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8/10

On Body And Soul regia di Ildikó Enyedi

Sentimentale
recensione di Francesco Ruzzier

Due colleghi, lavoratori in un mattatoio, sebbene quasi non si conoscano, si trovano a condividere la stessa realtà onirica.

 

Sarà probabilmente capitato a tutti di conoscere una ragazza (o un ragazzo, a seconda dei gusti) una sera ad una festa e di aggiungerla su qualche social network la mattina dopo (o magari il giorno dopo ancora, per non sembrare proprio dei disperati), iniziando così a parlare del più e del meno fino al temibile "primo appuntamento": è proprio in questo lasso di tempo, in questo limbo di non conoscenza e di curiosità, che la mente viaggia, libera di fantasticare su un'idea totalmente personale ed irrealistica che ci facciamo dell'altra persona. Poi, puntualmente, quell'immagine perfetta che in maniera così spontanea si è formata dentro di noi, viene completamente demolita dall'inarrestabile ed inesorabile peso della realtà. E se questa è sicuramente una situazione in cui milioni di persone vi si sono ritrovate fin dalla notte dei tempi, prima ancora di Facebook, degli smartphone e di internet, oggi - nell'era dei social network - tutto è elevato all'ennesima potenza, le relazioni si sviluppano in larga parte attraverso la rete e sempre più spesso la nostre personalità si adattano ai vari canali di comunicazione, creando diversi livelli di narrazione delle nostre esistenze che scorrono parallelamente alla vita vera.

Da qui, da quest'epoca di relazioni virtuali, inizia On Body and Soul della regista ungherese Ildikó Enyedi: un film che già dal titolo evidenzia la separazione di due elementi che fino a qualche decennio fa erano considerati inscindibili - il corpo e l'anima - ma che oggi sembrano appartenere a due universi totalmente scollegati. È proprio su questo distacco che si fonda la sua storia d'amore trainante: due colleghi scoprono per puro caso di vivere entrambi lo stesso sogno ogni notte, dove si incontrano, si rincorrono e si amano, in mezzo alla foresta, sotto le sembianze di due bellissimi cervi. I due, però, nella vita vera, stentano a parlarsi; sono assolutamente attratti dalla magia che ogni notte si compie, ma non sono capaci di trasportarne l'energia anche durante il giorno; non riescono a spiegare a parole quello che provano né quello che vorrebbero che accadesse. Ci provano costantemente, un piccolo passo alla volta, ma la distanza tra di loro, quando sono seduti uno di fronte all'altra, sembra essere insormontabile.

Non è un caso che i protagonisti lavorino in un mattatoio dove, ogni giorno, carcasse di animali senza vita vengono smembrate per essere impacchettate e spedite al supermercato più vicino: un lavoro che presuppone un distacco totale dal concetto di vita e di morte che inevitabilmente si riflette anche nella loro vita personale. Una situazione che non fatica di certo a diventare una metafora della società dei consumi in cui siamo quotidianamente immersi, e dove la progressiva spersonalizzazione delle persone sta assumendo delle pieghe sempre più inquietanti.

Nel sogno, invece, tutto è più facile, tutto s'incastra perfettamente, poiché, come in rete, non esistono inibizioni, non esistono imbarazzi e soprattutto non esiste un corpo - con i suoi difetti e i suoi limiti - a fare da freno. È chiaro che l'impossibilità di poter toccare con propria pelle un amore che ogni notte nasce e muore in maniera così naturale e spontanea non fa altro che creare nei due un profondo senso di malessere e sconforto. L'unica soluzione possibile sembra essere quella di cercare di riprendersi il proprio corpo, riducendo progressivamente la distanza con la propria anima, riscoprendo così il piacere del contatto, della vicinanza e del calore.

In questo senso On Body and Soul si trasforma ben presto in una possibile guida di riappropriazione di un certo tipo di sensibilità che col tempo si sta perdendo; in un invito ad abbandonare le proprie paure nelle relazioni e ad accettare i propri limiti ed i propri difetti; in un incoraggiamento a provare, con un po' di sforzo, a tornare ad essere più umani. 

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