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8/10

Oslo, 31 Agosto regia di Joachim Trier

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Due giorni nella vita di Anders, giornalista ex-tossicomane. Il ritorno alla realtà della città natale, il tentativo di ripartire da zero. La lotta per la vita...

 

Un film osannato dalla critica, soprattutto quella francese, Oslo, 31 agosto vuole essere un’attualizzazione del romanzo “Le feu Follet” ( del compianto scrittore francese Pierre Drieu La Rochelle). Mentre nel romanzo dello scrittore francese e nel film degli anni ’60 di Louis Malle la vicenda si svolge a Parigi, nel film di Joachim Trier è spostata ad Oslo ai giorni nostri.

Protagonista è un giovane giornalista, che dopo sei anni di eccessi con le droghe (eroina, cocaina, alcool, ecstasy) vive in una clinica per disintossicarsi, a contatto con altre persone che vivono questo difficile passaggio.

Il protagonista nel romanzo di Drieu La Rochelle è alter ego dello scrittore combattuto da una lotta interna  contro la depressione  che negli anni precedenti e nel corso della Seconda Guerra Mondiale lo colpì; depressione dovuta alla messa in discussione della validità delle proprie idee politiche.

Nel film del regista Danese il protagonista, Anders, proviene da una buona famiglia e ha una buona posizione sociale,  ma fatica a trovare un posto nel mondo, nonostante l’amore degli amici, dei familiari, dalla fidanzata (che non compare nel film, ma di cui veniamo a conoscenza grazie ai dialoghi di Anders con gli amici). Una storia con la fidanzata segnata da un amore profondo,  ma rovinata dagli eccessi delle droghe.

Il film si apre su un tentativo di suicidio di Anders, che tenta di affogarsi in un lago, il giorno prima di ritornare ad Oslo, città da cui si era allontanato l’anno precedente per tentare la disintossicazione. Questo tentativo di suicidio va a vuoto: Anders è incapace di togliersi la vita, ma ancora deve confrontarsi con il ritorno alla sua città, deve mettersi alla prova, per capire se riuscirà ad avere un futuro, nonostante i suoi trascorsi. A tenerlo in vita è la possibilità di un riscatto.

Ritornando nella sua città natale troverà il tempo di riallacciare i rapporti con gli amici più cari, tenterà di rivedere la sorella, ma questa si negherà mandando ad incontrarlo la sua convivente.  Si metterà alla prova in un colloquio di lavoro per una rivista di cultura e letteratura, ma non avrà l’umiltà di ripartire da zero e di ammettere i propri errori, perdendo quindi questa opportunità di lavoro.

Mentre il film di Malle insisteva poeticamente sulle difficoltà del protagonista (impersonato da un memorabile Maurice Ronet) a vivere una vita nel pieno delle sue possibilità, sottolineando musicalmente il disagio psichico e l’incapacità, quasi l’inettitudine del protagonista, che pur spera di trovare una soluzione ai suoi problemi, Joachim Trier privilegia  la fisicità della recitazione e l’uso di una fotografia particolare, fatta di piccoli avvicinamenti (particolare l’uso dello zoom). Di fronte alla voce della coscienza di Maurice Ronet, Trier contrappone lo sguardo rassegnato di Anders Danielsen Lie.

Il regista norvegese utilizza la luce fioca di Oslo alla fine dell’estate (gli eventi anno luogo tra il 30 e il 31 agosto, da cui il titolo del film) per sottolineare la drammaticità di ciò che sta succedendo, ma inserisce anche momenti più positivi, come la intro in cui utilizza immagini di repertorio da altri film ambientati ad Oslo negli anni ‘60, ‘70, stabilendo un rimando meta-filmico alla storia del cinema.

Anders, cerca di aggrapparsi agli amici e sembra aver anche trovato una nuova ragazza che possa aprire ad un futuro diverso, ma è significativo che, mentre è con lei, pensi alla droga. Il regista compie un montaggio alternato costruendo un flash- forward che mette in luce quale sarà il finale del film.

Come nel film di Louis Malle, la chiusura è un ritorno del protagonista in un luogo sicuro e ricco di storia personale: nel film di Malle la stanza privata nella clinica, in quello di Trier, la casa paterna. Un luogo appartato dove il protagonista ha modo di tornare a sé stesso,  di isolarsi da un mondo che non lo vuole, per il quale egli si ritiene inadatto, incapace di fronteggiarne le difficoltà senza ricadere nel vizio.

Di fronte alla felicità degli amici più cari, che vede realizzati o comunque capaci di costruirsi un futuro relazionale nonostante le difficoltà della vita, il protagonista del film, non riesce a trovare nello sguardo degli altri una promessa per la sua realizzazione. La sua debolezza lo porta ad abbandonarsi ancora una volta alla droga. Un nuovo tentativo di suicidio per overdose, che probabilmente (il finale non è esplicito) porterà alla morte di Anders.

Le ultime scene che fotograficamente ci danno delle istantanee dei luoghi , che abbiamo visto comparire nel film e in cui Anders si è confrontato con i suoi amici e conoscenti, ci richiamano alla memoria un film di ben diverso tenore, ma allo stesso modo affascinante: Prima dell’alba di Richard Linklater. In quel caso l’amore vinse e maturò nonostante le difficoltà del vivere.

Forse una speranza, un finale aperto: la vita continua, i luoghi in cui abbiamo vissuto continuano a vivere e con loro le persone che abbiamo amato, nella speranza un giorno di poterci ricongiungere in essi con loro.

Da segnalare la straordinaria interpretazione dell'attore protagonista Anders Danielsen Lie

L'attore grazie a questa eccellente prova ha ricevuto molte proposte all'estero, in particolare segnaliamo la sua prova nel recente film francese Ce sentiment de l'été  di Mikhaël Hers

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