R Recensione

5/10

Il Segreto Dei Suoi Occhi regia di Billy Ray

Thriller
recensione di Alessandro Pascale

L'ex agente dell'FBI Ray è ossessionato dall'omicidio della figlia della sua partner e grande amica Cobb. Marzin, il sospettato arrestato per l'omicidio, viene liberato a causa del suo ruolo chiave come informatore e dei discutibili mezzi usati per ottenere la sua confessione. Dopo 12 anni l'omicidio è ancora insoluto e Ray è costretto a confrontarsi con il suo passato e, in particolare, con l'agente con cui aveva condotto le indagini, Claire, con la quale è rimasta in sospeso una storia d'amore. Più Ray si avvicina alla soluzione del caso più la verità è scioccante.

Il Segreto dei suoi Occhi è un remake dell'omonimo film argentino di Juan José Campanella che nel 2010 vinse l'Oscar come miglior film straniero. A curare la regia e il riadattamento della sceneggiatura è Billy Ray, noto soprattutto per L'inventore di favole (2003) oltre che per la cura di svariate altre sceneggiature. Il senso di questa operazione appare però quanto meno opinabile: sostanzialmente si americanizza un soggetto che trovava il proprio sfondo nell'Argentina degli anni '70, in cui la questione sociale e politica aveva un ruolo di primo piano. Il soggetto si sposta soprattutto su un doppio binario tematico: da un lato l'accentuazione del tema tragico, costruito sulla modifica della vittima di uno stupro-omicidio; qui la vittima è infatti una ragazza adolescente, la figlia di Jess, un'agente dell'FBI impersonata da una Julia Roberts sicuramente eccezionale nell'ennesima trasformazione da sensuale donna in carriera a grigia e disfatta madre in lutto. Il secondo aspetto è il tema del rapporto tra legalità e potere: è lecito sacrificare il primo tema, salvando un assassino, se questo serve a prevenire crimini ben peggiori? Inevitabile, e figlio dei tempi, il fatto che in questo caso il presunto assassino sia un islamico che lavora come infiltrato in una moschea accusata di essere un centro di pianificazione terroristica... Questo è il fantasma continua a disturbare gli USA che non sembrano voler liberarsi a livello inconscio di un nemico così “comodo”.

Billy Ray sembra non aver dubbi comunque nella condanna della “ragion di stato” giocando anzitutto sul pathos e sul sentimento tragico espresso dalla capacità espressiva dei protagonisti: oltre alla Roberts è particolarmente drammatico il ruolo di Chiwetel Ejiofor (Ray) mentre spicca per la sua glacialità e lucidità il personaggio di Claire, una Nicole Kidman che, assieme ad un paio di altre secondo linee di tutto rispetto (Michael Kelly, Dean Norris) completa un cast notevole e ben assemblato. Nonostante ciò il film perde decisamente il confronto con il precedente e non riesce a far ingranare una narrazione incerta e zoppicante. A tal riguardo non funziona molto il racconto in cui fabula e intreccio sono separati in un doppio binario costruito con continui flashback tesi non tanto a ricostruire momenti di particolare suspence, quanto piuttosto a giocare troppo sulle emozioni, come già detto sopra. Ne consegue una serie nutrita di sbadigli e di interrogativi lasciati aperti sulla necessità di andare a realizzare un prodotto così somigliante, il cui unico punto di reale diversità sembra essere proprio quello di aver americanizzato la vicenda sul piano culturale, senza però riuscire a mantenere i delicati equilibri, né tantomeno il clima da giallo-thriller, che caratterizzava l'opera originale. Nemmeno il finale, così sorprendente, riesce a ridare credito ad un film da cui era lecito aspettarsi molto di più. A Billy Ray in questo caso la responsabilità e il peso di un pollice verso.

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