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10/10

Arancia Meccanica regia di Stanley Kubrick

Fantascienza
recensione di Maurizio Pessione

In un ipotetico ma prossimo futuro la società è dominata dalle bande di giovani senza scrupoli che violentano e scorrazzano per le strade. Le istituzioni non offrono valori diversi ed anzi sono condizionate da uomini che usano tutti i mezzi più subdoli per conquistare il potere. Alex è il leader di un gruppo di drughi, fissato con Beethoven, la cui musica gli trasmette la necessaria carica adrenalinica per compiere le sue imprese, pur essendo il ragazzo già noto alle autorità e perciò sotto tutela. Dopo vari episodi criminosi, tradito dai suoi compagni durante un raid che ha provocato la morte di una donna, Alex viene rinchiuso in carcere. Approfittando di una cura innovativa, detta ‘Ludovico’, che dovrebbe inibire l’istinto alla violenza nei criminali, esce di carcere, ma non è più la persona di prima. Indifeso in una sorta di giungla che è comunque violenta, a prescindere dalle sue azioni e presenza, viene rifiutato dai suoi stessi genitori e, abbandonato a se stesso, subisce la vendetta delle persone che aveva perseguitato in precedenza, persino i suoi ex amici, che ora appartengono addirittura alle forze di polizia. Dopo un tentativo di suicidio, dal quale si salva miracolosamente, ricoverato in ospedale, viene protetto e vezzeggiato dagli stessi uomini di governo che gli avevano praticato quella terapia, per tacitarlo davanti ai media. Nel frattempo però ha riacquistato la sua personalità originaria e può quindi tornare alle scorribande di prima, persino protetto adesso dalla copertura consenziente e complice dello stato.

 

Esattamente 40 anni fa uscì nelle sale cinematografiche un film che scosse profondamente pubblico e critica. Fu immediatamente vietato ai minori di 18 anni e relegato in quella categoria di opere che dividono immediatamente il pubblico fra benpensanti, che le vorrebbero al rogo ed ammiratori, che le adorano. Il poster della locandina, per l’immediatezza, la semplicità e l’efficacia della veste grafica divenne un simbolo di trasgressione in voga per molto tempo.

Quel film è Arancia Meccanica, un cult apprezzato e scomodo allo stesso tempo, un’allegoria ed un simbolo della violenza nella sua forma più brutale ma anche perversamente ammiccante e spettacolare. La sua popolarità è rimasta immutata nel tempo, divenendo proverbiale al punto che, di fronte ad avvenimenti di cronaca nera particolarmente feroci e crudeli, soprattutto se vedono come protagonisti bande di balordi, il cosiddetto branco, sovente viene citato proprio il titolo di questo film, per rendere immediatamente l’idea di quello che è successo.

Stanley Kubrick, che lo ha tratto dal romanzo omonimo di Anthony Burgess, nel corso degli anni si dice sia arrivato a dissociarsi dalla sua stessa opera, dopo aver ricevuto persino delle minacce da chi ha malinteso alcune scene che esso rappresenta con inusuale crudezza, le quali sono state invece considerate da qualcuno addirittura come un inno alla brutalità ed un sottinteso invito a prenderle come modello di riferimento, in una sorta di esaltazione e scellerata mitizzazione.

Sino al 1971 un film così esplicito sulla violenza, spesso gratuita e fine a se stessa, con scene di stupri, pestaggi e risse fra bande rivali, in parallelo al decadimento di una società sempre più povera di valori e di rispetto per la vita altrui, pur di concretizzare squallidi obiettivi politici e di potere, probabilmente non s’era mai visto, anche se sangue in realtà se ne vede ben poco, nonostante la ferocia di alcune sequenze. Oltretutto è un’opera che ha come io narrante, con il quale è inevitabile di solito immedesimarsi un po’ o provare comprensione, proprio il personaggio principale, Alex, capo di una banda di drughi esaltati e senza scrupoli, il quale, come dice il cappello della locandina, ha solo tre principali interessi: lo stupro, l’ultra violenza e… Beethoven.

Un’opera quindi che è imperniata su di una doppia, spinosa e contrapposta prospettiva, che ne rafforza però l’efficacia narrativa anzichè indebolirla, colpendo pesantemente l’immaginario collettivo e, pur a distanza di tanti anni dall’uscita, la rende comunque attuale poichè le problematiche che tratta, seppure provocatoriamente esasperate, non sono granchè cambiate da allora, sempre in bilico sul sottilissimo filo dell’equivoco fra l’apologia della violenza e la sua esecrazione. E lì, è chiaro che molto dipende dal livello intellettuale e culturale di chi assiste al film, perché ne percepisca il significato in una direzione o nell’altra.

Certo è che se alla violenza come forma perversa di umiliazione, spregio della dignità umana, sopraffazione e sadismo si voleva dare una forma estetica affascinante e terrificante allo stesso tempo, Stanley Kubrick con Arancia Meccanica ha fissato un preciso punto di riferimento, generando però, seppur involontariamente, un processo di identificazione e di mitizzazione in alcune menti distorte che hanno finito per travisare e ribaltare il senso stesso di quest’opera. Più verosimilmente infatti essa rappresenta un atto di accusa ed una metafora sulla violenza del singolo, che spesso sfocia e si esalta poi nel branco, ma pure, più sottilmente e trasversalmente, anche dello stato o della società in senso lato, che s’innesca, meccanicamente o ad orologeria, come recita il titolo originale, ripetendo un’espressione tipica dello slang delle bande dalle quali è stato preso lo spunto.

Stanley Kubrick è diventato nel tempo, pur a fronte di un limitato numero di opere, un autore fra i più osannati ed apprezzati ed è sempre stato un maniacale architetto delle stesse in fase di realizzazione. Anni ed anni di preparazione per ognuna; lunghe pause fra una e l’altra e febbrile attesa da parte dei suoi ammiratori. Ogni particolare studiato sino all’ossessione, scene girate all’infinito pur di soddisfare la ricerca della perfezione ed uno straordinario talento figurativo, sempre sensibile alle innovazioni ed all’evoluzione della tecnica cinematografica, che forse non ha eguali nella storia del cinema sin qui. Quasi tutte le sue opere sono diventate degli eventi e dei termini di paragone. Arancia Meccanica non fa eccezione ed a distanza di 40 anni dalla sua uscita mantiene intatta non solo la brutale forza espressiva ed emotiva, ma risulta tuttora un prodotto innovativo e di sorprendente modernità, oltrechè di inquietante bellezza estetica. Qualcosa che pone lo spettatore nella imbarazzante situazione di non potersi esimere dal riconoscere la qualità artistica delle scene cui assiste, vergognandosene forse persino un po’ considerando il contenuto, grazie alla straordinaria efficacia e potenza espressiva, in strettissima complementarietà con le musiche, scelte ad hoc dallo stesso autore. Il risultato è qualcosa che affascina e spaventa allo stesso tempo: come ci si può sentire, per assurdo ed ipoteticamente, di fronte ad un’assassina di particolare crudeltà ma contemporaneamente di altrettanta evidente avvenenza fisica.

Come nella gran parte dei film di Kubrick anche in questo caso la musica non è una semplice colonna sonora a corredo di una storia, per sottolinearne magari alcuni toni e momenti, ma uno strumento portante per definire e completare i contenuti, quanto mai legata e funzionale alle immagini, in totale simbiosi con esse. Le arie tratte da celebri composizioni classiche e popolari utilizzate in Arancia Meccanica che, non dimentichiamolo, segue nella filmografia di questo autore 2001 Odissea Nello Spazio (il quale a sua volta contiene alcune sequenze di strepitoso mixaggio fra immagini e musiche che sono diventate esemplari, ben oltre lo stesso significato e contesto che rappresentano), anche in questo caso si accompagnano e sposano con scene che appartengono ormai alla storia del cinema e che sono arcinote anche al di fuori del contesto puramente cinematografico. Una sorta di stereotipo ideale della violenza ma anche un ideale complemento e fertilissimo matrimonio fra cinema e musica, nel nome dell’arte, anche se scomoda e di particolare asprezza comunicativa.

Arancia Meccanica ha uno sviluppo che si potrebbe definire simile ad un boomerang. Inizia con una sequenza di violenza gratuita da parte di Alex e la sua banda su di un barbone inerme. Prosegue con una escalation di episodi brutali sino a quando Alex viene arrestato, a seguito di un assassinio, tradito dai suoi stessi compagni, stanchi di subire loro stessi la sua dispotica personalità.

Segue quindi una fase più statica dentro il carcere dove Alex resta rinchiuso due anni, prima di aderire al programma ‘Ludovico’ che dovrebbe consentirgli di uscire in breve tempo. In questo periodo si comporta da detenuto modello, mostrando apparenti segnali di pentimento, ma in realtà nelle sue fantasie, leggendo i libri sacri sotto gli occhi soddisfatti del cappellano, s’immagina nei panni del centurione che fustiga Gesù mentre trascina la croce sulle spalle. La cura ‘Ludovico’ è finalizzata a forzare la personalità di Alex ed è promossa da alcuni politici senza scrupoli, pur di far guadagnare consensi al governo sul tema della sicurezza. Lo scopo è quello di ottenere la ripugnanza di ogni forma di violenza sottoponendo il criminale, con la promessa di liberarlo subito dopo per risparmiare i costi di mantenimento nel penitenziario, ad un metodo fondato proprio sull’obbligo di assistere ripetutamente ed ossessivamente a scene di particolare efferatezza, sino a suscitarne la nausea.

La conseguenza è che Alex viene liberato in condizioni di non più libero arbitrio, passando dal ruolo di carnefice a martire, da violentatore a violentato, sbattuto in mezzo alla strada, abbandonato persino dai genitori ed alla mercè della furia vendicativa delle sue vittime precedenti ed anche dei suoi ex amici (con un provocatorio parallelismo, arruolati nel frattempo nelle forze di polizia, dove possono dare sfogo, legalmente, ai loro istinti aggressivi), in una sorta di via crucis nella quale sembra debba scontare, tappa per tappa, tutte le sue colpe, come fosse finito, appunto, dentro un congegno meccanico che segue particolari automatismi. Al colmo della disperazione, nell’impossibilità di poter reagire, tenta addirittura il suicidio, ma pur malconcio sopravvive miracolosamente, recuperando nel frattempo, grazie alle cure, la sua personalità originaria. Quando lo ritroviamo all’ospedale, accudito e vezzeggiato, nelle sue espressioni e nei gesti riappare la stessa perfidia che lo aveva caratterizzato nelle prime immagini del film. Ma ora ha dalla sua parte anche la tolleranza e la complicità delle stesse istituzioni che, per ottenere il suo interessato perdono e sostegno, sono pronte ad assecondarlo e proteggerlo. Alex potrà riprendere a compiere le sue malefatte, come un boomerang, appunto, che è tornato esattamente da dove era partito.

È palese la visione estremamente pessimistica che fornisce Stanley Kubrick della società, minata sino alle fondamenta anche nelle giovani generazioni. Il futuro prospettato che, visto il film oggi, appartiene già al passato, è privo di valori e principi, degradato sia dal punto di vista materiale (vedasi le condizioni nelle quali è ridotto il condominio ed il rione dove abita Alex con i suoi genitori) che morale, in una società che genera e rigenera i suoi mostri senza speranza e soluzione di continuità. Non c’è liberazione o superamento del male in Arancia Meccanica, a nessun livello, ma solo l’evidenza di una umanità costituita da squali che non esitano a sbranarsi fra di loro, spesso solo per puro divertimento, quando gli si offre l’occasione.

Arancia Meccanica, come si conviene ad un capolavoro, non è spiegabile da un solo punto di vista ma si può affrontare e leggere da diverse ed altrettanti plausibili angolazioni. Contiene molti generi, ad esempio, pur essendo prevalente il lato drammatico: ma c’è anche ironia, sarcasmo, comicità. Il personaggio del ‘tutor’ di Alex è una palese caricatura dello stato che dovrebbe vigilare ed educare i ragazzi difficili ma in realtà non gliene importa nulla (avrebbe bisogno lui medesimo di un ‘tutor’) e si rivolge a quest’ultimo con una amena e sarcastica cantilena, rendendosi ridicolo quando, distrattamente, beve l’acqua che contiene la dentiera del padre del ragazzo. Il guardiano capo è un campione di conformismo militare, nei gesti e nei comandi e la sua espressione all’apparire della donna seminuda che dovrebbe scatenare la libido di Alex durante la prova pratica degli effetti della cura ‘Ludovico’ è di irresistibile ilarità.

L’uso del ralenti, oppure, al contrario, della visione velocizzata delle immagini, ha la funzione di sintesi scenica dettata dal ritmo della musica che accompagna alcuni tratti del film, in un rapporto che è paritetico e non più subalterno o a normale corredo. Alcune sequenze (il tentativo di stupro della ragazza da parte della banda rivale di Billy Boy, prima che intervengano Alex ed i suoi) assomiglia molto da vicino ad un balletto di un tragico ed aberrante musical.

Numerose sono le sequenze, come ideali capitoli e spot, anche estratti singolarmente dal contesto dell’opera intera, di rara intensità e struggente bellezza figurativa. Descriverle tutte sarebbe eccessivo. La brutale e dispregiativa aggressione al barbone; lo scontro con la banda di Billy Boy, giusto per menare le mani; l’intrusione nella villa dove avviene lo stupro della compagna dello scrittore, preso a calci ed obbligato ad assistere allo scempio cantando ‘Singing in the rain’; l’adescamento delle due ragazze nel negozio di dischi sulle note incalzanti di Beethoven, per il quale il protagonista ha una sorta di venerazione; il regolamento di conti fra Alex ed i suoi compagni drughi per ristabilire le gerarchie in seno al gruppo; l’irruzione nella villa della donna circondata dai gatti ed opere d’arte di esplicita allusione sessuale, che viene ‘incidentalmente’ uccisa con un massiccio calco a forma di fallo, determinando la cattura di Alex; il casuale quanto inopportuno ritorno nella villa dello scrittore ridotto in carrozzella, che tortura Alex quando scopre chi è veramente sino a costringerlo a gettarsi nel vuoto dalla finestra. Ognuno di questi episodi è di geniale inventiva e drammaticità, da far quasi venire i brividi. Ogni singola inquadratura dà l’impressione di essere stata analizzata e studiata sin nei minimi dettagli dall’esigentissimo regista inglese.

La scenografia, i bellissimi costumi (della ‘nostra’ Milena Canonero) e persino gli arredi fecero scalpore e tendenza all’epoca, come il celeberrimo giradischi che Alex ha nella sua camera-scannatoio, la cui porta è chiusa addirittura da una combinazione come fosse una cassaforte. Un avveniristico Transcriptors che divenne un ambìto oggetto da collezione per i pochi che allora se lo potevano permettere.

Malcom McDowell, nei panni di Alex, è l’imprescindibile interprete di quest’opera. Gli è rimasto talmente appiccicato questo personaggio da non essere più riuscito a scrollarselo di dosso in seguito. Notevole, nel delirio della vendetta, la maschera di Patrick Magee, dopo aver riconosciuto nel giovane malcapitato e malridotto che si presenta a casa sua, smarrito, sfinito e zuppo di pioggia come un gattino indifeso, lo spietato aguzzino che ha violentato la moglie e che ne ha provocato la morte in seguito per il dolore e l’umiliazione subita. Di grande carattere infine anche la prova di Michael Bates nei panni del guardiano capo.

In conclusione, Arancia meccanica è un film di eccezionale tensione narrativa e suggestione, assolutamente da annoverare fra gli imperdibili e rappresenta uno dei tanti gioielli di Stanley Kubrick, ahimè prematuramente scomparso.

 

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Voto degli utenti: 9,7/10 in media su 24 voti.

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swansong (ha votato 10 questo film) alle 16:25 del 14 marzo 2011 ha scritto:

Cos'altro aggiungere? Recensione sontuosa e capolavoro!

Marco_Biasio (ha votato 10 questo film) alle 16:43 del 14 marzo 2011 ha scritto:

Uno strepitoso spaccato, arty e visionario, di umorismo nero, surreale ed apocalittico. Maurizio, sei un vero numero uno.

maupes, autore, (ha votato 10 questo film) alle 21:21 del 16 marzo 2011 ha scritto:

Dite la verità, che volete farmi arrossire... fortuna che non mi potete vedere! A parte gli scherzi, mi fa molto piacere che abbiate gradito la recensione di questo film

bargeld (ha votato 10 questo film) alle 18:06 del 25 marzo 2011 ha scritto:

Oh si, recensione decisamente all'altezza, ed è tutto dire!

Peasyfloyd (ha votato 10 questo film) alle 10:21 del 4 aprile 2011 ha scritto:

beh insomma, capolavoro per entrambi

dalvans (ha votato 10 questo film) alle 0:16 del 12 ottobre 2011 ha scritto:

Incredibile

Il secondo capolavoro di Kubrick

Mr. Zanon (ha votato 10 questo film) alle 19:38 del 6 settembre 2016 ha scritto:

Non penso che nel 2016 bisogni parlare ancora di un capolavoro come Arancia Meccanica.... Opera d'arte! Il buon vecchio Stanley era un genio assoluto, ma questo si sa, basta guardare tutte le sue opere, assolutamente perfette.