A A proposito di Un disastro di ragazza

A proposito di Un disastro di ragazza

Un incredibile insegnamento paterno che contiene le parole: «La monogamia non è realistica». È questo ciò che viene inculcato a Amy (Schumer) e a sua sorella maggiore Brie Larson dal loro padre fedifrago, omofobo e anche un po’ figlio di puttana, Colin Quinn, fin da quando erano bambine e il matrimonio dei loro genitori stava andando allo sfascio. Ma Amy sembra aver preso un tantino troppo alla lettera quella frase e, ora che è una giornalista e una donna bella che fatta, vive come una baccanale, soffocando il suo lato romantico e tentando di non impegnarsi con i vari uomini con cui finisce a letto. Purtroppo, non ha fatto i conti con un chirurgo sportivo (Bill Hader), che dovrebbe intervistare per un articolo e con il quale finisce a letto. Ma a differenza degli altri, lui sembra invece essersi preso proprio una cotta per lei e lei sembra stranamente ricambiare il feeling. Che sia il momento di cominciare a pensare che la sua filosofia di vita e il suo stile siano da riesaminare?

  Una protagonista bizzarra, che si interseca e confluisce insieme a personaggi altrettanto stravaganti, in una commedia che butta sul ridere pulsioni e gag consone ai filoni sexy-demenziale/commedia romantica made in Usa. Tutto è sulle spalle dell’umorismo tagliente e della performance di Amy Schumer, comica americana, definita dalla critica uno stealth bomber di battute e vera rivelazione del 2015. Qui nelle vesti di attrice e sceneggiatrice, emerge con forza e naturalezza, ma è ben lontana dal disastro ferroviario che uno si immaginerebbe leggendo il titolo originale del film (Trainwreck). Si apprezza molto il fatto che sia uscita dalla sua zona comfort (i palchi teatrali delle tante città d’America nelle quali è continuamente in tour con i suoi one-woman show e il suo telefilm di successo Inside Amy Schumer) per esordire nello script di un lungometraggio, ma purtroppo per quanto si ritrovino qui e lì degli stimolanti capisaldi autobiografici (ha visto veramente la famiglia andare in pezzi, ha avuto un padre con la sclerosi multipla ed è stata davvero fidanzata con un wrestler, Dolph Ziggler), non ci sono tracce di quell’ironia, un misto fra indignazione e malizia, che l’hanno portata a diventare famosa in patria. Qualche battuta e scenetta funziona (e molto), così come splendidi sono i personaggi femminili (è uno spasso scoprire che la sua capo redattrice è una Tilda Swinton come non l’avete mai vista prima: truccata e con un’abbronzatura artificiale da surfista, praticamente e nuovamente irriconoscibile!), ma si ha come l’impressione che le difficoltà di Amy nell’adattarsi al nuovo contesto sentimentale non esistano, quando invece dovrebbero essere il punto cruciale di una commedia che gioca fra goliardia e moralismo. Peccato! La Schumer ha preferito farsi inquadrare come una brava figliola e questo, un po’, infastidisce e rappresenta la nota stonata di quella che poteva essere un’opera convergente all’interno di una più moderna concezione femminista (quella che, per intenderci, ha ereditato dalla filosofia no slut-shame di Sex & The City). Si è scelto di dare più spazio alla commedia romantica, riproducendo infatti molti dei cliché del genere, ma non vi è alcuna lezione per le ragazze. Insomma, ci aspettavamo Mae West, con un glamour devastato, promiscuità ironica e l’aria sarcastica da donna annoiata dalle pretese maschili di relazioni stabili, e invece ci siamo ritrovati, e spiace dirlo, una protagonista senza troppe spine contro una realtà dalla quale doveva proteggersi.

  Al timore, Judd Apatow, che dopo aver portato in auge Steve Carell (40 anni vergine), Seth Rogen (Molto incinta) e Kristen Wiig (Le amiche della sposa), tenta ancora si smacchiarsi di dosso l’accusa di sessismo da parte di Katherine Heigl, protagonista di uno dei suoi film, che criticò aspramente le sue sceneggiature.

  Da rivedere il montaggio. A volte altalenante.

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claudia mastro alle 23:53 del 25 novembre 2016 ha scritto:

orribile e lento