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6/10

Gianni E Le Donne regia di Gianni Di Gregorio

Commedia
recensione di Giulia Coccovilli

Gianni è un uomo italiano come tanti, 60 anni, una moglie con la quale convive per abitudine ma senza neanche troppi problemi, una figlia adolescente che adora e con la quale ha un rapporto sincero e giocoso, ma soprattutto una madre ultra novantenne, che nonostante la sua vitalità, richiede al figlio un’attenzione costante. Gianni è già in pensione e trascorre le sue giornate facendo favori e commissioni a chi lo circonda, come prendere le tende all’Ikea alla moglie piuttosto che portare a spasso Riccardo, il cagnone della bella e giovane vicina. Un giorno Gianni si accorge di essersi dimenticato di essere attratto dalle donne. A partire da questa presa di coscienza inizierà un viaggio alla riscoperta del gentil sesso, di sé stesso e dei sui limiti.

 

Dopo il successo di Pranzo di Ferragosto (2008), torna sul grande schermo Gianni Di Gregorio con Gianni e le donne, una divertente e autentica commedia, scritta e diretta dal medesimo.

Di Gregorio, dopo le collaborazioni con Farina, Colli e Garrone (con il quale scrisse nel 2007 la sceneggiatura di Gomorra) conferma di aver trovato la sua strada, con uno stile originale che riflette spensieratezza, ironia, spontaneità e sensibilità.

Gianni e le donne non è certo un capolavoro cinematografico, ma si presenta come una commedia davvero piacevole, per un pubblico di tutte le età e che si distingue appunto per la sua autenticità, per le verità che racconta in maniera assolutamente familiare.

La pellicola mostra personaggi alle prese con le loro solite avventure quotidiane, “normali” per così dire; mostra un mondo che non è affatto stra-ordinario e che proprio per questo ci colpisce nel profondo, perché rimanda alla nostra esperienza.

L’autenticità del mondo ordinario di Gianni, il protagonista, è resa in maniera apprezzabilissima prima di tutto dal cast, costituito da attori che interpretano con rara spontaneità i loro personaggi. Ne emerge un realismo totale, dato da una vera e propria continuità tra vita reale e finzione cinematografica, tanto che ogni personaggio del film porta lo stesso nome dell’attore che lo interpreta.

In generale, l’elemento che più colpisce nel film è la capacità dello sceneggiatore di cogliere l’essenza di situazioni tipiche nelle quali gli italiani di oggi possono facilmente riconoscersi, a partire dalle generazioni più giovani fino alle più vecchie.

Tra queste, l’assenza di affiatamento in una coppia sposata da anni, ma anche l’incapacità generale, perfino tra i più giovani, di vivere serenamente il rapporto di coppia; indicativa a questo proposito è la battuta delle gemelle: “Gli uomini di oggi non si vogliono impegnare (...) Ma noi (dicono le gemelle) stiamo bene così”; e per ovviare alla monotonia di coppia, farsi l’amante appare la soluzione prescelta dai più (“Ma che è, l’amante è una psicosi collettiva?!”); preferibilmente un’amante nel fiore degli anni e con un fisico ancora attraente; e quindi, facile che la preda sia la bella e bionda badante polacca addetta alla cura dell’anziano decrepito di famiglia. Ma anche quando non si ricorre alle straniere o alle ragazzine, e si opta per una scelta più “nobile”, come ricontattare il primo amore, i risultati non sono dei più felici: “Sono anni che non ci vediamo e io mi sto addormentando”.

Un altro tema portante è quello della vecchiaia: da una parte, il terrore della senilità, che attanaglia gli adulti di oggi, aspiranti eterni giovani, dall’altra la vivacità e la vitalità degli ultra-ottantenni, dai vecchietti che sostano davanti al bar del quartiere spettegolando sui passanti, alle amiche della madre di Gianni, interpretata dalla straordinaria Valeria de Franciscis Bendoni (classe 1915!).

E poi c’è il divertentissimo rapporto tra Gianni e il fidanzato della figlia, Michelangelo, ventenne nullafacente, che invece di lavorare o studiare si diletta nella musica e nel cazzeggio: “Tanto ormai neanche quelli laureati in economia trovano lavoro, figurati io!”.

Un pensiero va infine a un co-protagonista indiscusso della commedia, una sorta di amico a cui un po’ tutti fanno ricorso nei momenti più critici: il mal di testa, senza dubbio la patologia a cui siamo più affezionati di questi tempi.

In conclusione, un film piacevole, senza troppe pretese, con una struttura debole perchè senza punti di svolta, ma che ci fa guardare allo specchio e sorridere. Il che non è poco.

 

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dalvans (ha votato 6 questo film) alle 11:43 del 21 ottobre 2011 ha scritto:

Sufficiente

Nulla di puù