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9/10

Shame regia di Steve McQueen

Drammatico
recensione di Alessandro M. Naboni

New York. Brandon è un uomo in carriera: ottimo lavoro, una bella casa e tante donne. Un misterioso passato l’ha segnato al punto da renderlo più-che-sesso-dipendente. Il ritorno della sorella Sissy come un terremoto rimetterà in discussione la (non) vita di uomo alla deriva. Dall’acclamato regista Steve McQueen, la rivelazione/conferma di Venezia 2011.

Vergogna s.f.

il profondo e amaro turbamento interiore che ci assale quando ci rendiamo conto di aver agito o parlato in maniera riprovevole o disonorevole. (dizionario della lingua italiana – g. de voto/g.c. oli)

Vergogna per qualcosa che si è fatto/detto o si è stati costretti a subire. Vergogna per qualcosa che si vuole nascondere, sfocato nei ricordi ma onnipresente nei segni/conseguenze fisiche e mentali.

Brandon è un uomo di successo. Un appagante lavoro-non-meglio-precisato, una bella casa, molte donne e il fascino sornione da tenebroso playboy. O almeno così sembra. Perché i silenzi sorrentiniani nascondono quel passato-cicatrice che non abbandona mai. Masturbazione in doccia che (non) ricorda quella di Spacey in American Beauty, chat erotiche, hard disk pieni di filmati porn-osè, sesso-occasionale-compulsivo, ammiccamenti e accavallamenti metro-politani, abbordaggi da bar tra uno shot e una non-danza, donne conquistate con una frase o uno sguardo. Ossessiva ricerca di sesso che non è semplice satiriasi quanto l’esplicitazione primordiale di una volontà quasi auto-distruttiva di volersi consumare. Ma è tutto un inutile contrappasso per colpe altrui.

Non siamo brutte persone, veniamo da un brutto posto.

Così la pensa Sissy (Carey Mulligan e le sue splendide fossette), sorella minore figlia dello stesso passato. Ritorna d’improvviso nella vita del fratello e come un proiettile entra nella sua carne fino al cuore, smuovendo prima rabbia, poi forse la voglia ricominciare a vivere. In un club della NY bene, la sua stupenda voce incanta/ipnotizza sulle note di una lentissima interpretazione di New York New York: il tempo dilatato della canzone sembra voler kubrickianamente riprendere il ritmo del film, fatto di tempi lunghi e scene colte nella loro durata effettiva. Dolente realismo.

La sua apparizione eterea è soltanto il riflesso di un io tormentato: delusioni d’amore, lacrime miste a trucco per gli occhi, innocenti/provocanti sguardi, notti di sesso con persone sbagliate, depressione giovanile che si voleva risolvere con tagli sulle braccia e quel fardello sconosciuto che la sua (femminile) fragilità a fatica riesce a sopportare. You’re a burden. Per Brandon è un peso da sopportare, ma solo perché lei è lo specchio della parte di sé che non vuole vedere, quella che ricorda fatti/persone o chissà-cos’altro che vorrebbe non ci fossero mai stati. Quella lacrima sincera alla fine della canzone tradisce una sensibilità umana che va oltre la fredda e meccanica dissolutezza di una vita solitaria in cerca di espiazione. Esistenze borderline che dovrebbero prendersi cura l’una dell’altra. Condizionale necessario perché quando sbagli tutto o sei trascinato fuori strada, finisci per non uscirne più, ti isoli, incapace di relazionarti con le persone, esprimere sentimenti e aiutare chi ne ha bisogno, foss’anche la sorella prodiga che ritorna per un ultimo disperato/silenzioso grido d’aiuto. Quella rabbiosa corsa attraverso strade notturne a-la-Mann (spettacolare la fotografia di Sean Bobbitt) è una fuga e al tempo stesso anche l’andare incontro a un’ultima chance che forse la vita può concedere. The end is the beginning is the end cantavano gli Smashing Pumpkins. Ma questa esistenza-limbo è fatta di altre storie: donne altrui che è meglio non toccare, omo-esperienze mai provate, sesso violento-animale-ossessivo-solitario, un’uscita a cena come tante altre che da prodromo carnale diventa l’inizio di un possibile amore che mette in crisi perché smuove il cuore elevando l’atto sessuale dal semplice espletamento di una funzione fisiologica. Un lungo respiro affannato.

Steve McQueen (inglese classe 1969) non vuole raccontare derive e perversioni sessuali di un uomo in carriera incapace di costruirsi una stabile vita familiare. La sua attenzione è paradossalmente rivolta all’unico elemento di cui non si parla in modo diretto: quel passato che segna a tal punto da precludere la possibilità di un’esistenza (serena). Ciò che conta però non è cosa sia successo – possiamo immaginarlo – quanto le profonde conseguenze social-emotive sulla vita presente: condanna a un precariato relazionale cui il protagonista sembra non potersi ribellare. Come nel suo strepitoso lungometraggio d’esordio, Hunger (migliore opera prima nella sezione Un Certain Regard a Cannes 2008), al centro della riflessione del regist-artista non ci sono i massimi sistemi, ma l’uomo: il suo modo di vivere, giusto o sbagliato che sia, le sue scelte, le (non) relazioni con le persone e il rapporto con se stesso. L’uomo in questione ha la stupenda fisicità e l’espressività di Michael Fassbender, meritata Coppa Volpi a Venezia. Fin dalla prima scena si prende sulle spalle il film, non si tira indietro davanti a reiterati nudi integrali, molteplici scene di sesso esplicito e intensi momenti di transfert-recitativo. L’uomo-alieno-della-vita di McQueen non poteva avere una faccia migliore della sua. Talento naturale.

Proprio per questo tipo di riflessione sull’essere umano e forse anche per il simile background non-cinematografico dei due autori, viene immediato il collegamento con A single man di Tom Ford (film che, caso vuole, fece guadagnare a Colin Firth la Coppa Volpi). Con un analogo approccio espressivo, ma una minore forza narrativa, l’ex stilista raccontava l’incapacità di un uomo a rielaborare il dolore per la morte del compagno dopo sedici anni di convivenza. Il suo disagio interiore si esplicitava nella lucida volontà di togliersi la vita, diventata per lui condanna peggiore della morte stessa. Quando poi le prospettive cambiano è il destino beffardo a far quadrare i propri conti. Affinità elettive.

Nel 2008 i distributori italiani ignorarono colpevolmente Hunger. Sarebbe davvero un peccato perdersi anche Shame, storia di un uomo che avrebbe voluto essere un musicista degli anni ’60. Sarebbe come scendere a una fermata sbagliata della metropolitana inseguendo una chimera.

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Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 15 voti.

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hayleystark (ha votato 9 questo film) alle 9:20 del 5 novembre 2011 ha scritto:

Per non rovinarmi la lettura questa me la tengo da parte per quando avrò visto il film...so già che adorerò entrambi

alexmn, autore, (ha votato 9 questo film) alle 10:51 del 5 novembre 2011 ha scritto:

il sempre valido IMDB dice che in america e francia uscirà a inizio dicembre...poi da gennaio 2012 in Europa. per l'italia ancora niente. come al solito non diamo segnali di vita..se anche la BIM fa così siamo a posto

hayleystark (ha votato 9 questo film) alle 11:09 del 5 novembre 2011 ha scritto:

Vabbè, non sono mica così snob da volermelo vedere a tutti i costi in sala, a dicembre negli USA e un mesetto più tardi sul mio computer

alexmn, autore, (ha votato 9 questo film) alle 11:10 del 5 novembre 2011 ha scritto:

che così è pure in lingua originale

Alessio Colangelo (ha votato 7 questo film) alle 21:49 del 9 gennaio 2012 ha scritto:

Sovrastimolazione

"mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m'abbandona." Inf V. 105-106

chissà come l'avrebbe giudicato lui Shame i pareri fuori dal cinema sembravano tendere al medioevo ma va bhe...

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Concordo con l'eccellente recensione di Alessandro, solo il voto mi pare un po' troppo alto 3 stelle e mezzo mi paiono abbastanza. Comunque sul film c'è una considerazione che secondo me accosta questo film a uno completamente diverso come Enter The Void. Ovviamente stili diversi ma tema simile, nel film di Noè la droga ma non è forse anche il sesso una droga con la sua secrezione di endorfine finali mandano in cortocircuito recettori del cervello causando(gli)ci assuefazione?

alexmn, autore, (ha votato 9 questo film) alle 18:37 del 10 gennaio 2012 ha scritto:

interessante il parallelo con il film di noè...in fondo sesso e droga hanno parecchi punti in comune, tanto che in determinate situazionie/contesti/epoche storiche si sono intrecciati e reciprocamente influenzati. anch'io fuori dalla sala ne ho sentiti di ogni, tra l'altro da uno dei peggio pubblici, ovvero quello delle rassegne di cannes e venezia a milano. chiaramente non sono tutti così (per fortuna!) però in quelle occasioni si riesco a beccare dei personaggi davvero particolari: dall'alto di non si sa bene cosa, ho sentito degli articolati commenti che, come hai ben detto tu, avevano un retrogusto decisamente medievale (che poi, come sappiamo tutti, in tv e sulle riviste si vede molto di peggio e per di più in modo gratuito). qui, piaccia o non piaccia ai medieval-commentatori, si parla di arte.

il voto alto è perchè ad un certo punto del film sono stato completamente rapito dalla storia, in modo quasi totalizzante. senza empatizzare completamente con nessuno dei personaggi, ma con la storia in sè. è difficile da descrivere a parole, ma è stato uno dei rari film che proprio mi ha rapito quasi fisicamente dalla sala e mi ha trascinato in quel mondo facendomi dimenticare di trovarmi in una sala a vedere un film (come mi succede tutte le volte che vedo c'era una volta in america). è una sensazione straniante (soprattutto una volta finito il film)..come quella che ho provato l'anno scorso alla fine di black swan. diciamo che questo ha contribuito ad alzare di un po' il voto

Alessio Colangelo (ha votato 7 questo film) alle 19:21 del 10 gennaio 2012 ha scritto:

Devi stare sempre attento a non farti prendere troppo se no poi perdi l'obiettività critica e la capacità di analisi. Non è colpa tua poi questo processo inconscio capita a tutti i critici, è segno che è un film ben fatto e un film ben fatto opera un mascheramento della messinscena che ti fa sembrare reale o peggio in vero movimento il film (24FPS). Su certi film ci sono caduto anche io ora riesco a "continuare a pensare da critico" mentre vedo il film.

Comunque a guardare troppo l'Analisi si rischia di perdersi il divertimento In medio stat virtus...

hayleystark (ha votato 9 questo film) alle 15:29 del 18 gennaio 2012 ha scritto:

Recensione e film superlativi (avevamo forse dei dubbi?). E visto che io non riesco assolutamente a non farmi prendere dagli entusiasmi, come definire Steve McQueen se non con l'appellativo di "genio"? Il suo Shame, come Drive di Refn, è un film che fa (e mi ha fatto) male, ma di quel male costruttivo, come un calcio sui denti che ogni tanto ci vuole. So che non è più un commento molto originale ma scrivi in un modo che, veramente, non riesco nemmeno a definirlo per quanto mi piace.

alexmn, autore, (ha votato 9 questo film) alle 21:53 del 19 gennaio 2012 ha scritto:

mcqueen merita davvero. il suo primo film era ottimo, ma questo davvero è su un altro livello. il parallelo con drive ci sta tutto...non a caso sono davvero i due film del 2011 che più mi hanno colpito nel profondo. assieme a black swan e the artist sono il quartetto dei miei titoli preferiti del 2011. sicuramente mi sono perso un altro titolo..ne sono certo...ecco, the tree of life e melancholia. poi warrior. che divagatore che sono!!

in ogni caso, non sai quanto mi faccia piacere quello che ha scritto..soprattutto riguardo a una delle recensioni a cui più sono legato.

il proposito del 2012 sarà trovare un film su cui siamo in disaccordo

hayleystark (ha votato 9 questo film) alle 21:55 del 19 gennaio 2012 ha scritto:

Ho il vago sospetto che non succederà mai! Ma se mai dovesse succedere, ecco, quelli saranno i prodromi dell'Apocalisse.

ROX (ha votato 8 questo film) alle 17:46 del 20 gennaio 2012 ha scritto:

bel film, a me è piaciuto... col pubblico scandalizzato che va a vedere un film e neanche sa cosa aspettarsi, ma come si fa?

hayleystark (ha votato 9 questo film) alle 18:52 del 20 gennaio 2012 ha scritto:

Per non parlare delle risatine imbarazzate a film concluso (e non di gente "su con l'età")...che tristezza.

ROX (ha votato 8 questo film) alle 19:04 del 20 gennaio 2012 ha scritto:

confermo... e io ho sentito un ragazzo che diceva alla ragazza: "che schifo" durante la scena con le due tipe verso la fine del film....

p.muratori (ha votato 9 questo film) alle 11:26 del 24 gennaio 2012 ha scritto:

“Shame” Il disonore dei sentimenti

“Shame” (Disonore, Vergonga, la traduzione del titolo ndr.), conferma il talento cinematografico di Steve McQueen, riuscendo a descrivere al meglio il titolo del suo ultimo film.

Il regista britannico, al suo secondo film, dopo aver già impressionato positivamente critica e pubblico, al suo esordio con il film “Hunger” (la drammatica storia degli ultimi giorni di prigionia di Bobby Sands, militante dell’IRA, deceduto dopo uno sciopero della fame per protesta contro il governo Inglese,ndr.), non delude le aspettative, confermando la sua inclinazione a raccontare storie di libertà negata.

Una storia, quella di Brandon (Michael Fassbender), per raccontare come si possa essere prigionieri di se stessi, quando la libertà non è negata da un’autorità, ma dal desiderio impulsivo di un orgasmo, teso a soddisfare il bisogno patologico.

In una New York dei nostri giorni, che nessuna felicità nega ad un Uomo affascinante e in carriera come il quarantenne Brandon, si consuma il dramma umano.

Le immagini iniziali del film, girate all’interno dell’appartamento di Brandon, descrivono sin da subito la freddezza esistenziale, la scena di nudo integrale, resa ancor più asettica dalle immagini desaturate e pigmentate, svela come una metafora, la vita privata e la condizione personale del protagonista, spogliata da ogni difesa che un vestito sociale tenta di coprire.

La squallida condizione personale, la sua deviazione erotica, è ben dissimulata con una normalità sociale apparente, una sfoggiata sicurezza nel lavoro come nelle bevute con i colleghi, il suo facile successo con le donne, riesce a far nascondere la sporca fodera esistenziale, ponendolo al riparo dal proprio “vizio”. L’equilibrio instabile di Brandon viene sbilanciato dall’arrivo improvviso della sorella Sissy (Carey Mulligan), amorosa quanto insicura personalità, la straripante affettività della sorella, viene vista dall’anaffettivo Brandon come un fardello, pesante come la sua dipendenza dall’orgasmo.

La difficile convivenza di pochi giorni svelerà ogni debolezza delle personalità di entrambi, senza svelare il danno esistenziale che ha segnato i due fratelli, farà scivolare dapprima in maniera ipocrita, e poi drammatica, il loro rapporto verso il buio de profundis di entrambi.

Le “conquiste” di Brandon, tentate in ogni occasione e circostanza, sono una sonata a requiem della seduzione, celebrate senza liturgia sentimentale, il cuore di Brandon è una parete fredda e scivolosa sulla quale non attecchisce l’amore, la ricerca di una donna è solo la necessità di procurarsi una “dose” di sesso, che ponga fine all’astinenza, una facile ed occasionale preda femminile, a volte da comprare e consumare nella sua stanza da letto, o in una camera d’albergo.

Un film denso di drammaticità raccontata in sequenze asciutte ed essenziali, musicalità curata per modulare la morbidezza e la durezza delle scene, inquadrature di un erotismo che svuota il desiderio e nega ogni emulazione, metamorfosi per immagini di amplessi bestiali disumanizzanti.

Ma il film di Steve McQueen è molto di più che un insieme di sequenze montate da proiettare sul grande schermo, il regista si avvale della fotografia e delle inquadrature per dare tonalità alle immagini, algide e di spalle per i freddi ed accorati dialoghi, calde ed in primo piano per colorare i sentimenti, per le scene di una canzone (New York New York, ndr.) interpretata in un locale notturno da Sissy, che più che un testo in musica, “I'll make a brand new start of it, in old New York”, una speranza di vita ben scandita dalla giovane Sissy.

Fassbender, si conferma l’attore feticcio (già protagonista di “Hunger” ndr.) del giovane regista Steve McQueen, l’attore tedesco dagli occhi di ghiaccio secco e presenza scenica impressionante, godibile anche nel ruolo del nauseante erotomane Brandon, ottima anche l’interpretazione di Carey Mulligan che veste i panni della giovane sorella di Brandon, in Lei c’è tutta la fragilità umana, la commozione e il miraggio sociale di una vita migliore, un ruolo che riesce a dare nel finale del film, un’emozione a rilascio lento.

Pietro Muratori

Peasyfloyd (ha votato 9 questo film) alle 14:37 del 8 marzo 2012 ha scritto:

incantevole davvero. Grottesco, alienante, spiazzante, crudo, realistico, erotico e allo stesso tempo raramente eccitante. Eppure affascinante e ammaliante. Narrazione squisita nei suoi tanti punti interrogativi lasciati in sospeso. Fassbender mostruoso. Capolavoro direi. Splendida rece Alessandro!

Alessandra Graziosi (ha votato 6 questo film) alle 19:55 del 11 marzo 2012 ha scritto:

sopravvalutato

Scusate ragazzi, ma secondo me questo film è stato molto sopravvalutato dalla critica e anche dal pubblico. Gli do la sufficienza solamente per la regia, che è molto elegante e ben fatta, ma per il resto è un film che di nuovo e di intelligente ha ben poco. E' il classico film a tema su un determinato fantomatico vizio da debellare perché malvisto dalla società e quindi malvissuto dal protagonista con sensi di colpa di varia entità. Alla fine il protagonista si crogiola troppo nel suo vizio per l'ultima volta e gli sceneggiatori lo puniscono facendogli morire per suicidio qualcuno di ancora più bordeline di lui. Lo spaccone con Paul Newman è praticamente lo stesso identico film, solo girato 50 anni fa, vedetevelo e capirete. Non è questione di scandalizzarsi perché non è che siano novità che chiunque non abbia la possibilità di vedere da solo su internet o su telecapri alle 3 di notte. E' il punto di vista della "malattia", che è veramente bello "furbo": è un film che si basa molto sulla concezione di peccato e che ci fa avere pena per un uomo che è solamente un narcisista incallito di cui dell'altro sesso non gliene importa nulla se non in un funzione di se stesso. Il punto non è che è un malato di sesso e che il sesso è una malattia o un vizio come l'alchool, altrimenti queste cose ce le poteva dire pure Suor Maria all'asilo, non serviva che Steve McQueen per fare un film imbevuto di sensi di colpa. Il punto andava messo sul semplice fatto che Brandon è una persona con un'idea molto malata di sesso che da sempre confonde e fonde con l'idea di perverso. Tra l'altro non condivido l'aura di sospensione di questi ultimi film alla moda americani: non basta qualche silenzio per fare di un film un qualcosa di poetico, bisogna aver capito i perché delle cose e saperli anche raccontare con grazia. E' troppo comodo raccontare praticamente il nulla o quasi con la scusa della sospensione...

Perdonate lo sfogo, ma quando ce vò, ce vò!

alejo90 (ha votato 7 questo film) alle 13:35 del 19 giugno 2013 ha scritto:

capisco le tue critiche ed in parte le condivido. tuttavia non mi pare un film su un "vizio da debellare", quanto più su una psicopatologia. non penso che il regista avesse ambizioni moralistiche (il senso di peccato che dici tu), anche perchè un po' di compiacimento nel mostrare i nudi ce lo mette. nemmeno a me pare un capolavoro ma si tratta comunque di un buon film molto attuale nel tema trattato. Condivido la critica alla "sospensione", un artificio che non mi è mai andato a genio.

alexmn, autore, (ha votato 9 questo film) alle 13:57 del 19 giugno 2013 ha scritto:

tutta questa frase "E' il classico film a tema su un determinato fantomatico vizio da debellare perché malvisto dalla società e quindi malvissuto dal protagonista con sensi di colpa di varia entità." dimostra a mio parere due cose: la prima è che, secondo me, non è stato colto appieno il significato del film; la seconda è che non è stata letta la recensione

forever007 (ha votato 8 questo film) alle 17:30 del 18 giugno 2013 ha scritto:

Carey Malligan è stupefacente, dal film, mi aspettavo tanto , ma forse mi ha un pò deluso, ovviamente è bellissima la storia e il senso di tutto è davvero interessante, ma mi aspettavo un vero capolavoro, cosa che il film non è stato..Fassbender era stato molto più bravo in Hunger secondo me.. qui si vedeva che si sforzava..beato lui che può permettersi le scene di nudo