della saga ha raccontato una storia ambiziosa, e anche se gli eccessi gli si sono rivoltati contro (Star Wars I - La Minaccia Fantasma) il suo estro visionario è riemerso con risultati audaci (Star Wars III - La Vendetta Dei Sith).
J.J. Abrams al contrario non è un regista che brilla per personalità, proprio in quanto forte debitore dell’eredità di Lucas e Spielberg, e in un progetto di questa portata con i riflettori di diverse generazioni di pubblico puntati addosso il suo spazio di manovra era già limitato in partenza. Quello che sembra mancare al suo Star Wars non è certo la forma sontuosa, quanto quell’intraprendenza essenziale che anche negli episodi meno amati denotava coerenza. Ma come ha detto lo stesso Lucas in una recente intervista, visibilmente conscio che questa non è più la sua creatura, Il Risveglio Della Forza piacerà molto ai fan perché ha tutto quello che chiedevano a gran voce da anni.
Il cinema di oggi però ha bisogno di ben altro che un ennesimo revival, per quanto egregiamente confezionato come questo, e allora gli occhi sono tutti puntati su quell’Episodio VIII in uscita nel 2017 per capire se Star Wars può veramente tornare a essere la saga dei sogni.
Un ultimo appunto lo merita l’adattamento italiano, che per la prima volta ci presenta i nomi originali dei personaggi. Ai più nostalgici sentire pronunciare Han Solo anziché Ian Solo procurerà più di un fastidio, ma dopo due trilogie piene di traduzioni incongruenti e doppiaggi disomogenei era finalmente ora di tagliare la testa al toro e chiamare icone storiche come Darth Vader col loro vero nome.
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