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5/10

Road 47 regia di Vicente Ferraz

Storico
recensione di Pasquale D'Aiello

Durante l'inverno del 1944 un plotone di soldati brasiliani dislocati sul fronte della Linea gotica si trova coinvolto in alcuni eventi drammatici a cui proverà a fare fronte senza rinunciare alle proprie caratteristiche umane, tipiche del loro paese.

Forse pochi sanno che durante la Seconda guerra mondiale anche il Brasile faceva parte delle truppe alleate che si contrapposero a quelle dell'asse. Da questo evento prende spunto il regista brasiliano Vicente Ferraz, anche sceneggiatore, per ambientare gli eventi di Road 47. Durante una notte dell'inverno del 1944 un gruppo di soldati brasiliani dislocati lungo la Linea gotica si sbanda a causa del panico prodotto dal un confronto diretto con i soldati nazisti. La mattina dopo i soldati sudamericani si ritrovano e sebbene a ranghi ridotti e con modesto equipaggiamento proveranno a portare a termine la missione che gli era stata affidata. Mentre saranno impegnati nel loro compito incontreranno un soldato repubblichino che ha disertato (Sergio Rubini), soldati tedeschi che si stanno ritirando e partigiani italiani. Con ognuno di loro i soldati brasiliani applicheranno un proprio codice di comportamento che è del tutto estraneo alla disumanità che si è impadronita dei grandi eserciti impegnati in questa lunga e crudele guerra europea. Il film, una coproduzione italo-portoghese-brasiliana, è costruito con modestia di mezzi ed anche sul versante della scrittura presenta alcune ingenuità che a tratti lasciano cadere gli eventi su un piano didascalico in cui gli eventi narrativi appaiono semplificati per servire le messaggio finale. Ma nonostante questi limiti il film riesce, anche grazie ad un serio approccio recitativo che fa recitare ogni personaggio nella propria lingua di appartenenza diegetica, a raggiungere i propri obiettivi che stanno nel tentativo di evidenziare i tratti specifici del popolo brasiliano e a farlo con una narrazione propria. E se sul piano contenutistico poche sono le sorprese nel ricevere un ritratto umano dei brasiliani fondato sulla saudade, sulla capacità di darsi un coraggio che per emergere deve fare i conti con la paura, sull'incredulità difronte alla crudeltà della guerra, e un rispetto irriducibile dell'essere umano, su quello della narrazione possiamo cogliere una nota più originale. Per dar forma ad uno sguardo diverso da quello predominante diventa fondamentale la presenza, tra i protagonisti, di un giornalista brasiliano che proverà a documentare il coraggio e le scelte dei soldati brasiliani attraverso le proprie descrizioni a cui vorrebbe dare anche una conferma oggettiva fotografica. Questo personaggio rappresenta il tentativo di far emergere una narrazione dei grandi eventi vista con gli occhi dei piccoli protagonisti. Compito arduo che la storia di solito nega, riservando solo ai più potenti il compito di affermare come verità assoluta la proprio storia e rifiutando agli attori minori il diritto di raccontare la propria versione dei fatti, disinteressandosi che tanto gli uni quanto gli altri abbiano conquistato questo diritto rischiando la propria vita. Ma queste sono sottigliezze che alla storia, alla grande storia, non interessano, non sono mai interessate. Ma al cinema, al piccolo cinema, si.

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